Il cinema italiano continua ad essere grande protagonista a New York. Sabato, alla Casa Italiana della New York University, ha avuto luogo un interessante appuntamento con i registi e gli attori della rassegna cinematografica Open Roads: New Italian Cinema. Non era semplice, in una sette giorni dai ritmi così intensi e serrati, riuscire a riunire in un solo luogo e in un solo momento tutti i protagonisti dei film che hanno dominato la scena cinematografica del festival. Evento riuscito grazie alla Casa Italiana (e a un’agenzia di Pr efficace), che con Jenny McPhee, scrittrice e italianista, ha organizzato l’incontro di sabato, dove i trailer sono stati divisi in quattro gruppi diversi a seconda della loro area tematica e durante il quale è stata proprio McPhee a incalzare i registi e gli attori con le sue domande. L’obiettivo è stato duplice. Da un lato parlare dei film e delle loro trame, ma dall’altro riflettere sul ruolo del cinema e dell’universo culturale di oggi in Italia e nel mondo. Nel corso della discussione un ruolo fondamentale è stato svolto da Maria Galetta, Conference Interpreter, indispensabile per tradurre in maniera puntuale dall’italiano all’inglese e viceversa i concetti, spesso delicati e ricchi di sfumature, espressi dai registi, dagli attori, dall’intervistatrice e dal pubblico della Casa.
Dicevamo, dunque, quattro slot da tre film ciascuno. E si è partiti subito con tre pellicole forti, dense di significati espliciti e sottintesi, tutti focalizzati sul tema della diversità. “Indivisibile” (Indivisible) di Edoardo de Angelis, che ha aperto la rassegna giovedì sera al Lincoln Center e che ha visto come grandi protagoniste le attrici Angela e Marianna Fontana. “Le Ultime Cose” (Pawn Street) di Irene Dioniso. “La Ragazza del mondo” (Worldly Girl) di Marco Danieli. Tre film che hanno saputo approfondire il tema del diverso all’interno della nostra società: le sorelle siamesi Daisy e Violet di “Indivisibili”, la ragazza transessuale Sandra di “Le Ultime Cose” e l’adolescente Giulia, testimone di Geova alla ricerca di una vita diversa, sono infatti testimoni scomodi delle difficoltà di chi si sente escluso dalla società cosiddetta convenzionale, perché diverso. Fisicamente o spiritualmente. E il regista Marco Danieli, nel corso del dibattito, ha spiegato che “le storie che affrontano il tema del diverso veicolano spesso messaggi fondamentali per la società, sia dal punto di vista antropologico che sociale”, in quanto capaci di fare luce su chi rischia di rimanere emarginato per una deformazione fisica o un’appartenenza diversa da ciò che viene considerato normale.
Il secondo slot, invece, ha affrontato il ruolo della commedia italiana e della tradizione. Attraverso le pellicole “In Guerra Per Amore” (At War For Love) di Pif (usciremo presto con una intervista al regista), “Le Confessioni” (The Confessions) di Roberto Andò e “Orecchie” (Ears) di Alessandro Aronadio, è stata approfondita la capacità di veicolare messaggi seri all’interno di un contesto light, come quello tipicamente offerto dalla commedia. “Tutto è nato dalla scuola neorealista del resto, quando i registi dovevano far ridere perché veniva chiesto loro dai produttori e dal pubblico, ma al tempo stesso riuscivano a inserire una riflessione sociale forte” ha spiegato Pif, evidenziando come la naturalezza della commedia permetta anche oggi di porre sullo stesso piano divertimento e irriverenza, critica sociale e sentimenti. Anche perché per un regista italiano la commedia, genere naturalmente apprezzato per storia e per tradizione, è quasi più semplice operare in un contesto cinematografico di questo tipo, che utilizzando altri generi.
Nel terzo gruppo di trailer, invece, si è affrontato il tema della contemporaneità in Italia. Come vivono il mondo di oggi le nuove generazioni? Che ruolo assumono i personaggi delle pellicole in questo contesto in divenire? I film “Fiore” (Flowers) di Claudio Giovannesi, “Ragazzi della Notte” (Children of the Night) di Andrea De Sica e “La Guerra dei Cafoni” (War of the Yokels) di Lorenzo Conte hanno provato a dare una risposta a tutte queste domande, seppur da prospettive diverse. Se “Fiore” racconta, parola del regista Giovannesi, una generazione di ragazzi “volenterosa di non cambiare e di rimanere così com’è, consapevole che le emozioni debbano pesare più del pragmatismo”, “La Guerra dei Cafoni” punta invece sulla “conflittualità tra due gruppi appartenenti a classi sociali diverse in un contesto sociale e geografico complesso”. Mentre “I Figli della Notte” approfondisce le vicissitudini quotidiane di “un gruppo di ragazzi, tutti di buona famiglia, da un punto di vista più mentale, e inseriti in un contesto da Shining”.
Ultimo gruppo, ma non meno importante per il tema, è stato infine quello delle pellicole “Liberami” (Deliver) di Federica Di Giacomo, “Due Soldati”(Two Soldiers) di Marco Tullio Giordana (presente in sala l’attrice protagonista, Angela Fontana) e “Sole, Cuore e Amore” di Daniele Vicari, interpretato dall’attrice Isabella Ragonese. Tre film-documentario capaci di approfondire i problemi e la criticità del quotidiano, riflettendo sugli effetti che questa quotidianità finisce per avere in maniera permanente sulla società italiana e sulle persone che la vivono. In particolare, Federica Di Giacomo ha sottolineato come in Italia ci sia stato “un blackout produttivo di oltre dieci anni nell’ambiente cinematografico, anche se non soprattutto nel genere del film-documentario”. Un’inerzia negativa, che non ha permesso al cinema italiano degli ultimi anni “di affrontare in modo realistico e senza filtri tematiche delicate”, che la società italiana ha invece vissuto giorno dopo giorno.
Un’inerzia che, viceversa, i film protagonisti di questa settimana newyorkese stanno provando a cambiare. Ognuno a suo modo, ogni pellicola approfondendo un aspetto all’interno di un contesto diverso. Tutte accomunate, però, da quell’attenzione al particolare e alla sfumatura che ha fatto grande il cinema italiano del passato e che deve rappresentare la base da cui far ripartire il cinema del domani.