Lunedì al Palazzo di Vetro eravamo col sindaco di Milano Giuseppe Sala, che sta lavorando con l’Onu e con una coalizione di sindaci ( la Mayors Migrations Council) e partecipando alle riunioni sull’ambiente e i Sustainable Development Goals, ma facendo una particolare attenzione a come le città affrontano le crisi dei migranti e rifugiati. Insieme ai sindaci Corine Mauch (Zurigo), Marvin Rees (Bristol), Valerie Plante (Montreal), Erias Lukwago (Kampala) e Bruno Covas (San Paulo), Sala ha tenuto una conferenza stampa con i giornalisti dell’UNCA, in cui ogni primo cittadino ha esposto i differenti approcci per ovviare al flusso dei migranti e rifugiati, con nuovi piani e idee che fanno diventare il loro arrivo un vantaggio per le città invece che un problema. Alto che approcci isterici con cui invece molti governi di paesi membri dell’ONU si sono distinti in questi ultimi mesi. Il sindaco Sala sembra avere delle idee in proposito e le espone.
Ci spieghi sindaco perché è venuto qui New York?
“Siamo venuti perché ormai il dibattito politico è totalmente occupato dal tema delle migrazioni. Il messaggio da chi sta governando oggi, non solo in Italia, ma in molti paesi del mondo, è “chiudiamo i confini”. Io penso che questo non sia accettabile, ma capisco anche che noi non possiamo dire sono tutti liberi di entrare, ma bisogna trovare qualche soluzione per passare da un approccio emergenziale a qualche misura pratica. Ora da sindaco di Milano, per imparare, è meglio che mi muova a livello internazionale, piuttosto che su altre città Italiane, perché è abbastanza evidente che Milano è la città italiana più evoluta. Qui stiamo discutendo di questioni pratiche, cioè come un corridoio umanitario potrebbe essere organizzato, stiamo discutendo di come, per esempio, non siamo tutti sindaci europei ma l’Europa dovrebbe trovare una formula per condividere la questione, stiamo discutendo di come le città che sono la “frontline” del tema devono trovare il modo per inserirsi nel circuito internazionale da dove le risorse partono, perché noi siamo sempre, con più o meno generosità, nel caso di Milano con generosità, ad affrontare la questione, ma è chiaro che le nostre risorse sono sempre più scarse, e probabilmente non devono essere solo risorse nazionali ma anche internazionali”.
Qui a New York l’abbiamo vista dibattere insieme al sindaco di San Paolo, al sindaco di Zurigo, di Kampala, di Bristol, di Montreal, tutti di vari continenti. Ecco lei nel rapporto tra la sua città e il governo centrale si sente in una situazione di vantaggio o di svantaggio rispetto ai sindaci che ha incontrato?
“Mi pare che ci sia un problema comune, in questo momento forse in Italia pesa di più l’instabilità del governo che sembra, che da un momento all’altro, possa cadere, poi va avanti, e certamente il governo Italiano, in questo momento, è più radicale e più spinto verso istanze di destra rispetto ad altri paesi. Sono situazioni diverse però la politica è anche una ruota che gira, cioè ad oggi la situazione è così da noi magari lo sarà in altro modo in altre parti, però guardando il Brasile la situazione non è diversa”.
Mentre lei volava verso New York, in Italia scoppiava uno scandalo, che poi ha coinvolto proprio il ministro dell’interno Matteo Salvini, lo scandalo dei soldi della Russia richiesti da un militante della Lega. Lei con Salvini ha avuto degli scambi dialettici piuttosto forti, in questo momento che idee si è fatto della tenuta del governo, soprattutto quando, in un altro paese, dopo l’uscita di certe registrazioni, probabilmente qualcuno si sarebbe dimesso?
“Allora, io la penso onestamente così: a oggi non ci sono prove che siano arrivati dei fondi, se abbiano preso i soldi, mi sembra abbastanza naturale però pensare che i fondi li abbiano chiesti, che è già un buon punto di partenza. Seconda considerazione, questa storia denota il provincialismo con cui il governo si muove a livello internazionale, si fanno aprire porte da persone, che sono persone assolutamente dal curriculum non pulito, alcuni con cause pendenti con il governo Americano, ma comunque con un profilo molto scarso, e la diplomazia internazionale non si fa così. Terza considerazione, io, per mia cultura, non mi spingerei a dire che Salvini deve dare le dimissioni, perché prima bisogna capire, mi spingo a dire che Salvini deve riferire alle Camere, che è una cosa molto diversa. Quindi non voglio essere giustizialista, non fa parte del mio background, anche io ho fronti molto diversi di questioni con la giustizia, ancora legati alle gare per l’expo di Milano, quindi apprezzo chi di fronte ai miei problemi ha assunto un atteggiamento non giustizialista. Stiamo parlando di livelli molto molto diversi, ma comunque non cambia, non si può essere giustizialisti, ma bisogna riferire, io l’ho fatto, credo che Salvini non se la possa cavare dicendo: “alla fine di cosa devo parlare, sono state delle cene”. No, deve riferire”.
L’ultima domanda, ed è sempre la stessa, in Italia la situazione è molto fluida, c’è bisogno che i sindaci, soprattutto il sindaco di Milano, prendano più responsabilità a livello nazionale e internazionale?
“Io escludo totalmente una mia partecipazione a livello nazionale, ma ciò non toglie che ci sono tanti modi per fare politica, e per essere parte attiva del dibattito politico nazionale, dove, per quanto riguarda la mia parte politica non posso che confermare quello che ho detto in questi ultimi periodi, cioè il PD è un partito importante ma non è sufficiente, bisogna trovare nuove formule per creare nuovi spazi politici e bisogna smettere di litigare tra di noi”.