Una lunga, calorosa standing ovation ha salutato, al Florence Gould Theatre di New York, l’anteprima americana della pluripremiata, in Italia e nel mondo, opera prima di Paola Cortellesi, There’s still tomorrow (C’è ancora domani).
Il film sarà dal 17 gennaio sugli schermi dei cinema negli Stati Uniti, distribuito dalla Greenwich Entertainment, società di distribuzione cinematografica indipendente specializzata in lungometraggi narrativi e documentari (premiata con l’Oscar nel 2018 per il documentario Free Solo di Jimmy Chin e Chai Vasarhelyi).
A conferma che There’s Still Tomorrow sia un film di grande spessore e assolutamente da non perdere, ci sono in tanti record di pubblico e premi conseguiti in Italia e nel mondo, la sua vendita in 126 Paesi, europei e non (tra cui Cina, Corea del Sud, Nuova Zelanda, America Latina, ecc) e il successo al botteghino italiano dello scorso anno contro 9 “colossi” Oppenhaimer e Barbie.
È un film da vedere e rivedere per i suoi tanti strati di lettura.
Roma, maggio 1946. L’Italia, uscita da pochi anni dalla guerra, va lentamente ricostruendosi ma tra le mura domestiche tutto rimane immobile e chiuso, ancora retaggio di un severo paternalismo. Delia (Paola Cortellesi), assieme a Ivano (Valerio Mastandrea, marito-padrone, autoritario, manesco, incapace di manifestazioni d’affetto), tre figli (una ragazza e due pestiferi ragazzini) e Ottorino (Giorgio Colangeli, suocero bisbetico, canaglia e tiranno), vive nel seminterrato di un palazzo popolare. Si dà da fare da mattina a sera con mille lavoretti, oltre a mandare avanti la casa, occuparsi dei figli e del suocero, mentre il marito – tombarolo – lavora fuori tutto il giorno.
Ciononostante, pur nella sottomissione, Delia trova la forza di sorridere e ritagliarsi dei brevi momenti di evasione: una sigaretta condivisa con l’amica fruttivendola (Emanuela Fanelli), un pezzetto di cioccolata con il meccanico Nino, vecchio spasimante (Vinicio Marchioni). La paura più grande di Delia è che alla figlia Marcella (Romana Maggior Vergano) tocchi la medesima triste sorte e purché ciò non accada è disposta a tutto.
Piano piano nasce in lei un timido senso di indipendenza (complice una misteriosa lettera che le viene recapitata) che diventa sempre più consapevole e determinato: le dà la forza di guardarsi dentro e trovare il coraggio di fare le sue scelte senza più piegare il capo o cercare riparo e guardare avanti con fierezza e senza più paura.
There’s Still Tomorrow è un film femminista ma non fazioso, che parla a tutti, adulti e giovani, donne e uomini. Ha meritoriamente il proprio focus sul tema – storico e fino a non molti anni fa quasi fisiologicamente accettato, anche legalmente – della violenza maschile sulle donne: un fenomeno connesso con la società patriarcale, opprimente e violenta, per ricordare a vecchie e nuove generazioni (alle prese con la tecnologia, il tambureggiante presente di social network e connessi) che bisogna sempre lottare per i diritti sociali di tutti e che una volta conquistati vanno difesi giorno per giorno.
La tensione emotiva culmina sempre con il gioco beffardo o il riso amaro (intensa e straniante la sequenza in cui la violenza domestica si trasforma – per trasfigurare l’orrida realtà – in un surrealistico, funereo passo di danza).
Quello di There’s Still Tomorrow è un microcosmo di maschere e caricature, in cui ognuno gioca un ruolo ben definito: ad essere caricaturali sono soprattutto gli uomini, in particolare il marito-padrone. A pensarci bene, ciò non risulta essere il risultato di una scrittura “pigra” (l’ottima sceneggiatura è della stessa Cortellesi con Furio Andreotti e Giulia Calenda), ma di una scelta ben precisa: se da un lato emerge che anche Ivano è “vittima”, in un certo senso, dell’educazione di un padre ben radicato nella cultura patriarcale, dall’altro è chiaro che l’interesse della regista non è quello di esplorare le radici di una violenza sistemica, ma i suoi effetti. Pone l’attenzione sulle vittime.
È un film che “fa ridere ma anche riflettere” – tanto per usare un luogo comune cinematografico – ambientato nel passato ma fortemente legato al presente. Parla alle donne di ieri, ma soprattutto di oggi, e anche agli uomini. Riesce a far riflettere su un fenomeno come quello della violenza di genere che è così dilagante da far dubitare che in Italia sia stata veramente percorsa tanta strada dal dopoguerra ad oggi: basti pensare che, solo nel 2023, 120 donne italiane sono state vittime di femminicidio.
There’s Still Tomorrow è un film sulla condizione femminile appassionato e pieno di amore per la storia del cinema italiano, un lavoro che ha un sorprendente equilibrio e non vuole farsi piacere a tutti i costi. È contemporaneo, anche se ambientato nel passato, per confrontare ciò che è cambiato e ciò che è rimasto uguale nella società: indubbiamente, le donne hanno oggi alcuni diritti e tutele in più di allora, ma ciò che non è cambiato sono soprattutto la disparità di trattamento economico nel lavoro e una mentalità che in molti uomini distorce l’amore e lo trasforma in possesso.
Fanno riflettere anche le figure dei due figli minori di Delia, due bambini dal lessico volutamente pieno di parolacce e impulsivi: torna di nuovo con loro il tema di un maschile “impunito” e non legato a un “dover essere” come invece è, in molti contesti, il destino femminile. Il film trasuda del bisogno di una migliore educazione scolastica e sociale.
Un esordio alla regia più che convincente quello di Paola Cortellesi, con un bianco e nero che non è solo omaggio alla stagione del neorealismo, ma un bianco e nero “storico”, che ci porta all’Italia del 1946 che cammina verso il futuro nonostante le tante contraddizioni. Paola Cortellesi, però, non si appiattisce sull’immaginario del Neorealismo per raccontare il mondo di quell’epoca, ma lo arricchisce di vari virtuosismi, come le varie scelte musicali con le quali, quasi in tutto il film, crea degli anacronismi.
Insomma, non resta che vederlo, anche per il suo emozionante, intenso spiazzante finale!
C’è ancora domani? Sì, è quello per i diritti, per una legislazione seria che punisca in modo non più ambiguo la violenza di genere guardando senza pregiudizi il tema di come, ad esempio, si sciolgono i rapporti affettivi di coppia senza che si concludano in tragedia, come invece spesso, tragicamente, accade oggi frequentemente.