Glauco Maggi è un giornalista milanese, da 20 anni negli Stati Uniti, che da New York scrive su La Stampa e Libero. Fa bene il suo lavoro di “bastian contrario”, ma non nei confronti di chi sta ora al governo, che per lui non necessariamente rappresenta “il potere”. Diciamo più nei confronti del “mainstream”, soprattutto se si tratta di quello dei media. Maggi lo conosco da tempo, quando quindici anni fa dirigevo il settimanale US Italia Weekly, era una delle firme che impreziosiva quel giornale edito a New York, in inglese ma scritto da italiani. Quasi sempre la pensavamo in maniera diversa, ma sicuramente Maggi andava letto per capire certe contraddizioni del pensiero intellettuale dominante a sinistra. Maggi, recentemente, ha scritto anche per La Voce.
Così quando ho saputo che aveva appena dato alle stampe il suo saggio sulla corsa alla Casa Bianca 2020, intitolato Il guerriero solitario. Trump e la Mission Impossible (Mind edizioni), ho cercato subito Glauco per questa lunga intervista.
Scrivi: “Se neanche stavolta i democratici ce la faranno a scalzare il presidente, ciò vorrà dire una delle due cose: o che hanno sbagliato di nuovo tutto, come quando scelsero Hillary Clinton, oppure che Donald Trump è bravo a fare il presidente…”. Sembra che per te siano entrambe le cose, cioè che Trump sia un grande presidente e i democratici a sua volta sbaglino sempre candidato: è così?
“Trump un presidente grande o piccolo? Lo giudicherà la storia in un’ottica più distaccata. A caldo, oggi, penso che ci sia accordo sul fatto che la Trumpeconomics, nei primi tre anni, sia stata un successo. Minor tasso di disoccupazione di sempre (3,5%), con il minor tasso storico tra neri, ispanici, donne e teenager. Record di borsa a ripetizione – anche dopo la pandemia che l’aveva affossata. Milioni di posti di lavoro creati, anche nelle fabbriche. Covid e recessione avevano messo però poi, su un piatto d’argento, la vittoria per i Democratici. Così sembrava dal distacco enorme nei sondaggi estivi. Ma ci vuole sempre un leader che sfrutta la Storia, come fece Obama che vinse nel pieno della recessione del 2007-2008, sei o sette settimane dopo il fallimento della Lehman che sparse il panico. Se Biden fallisce è perché è una Hillary Bis”.
Fai capire che anche sul Covid-19 Trump avesse ragione e che sono state le “manovre” dei democratici a peggiorare la situazione. Scrivi per esempio che di Trump l’elettorato sa tutto anche che “già da fine marzo aveva detto di sperare in una graduale uscita dal lockdown per Pasqua. Ha poi incessantemente spinto per la riapertura dei business, pur con le cautele del distanziamento sociale, delle mascherine e delle mani lavate, precauzioni più o meno generalmente accettate dalla popolazione. Trump è stato, e lo ha strombazzato, il paladino della ripresa e del ritorno del Paese alla normalità. In luglio ha caldeggiato più volte la riapertura delle scuole a partire da settembre”. Davvero? Io ricordo un Trump negazionista all’inizio (“Coronavirus? It’s a hoax, è un trucco dei democratici, diceva nei comizi…) e testardo nel non mettere la mascherina a tal punto che i “trumpiani” si distinguevano proprio per non metterla. Insomma Trump non ha sbagliato nulla sul covid?
“Chi non ha sbagliato nulla sul Covid scagli la prima pietra. La sottovalutazione degli effetti del virus, ovviamente colpevole, del presidente repubblicano, era l’eco delle dichiarazioni di Anthony Fauci, di Bill de Blasio, della Nancy Pelosi, di Joe Biden fino al marzo 2020. Le riporto nel libro. Ma Trump fu anche quello che vietò i voli dalla Cina già da fine gennaio, e Biden lo criticò come “xenofobo”.

Quindi per te, sui duecentomila morti a cui ormai siamo quasi arrivati, chi calcola quanti meno morti si sarebbero avuti se al posto di Trump ci fosse stato un altro presidente, compie solo una manovra politica che non sta in piedi?
“Con il “se” si fa poca strada. Magari c’era un uomo “giusto” sulla Terra… chissà? Di sicuro non era Fauci, non era Biden, e tantomeno il governatore Cuomo che mandò migliaia di malati Covid nelle case degli anziani e contribuì con queste migliaia di vittime newyorkesi tutte sue ad avere i quasi 200 mila attuali morti negli USA. Comunque, è legittimo sostenere che Trump, essendo il presidente, va considerato politicamente l’ultimo responsabile della tragedia umana. E’ per quello che dico che se non lo battono, i Democratici fanno un’impresa titanica. E ci stanno lavorando…”.

Passiamo alle proteste razziali dopo il caso di George Floyd. Di questo tipo di proteste anti-razzismo scoppiate dopo uccisioni di neri da parte della polizia ne avevamo avute e tante anche prima, da New York in Missouri fino alla California, solo che magari i media non le coprivano… Comunque quando scrivi: “Larga parte dell’America liberal continua a denunciare la discriminazione contro i neri come un nodo ancora irrisolto, a 56 anni dal passaggio del Civil Rights Act del 1964, e nonostante la doppia elezione di Barack Obama alla Casa Bianca nel 2008 e nel 2012…” Intendi dire, dando ragione a Trump, che il problema razzista in America non esiste più? Che è solo una strumentalizzazione dei democratici?
“Assolutamente no. Intendo dire che per i Democratici il problema dei neri non è più quello che era per Martin Luther King, che è morto in nome della integrazione dei neri, e delle altre minoranze. Invece, per i DEM di oggi, è l’occasione per esasperare il razzismo che esiste ancora nella società, anche se in evidente regressione, senza promuovere la crescita economica e culturale delle famiglie nere in carne ed ossa. Infatti i DEM sono contro le charter school, amate dai genitori neri e ispanici più poveri. Trump vede il degrado dei ghetti e delle aree svantaggiate come una battaglia da combattere – e lo fa promuovendo nel paese le “Opportunity Zones” fiscalmente agevolate. E’ il progetto condiviso con il ministro dello sviluppo urbano Ben Carson, afroamericano, che ha portato già decine di miliardi di investimenti di privati. Lo spiego nel libro, dove azzardo la previsione che i consensi per Trump fra i neri alle urne aumenteranno di sicuro rispetto all’8% del 2016″.
Parliamo dei gruppi che scendono in piazza in questi giorni: per te Antifa, come per Trump, è molto più di un movimento antifascista ma non strutturato, per te è una organizzazione con legami mondiali che punta non all’opposizione al fascismo ma alla creazione di uno stato totalitario mondiale. E’ così?
“Spiego le origini storiche e la ideologia del movimento, antisemita, anti Israele, illiberale, violento, filomarxista, citando le dichiarazioni dei loro leader. Loro sono per l’abolizione del capitalismo e tifano per l’avvento del comunismo. I negazionisti sono quelli di sinistra, non violenti personalmente ma tifosi dentro, che non se lo vogliono sentir dire”.

Black Lives Matter: praticamente la stessa cosa, non sarebbe altro che la ripresentazione delle “Black Panters” degli anni settanta, vuole la dominazione dei neri sui bianchi… Scrivi, dopo averne ricostruito le origini: “Soprattutto i tantissimi che sono convinti che “Black Lives Matter” sia solo lo slogan di un messaggio di pace razziale. E invece è una formazione politica con un obiettivo ideologico eversivo”. Ma quindi i miei figli che scendono in piazza con il cartello di “BLM” sarebbero dei “rivoluzionari marxisti”? Loro con i milioni di giovani e anche anziani che sono scesi in tutte le “main street” d’America urlando “Black Lives Matter”?
“Anche qui. Io non giudico BLM in astratto, ma cito le parole delle fondatrici del movimento, nato nel 2013 dopo la uccisione di Trayvon Martin in Florida. Rivendicano con orgoglio di essere “marxiste addestrate”, basta vedere i filmati su youtube per chi non si fida delle mie parole. E’ vero che moltissimi, come riporti nella tua domanda citando la mia frase, pensano a uno slogan di pace razziale quando vanno in piazza dietro gli striscioni di Black Lives Matter. Io credo sia un’opera buona, la mia, di raccontare quale sia il disegno dei registi di BLM-Antifa. Uno, qui in America, può sfilare dietro la bandiera che vuole. Ma delle due l’una: o sa che cosa fa quando appoggia un gruppo marxista, o non lo sa. E io glielo spiego. Se uno tifa comunista, mi chiedo perché non ha l’orgoglio aperto del militante: se si “tutela” con un messaggio umanitario, è forse perché ha vergogna di passare per marxista?”
Sulla “furia iconoclasta”, quella che ha “buttato a mare” le statue di Colombo, nel libro dai delle gravissime responsabilità non solo ai democratici, ma alle élite delle università americane. Ci riassumi come tutto questo, secondo te, diventa il boomerang che favorirà Trump?
“La mia convinzione è che la pancia dell’America sia patriottica, e che chi guarda al passato vede tutto il “bene”, e tutto il “male”, che Colombo, i padri fondatori, e via via i personaggi della Storia americana hanno prodotto nei 244 anni dalla Costituzione. La gente percepisce che la riscrittura a posteriori delle qualità e dei difetti delle personalità è una violenza che mina le fondamenta della nazione. Giudica Jefferson che aveva gli schiavi, e giudica anche de Blasio e la moglie che volevano abbattere Colombo e che toglieranno la statua di Teodoro Roosevelt dal Museo. Del primo ricordano che disse “tutti gli uomini sono stati creati uguali”, e lo ammirano. Dei leader Democratici attuali notano che non hanno il coraggio politico di impedire agli estremisti le demolizioni, fisiche e culturali, degli eroi USA, e non è un bel vedere per loro…. Vuoi vedere che sono la maggioranza?”

Sempre su “law and order” che sarebbe assicurato da Trump e compromesso da Biden: eppure dopo i recenti fatti in Wisconsin, dove ci sono scappati pure i morti, e che avvenivano in contemporanea alla convention repubblicana, secondo i poll rilasciati persino dalla stessa Fox, il controbalzo di Trump non ci sarebbe stato. Insomma, proprio in quello stato, il distacco tra Biden e Trump sarebbe addirittura aumentato: la gente ha capito che Trump incita alla violenza?
“Che Trump inciti alla violenza è un’accusa ricorrente, che non si basa però su alcuna frase che lui abbia mai detto. Per esempio, a Charlottesville, lui condannò nettamente i suprematisti bianchi e il KKK, citando i gruppi per nome, ma ancora oggi nessuno riporta con correttezza che cosa era successo. Lo faccio io nel libro. D’altra parte mai, Biden, ha citato BLM e Antifa come attori delle proteste, dei vandalismi, degli incendi. Se i sondaggi ora descrivono la realtà dei due schieramenti, i DEM possono dormire tra due guanciali, e non capisco perché si preoccupino”.
Ma per te quindi i manifestanti pacifici sono ininfluenti? Non vanno rispettati? Quando Trump ordina di sgombrare davanti la Casa Bianca un gruppo di manifestanti (che saranno presi a spinte e randellate e fatti sgombrare con i lacrimogeni) e poi va davanti ad una chiesa per farsi fotografare con in mano una bibbia, ecco secondo te questo rappresenta i valori americani? Non li calpesta invece lui, quando non rispetta per esempio il “First Amendment?

“L’episodio davanti alla Casa Bianca è stato un autogol della campagna, uno dei tanti del primo mandato, e la stampa lo ha riportato ripetutamente. Ha fatto bene. I manifestanti pacifici ci sono, vanno rispettati, e voteranno per Biden. Tutti. Ma “le proteste per lo più pacifiche” di New York, Minneapolis, Seattle, Chicago, Baltimora, Portland, Kenosha sono diventate una barzelletta, che ha gettato ulteriore discredito sulla stampa del mainstream, e sulle TV, che hanno oscurato gli assalti ai distretti di polizia, ai palazzi federali, gli incendi e i saccheggi, le auto distrutte e i poliziotti feriti. A me pare che siano state le vetrine ad essere infrante da BLM e Antifa, e teppisti di complemento. Quanto al primo emendamento, onestamente, è la prima volta che sento l’accusa che Trump lo ha calpestato. Puoi elaborare?
Beh, quando per esempio, gli è capitato di voler portare a giudizio dei giornalisti, ma gli hanno spiegato che lui come personaggio pubblico non può farlo. Infatti la Corte Suprema degli USA ha esteso, dal 1964, con la famosa sentenza “Sullivan vs New York Times”, la protezione del Primo Emendamento contro ogni politico che voglia querelare i giornalisti… Ma proprio sul rispetto della Costituzione, al fatto che Trump ha minacciato più volte la libertà dei giornalisti protetta dal “Primo Emendamento” – i giornalisti vengono da lui e dai suoi figli chiamati “nemici del popolo”, proprio con questa frase “staliniana” – ci sono state altre volte dove è sembrato che Trump, la Costituzione, la conosca e la rispetti poco. Addirittura, secondo il discorso di Barack Obama sentito alla Convention democratica, la questione del voto di novembre sarà proprio su questo: la sopravvivenza della democrazia in USA. Tu che ne pensi?
“Penso che la democrazia in America avrà lunghissima vita. Con Trump se vince, e anche se perde. E fra 4 anni con chi verrà. Chiamare i giornalisti nemici del popolo è una fesseria. Ma lo è anche non ammettere che i media siano oggi parte attiva del partito anti Trump, il 95% dei media lo è, come è ovvio per tutti. Nel mio libro riporto il sondaggio Gallup sulla stima che gli americani hanno delle istituzioni. Esercito, polizia, chiese, piccole aziende sono in testa, sopra il 60-70%. I media? 20%, da vergognarsi. Quanto a Obama, non era lui che aveva fatto spiare i giornalisti della AP, ed altri? Sì, era lui”.

Cosa rispondi a chi accusa Trump di essere il “grande divisore”. Di non avere mai cercato di unire il paese nei momenti drammatici, come tutti i presidenti prima di lui.
“E’ un luogo comune, sostenuto dai media di cui sopra. Trump è odiato da metà paese e idolatrato dal 45%. E’ la democrazia. Ricordo quando il “grande divisore” era Bush, sempre per via della stampa, e non parliamo di Reagan amato solo dopo morto. Obama diceva “nemici” parlando dei repubblicani e la frase che lo ha reso famoso è stata “le elezioni hanno conseguenze”, come dire o mi venite dietro, oppure “ho un telefono e una penna” per governare senza il Congresso, come fece con l’amnistia ai clandestini. Bush sì che unificò il paese dopo l’11 settembre, ma dio ci scampi da una tragedia simile. E, a proposito, perché i DEM hanno osteggiato tutte, ma proprio tutte le misure che Trump ha preso sul Covid? Dovevano essere loro a capire che il Covid era il nemico, come era stato Al Qaeda. Ma hanno solo pensato di trarre vantaggio elettorale”.
Biden: per te resta un candidato non solo “sleepy” come lo chiama Trump, ma debolissimo perché ha tanti “scheletri nell’armadio”. Vuoi annunciarci quale sarà il più grande di questi che verrà fatto saltare fuori da Trump al momento opportuno? Basterà a farlo vincere?
“Credo che gli affari del figlio Hunter in Ucraina e in Cina si prestino a spot e campagne contro Biden fino all’ultimo”.

Cosa pensi della scelta dei democratici di Kamala Harris? Non sembra così attaccabile sul fronte “law and order”... Non potrebbe essere lei, con la sua esperienza di ministro della giustizia della California, lo scudo dei democratici?
“Scelta obbligata, donna e nera. Però l’aver fatto l’attorney general da dura in California non è un punto di forza ma di debolezza presso la base che vuole tagliare i fondi alla polizia”.
Invece di Mike Pence: sei soddisfatto che sia stato confermato o Trump avrebbe avuto più chance di rimonta scegliendo anche lui una donna, come l’ex ambasciatrice Nikki Haley? Pence era così necessario per Trump?
“Pence è l’unico fattore rassicurante – simil establishment – nel mondo trumpiano anti Washington. Sarebbe stato un suicidio cambiarlo. La Haley pensa già al 2024. Per me i DEM ne hanno paura fin d’ora”.

(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
Politica estera: per te Trump qui è proprio grandissimo, altro che Obama. Non solo in Medio Oriente, ma ovunque. Lo pensi anche quando ha indebolito le relazioni “atlantiche”? Insomma nei rapporti con l’Europa ha avuto sempre ragione lui? E i rapporti con l’Italia, come ti sembrano? E non ti è mai sembrata strana la relazione con Putin, quando addirittura disse in conferenza stampa con lui, che si fidava più di quello che gli diceva il leader del Cremlino che i suoi servizi segreti?
“Il patto tra Israele e Emirati Arabi Uniti, e da ultimo l’accordo commerciale tra Serbia e Kosovo, sono due capolavori che nessuno si aspettava andassero in porto. L’ambasciata USA portata a Gerusalemme deve far arrossire di vergogna i suoi predecessori alla Casa Bianca, che non hanno avuto il coraggio politico di farlo. Uno dei capitoli di cui sono più orgoglioso della mia analisi è quello dedicato ad Israele. Ho dato risalto al patto per la Prosperità lanciato nel gennaio scorso con il leader israeliano, e vi avevo visto la potenzialità di sviluppi clamorosi, partendo dal cambio di atteggiamento dei paesi arabi degli emirati. Sulla Nato direi che aver convinto molti governi recalcitranti ad aumentare i contributi, riaspettando l’impegno del 2% dei PIL alla difesa, è un successo di tutti. Ora la Nato è più forte. Su Putin, la differenza con Obama è che la battuta infelice sui servizi segreti lui l’ha fatta davanti al mondo. Obama prometteva di nascosto “di essere flessibile con Vladimir”, come disse a Medvedev senza sapere che il microfono della BBC era collegato. Roba da impeachment, se fosse stato Trump a fare quella supplica: “Di’ a Vladimir di andare leggero perché ho da vincere le elezioni e poi saro’ piu’ flessibile””.

Parliamo del “piatto forte” di Trump, l’economia. Secondo buona parte del tuo libro, senza il covid, le sue politiche economiche avrebbero assicurato a Trump a novembre la vittoria da “landslide”. Allora vediamo un attimo come era la situazione negli “swing states” che gli dettero la Casa Bianca, quelli dove ci stanno più i “forgotten men” per intenderci del suo discorso all’inaugurazione, i blue collar. Beh, dati di uno studio del Wall Street Journal (sicuramente non un giornale “liberal”) mostrano che ancora prima della pandemia, nella “favolosa economia” di Trump che tu descrivi nel libro, ecco lì i “jobs” non erano affatto cresciuti come promesso, o almeno molto meno che altrove. Lo studio prende in considerazione 77 contee del Midwest e Northeast che avevano votato per Trump, e dicono che la crescita era andata pianissimo 0,5% nel 2017, 0,6% nel 2018 quando prima che Trump entrasse alla Casa Bianca questi stessi stati stavano crescendo i posti di lavoro del 1%. Allora, la bella economia di Trump, quanto ha veramente funzionato dove lui aveva promesso di più?
“Ha funzionato eccome. Altrimenti l’economia non sarebbe il terreno in cui è ancora giudicato bene oggi, migliore dello sfidante, malgrado la recessione fortissima post covid”.
Secondo te i dati che indicano che l’economia dal 2009 al 2015 sia cresciuta più con Obama che con Trump nel 2017-2020, sono fuorvianti?
“I dati che io riporto nel libro sono ufficiali e raccontano una storia diversa”.

Proviamo questa domanda: cosa detesti di Trump? Insomma se tu fossi suo consigliere, cosa gli diresti assolutamente di non fare più?
“Non so quante volte avrei cancellato i suoi tweet più infelici, sbagliati, autolesionisti. Credo che abbiano cercato di farlo la moglie, la figlia Ivanka e chissà quanti suoi consiglieri… E’ un personaggio strano, però. Se non perderà il 3 novembre, avrà avuto ragione lui anche con tutti gli autogol. Come dicevo prima. Se Biden non lo batte, Trump è un grande presidente. Capace di vincere da “Guerriero Solitario” una “Mission Impossible””.
Trump vince: cosa prevedi che dirà nel suo discorso di secondo mandato?
“Sarà il discorso più magnanimo e generoso, più pacifico e “unificatore”. Perché è facile esserlo dalla Stanza Ovale, quando sai che non devi vincere più alcuna elezione”.

Trump perde: accetterà la sconfitta o accuserà i democratici di brogli e quindi… Cosa prevedi in quel caso?
“Difficile che un ego cosmico come è diventato si sgonfi. Forse si darà ai media inventando una TV o un giornale. Dopo aver insultato per 4 anni, a parole, CNN, NBC, ABC, New York Times e Washington Post ci metterà l’anima per batterli sul loro terreno, che è il suo chiodo fisso: l’audience”.
Questo martedì, 8 settembre, Maggi terrà una presentazione del libro on line, dalle 18:00 alle 19:30. Qui il link su facebook.