Dopo la presentazione alla Mostra di Venezia del 2016 e i recenti successi a Montecarlo e al BiF&st di Bari, dove ha vinto il premio Ettore Scola come Migliore regia per opere prime e seconde, arriva finalmente nelle sale cinematografiche Orecchie, divertente commedia in bianco e nero diretta da Alessandro Aronadio. Si tratta del secondo lungometraggio del bravo regista-sceneggiatore palermitano che si fece già conoscere nel 2010 con Due vite per caso, nel quale si divertì a costruire gli universi paralleli di due persone per esplorare l’infinita potenza del caso nella nostra vita.
In Orecchie, invece, Aronadio si diverte e ci diverte, con una giornata di ordinaria stramberia, alla scoperta della follia del mondo. Una di quelle giornate che cambiano per sempre le tue certezze.
Tutto comincia quando il protagonista, professore precario (l’esordiente, ma pluripremiato, Daniele Parisi) avverte al risveglio un fastidioso fischio all’orecchio e al contempo trova sul frigorifero un post-it lasciato dalla sua compagna, che recita: “È morto il tuo amico Luigi, questo è l’indirizzo della chiesa dove in serata si svolgerà il suo funerale. Ps. Mi sono presa le chiavi della macchina”. La giornata trascorrerà nel tentativo di risolvere il problema uditivo e nel cercare di capire chi possa essere questo Luigi di cui non ricorda nulla. In questo tentativo di dare risposta ai due “quesiti”, il protagonista viene rimbalzato da una situazione surreale all’altra in cui si trova costantemente costretto a chiedersi se è lui ad essere “sbagliato” o chi gli sta di fronte. Combattuto ogni giorno tra la tentazione di adeguarsi e la voglia di non arrendersi. È un essere assolutamente razionale, ma proprio questo suo “fermo” mentale lo porta a non godersi la vita, la semplicità delle cose.
Un viaggio on the road girato a Roma, durante il quale il protagonista sembra prendere da ogni persona in cui si imbatte un tassello della sua immagine, salvo poi accorgersi che questa è sbagliata. Il turbinare degli incontri è il frutto quasi obbligato di una deriva fisica ed emotiva attraverso la quale troverà il modo di approdare sull’altra sponda di se stesso. Il tutto senza fare “prediche” e non è facile, visto il tema (il discorso finale del protagonista è da considerarsi solo come un’intima riflessione ad alta voce).
“Orecchie – ha detto il regista e sceneggiatore del film – è una commedia nel senso di smarrimento, di scollamento dalla realtà che ci circonda. Un mondo che spesso appare folle, incomprensibile, minaccioso. Sul timore e allo stesso tempo il desiderio dell’anonimato che combattono quotidianamente dentro ognuno di noi. Su quel fischio alle orecchie che proviamo ogni giorno a ignorare, nascondendolo sotto il ritmo della vita, come polvere sotto il tappeto”. “Orecchie – ha aggiunto Aronadio – è stato definito un film grottesco: io invece credo che sia una fotografia di ciò che abbiamo. Per me è un film iperrealistico, attraverso un personaggio totalmente inadatto a gestire situazioni paradossali, brandelli di una quotidianità folle a cui ci siamo ormai abituati”.
Un film controcorrente anche nel suo aver privilegiare il bianco e nero rispetto al colore e nella scelta di come presentare l’immagine, con lo schermo che si dilata fotogramma dopo fotogramma: un modo anche per dire “Devo stare dentro i limiti imposti”, cioè quei 150 mila euro con cui è stato finanziato e girato il film, denaro ottenuto attraverso una delle tre borse di studio che la Biennale College di Venezia mette in palio ogni anno per la regia.
A supportare lo sforzo di Aronadio un casting d’eccezione: da Pamela Villoresi a Piera degli Esposti, da Milena Vukotic a Rocco Papaleo, da Andrea Purgatori a Massimo Wertmüller (davvero esilarante la sua sadica e ridicola vendetta nei confronti dei pazienti che vogliono per forza avere qualcosa).
Guarda il trailer di “Orecchie”: