Ormai sono insulti da strada quelli tra il presidente Trump e le parlamentari democratiche dissidenti. Una strada pericolosa perché, almeno finora i tweet razzisti e velenosi del presidente stanno ottenendo l’effetto contrario, unificando il partito democratico e creando una trincea morale e apartitica tra il bene e il male.
E’ una storia un po’ complicata che parte da prima delle passate elezioni di Midterm. La portabandiera della rivoluzione democratica è Alexandria Ocasio Cortez, giovane attivista, preparata, intelligente e astuta.
Nata a New York da una famiglia newyorkese di origini portoricane, vissuta prima al Bronx poi nella contea di Westchester. Laureata, magna cum laude alla Boston University, ha cominciato la sua attività politica nell’entourage del senatore democratico Ted Kennedy per il quale, grazie alle sue origini ispaniche, coordinava gli incontri con la comunità di lingua spagnola.
Morto Kennedy, la giovane AOC è passata nelle fila del senatore Bernie Sanders nella campagna elettorale del 2016. Ma il suo exploit politico tuttavia, è avvenuto lo scorso anno quando, con una accorta campagna elettorale, ha battuto nelle primarie democratiche il deputato democratico Joe Crowley, da oltre 20 anni alla Camera dei Rappresentanti, beniamino di tutto l’establishment del partito e candidato preferito dalla speaker Nancy Pelosi, dal governatore di New York Andrew Cuomo, dai senatori Chuck Schumer e Kristen Gillibrand. Una vittoria quella della Ocasio mal digerita dalla classe dirigente del partito e che ha creato ulteriori malcontenti in seguito alla popolarità comunicativa della giovane “Millennial” che, grazie alla sua abilità in materia di social media, conta milioni di seguaci.
All’interno del partito democratico Alexandria Ocasio Cortez è allineata con la corrente politica Democratic Socialists of America, il movimento fondato dalla sociologa femminista Barbara Ehrenreich e con il Congressional Progressive Caucus, il movimento di sinistra che ha avuto Bernie Sanders, Maxine Waters, Major Owens tra i suoi fondatori.
Più di recente, a questi due movimenti si sono unite anche altre giovani leve del partito democratico: Rashida Tlaib, congresswoman di Detroit, nata negli Stati Uniti, figlia di immigrati palestinesi. Laureata in legge, e di professata fede musulmana, un particolare questo che l’ha resa particolarmente ostica a Trump e alla sua base.
Un’altra musulmana, allineata con la Ocasio e la Tlaib è la giovane deputata del Minnesota Ilhan Omar, nata in Somalia e giunta da bambina negli Stati Uniti nel 1992.
A completare il quartetto delle giovani ribelli, Ayanna Pressley, deputata del Massachusetts, anche lei nata negli Stati Uniti, da genitori americani e unica afro-americana eletta nello stato. la Pressley ha attratto subito l’ostilità del presidente Trump definendolo “il bancarottato” per i sei procedimenti giudiziari che le sue compagnie hanno avuto nei tribunali federali americani.
Le quattro parlamentari, che si definiscono “donne di colore” non vedono sempre di buon occhio la cautela e il gradualismo tipici della leadership di Nancy Pelosi e, anche se con toni dimessi, la contestano creando maretta all’interno del partito.
In questo clima il presidente ha sferrato la sua raffica di tweet razzisti, con lo scopo di alimentare il malcontento e infiammare gli animi della sua base politica. Poi ha scelto come data il giorno in cui è cominciata qui negli Stati Uniti la caccia agli immigrati illegali.
Tweet che hanno suscitato lo scalpore dell’opinione pubblica per l’invito di “tornare nei loro Paesi” che il presidente ha polemicamente rivolto alla banda di deputate a dispetto del fatto che tre, delle congresswomen sono nate negli Stati Uniti.
A questa prima salve, lunedì è seguita una nuova bordata di insulti dopo che Nancy Pelosi lo aveva duramente ripreso dicendo che lo slogan del presidente “Make America Great Again, sarebbe un subdolo invito a “Rendere l’America di nuovo bianca”.
“Siete voi – ha replicato in un tweet il presidente – che dovete chiedere scusa a me e a allo stato di Israele. Molte persone – ha aggiunto Trump – sono arrabbiate con loro e con le loro orribili e disgustose azioni”. Quest’ultima bordata su Israele è stata motivata da precedenti prese di posizione che le quattro parlamentari hanno esternato nei confronti di Israele e dell’alleato di Trump, Benjamin Netanyhau.
Saldati i conti retorici con le giovani deputate, Trump è tornato ad attaccare Nancy Pelosi. “E’ lei che mi deve le scuse per i suoi toni razzisti contro” ha scritto cripticamente il presidente.
“Usa il linguaggio dei suprematisti bianchi” ha twittato in risposta Alexandria Ocasio Cortez che ha aggiunto “Sta inculcando nel partito repubblicano un’ideologia razzista e questo dovrebbe preoccupare tutti”.
Tiepida, per ora, la leadership del Partito Repubblicano. Solo il senatore Lindsey Graham, il grande amico dello scomparso senatore John McCain, ha commentato i tweet del presidente. “Dovrebbe volare più in alto. Dovrebbe attaccarle per le loro idee non per dove sono nate” ha concluso il senatore che in passato ha definito “comuniste” le quattro parlamentari.
Al dibattito via Twitter si è infine aggiunta Meghan McCaine figlia del senatore John McCaine, repubblicana ma grande avversaria di Trump. “Trump è un razzista. Non abbiamo mai detto alle persone a cui abbiamo dato il benvenuto di tornarsene al loro paese”.
Comunque per ora la leadership del partito repubblicano non si pronuncia e, secondo molti osservatori politici, potrebbe essere un danno per Trump. Questo perché se le masse elettorali dovessero trovare un candidato che sappia capitalizzare l’insoddisfazione politica che questa Casa Bianca irradia, per Trump le prossime presidenziali diventerebbero molto più complicate.