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Barack Obama suona l’adunata per la democrazia contro “il predatore” Trump

La notte della Convention democratica per la nomination di Kamala Harris, prima donna afro-americana alla vicepresidenza, storica anche per il suo discorso

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 6 mins read

Doveva essere la notte della Convention delle donne, che sarebbe passata alla storia per la nomination alla vice presidenza di una donna afro-indo americana. A cento anni esatti questa settimana dall’approvazione dell’ emendamento della Costituzione che concedeva il voto alle donne, Hillary Clinton, Nancy Pelosi e Elizabeth Warren dovevano passare il testimone a Kamala Harris per rompere finalmente la “cupola di cristallo” che ha finora impedito ad una donna di essere eletta per la Casa Bianca. Ma se la nomination di Harris sicuramente lascerà un marchio indelebile nella storia della grande democrazia americana, la Convention democratica “virtuale” di Milwaukee  del 19 agosto finirà per essere ricordata soprattutto per il giorno in cui l’ex presidente Barack Obama, da Philadelphia  – la città da dove l’esperimento della democrazia USA iniziò nel 1776 –  proprio a 76 giorni esatti dalle elezioni di novembre del 2020, suonò le campane d’allarme per dare la scossa al popolo americano in soccorso della democrazia messa in pericolo da Trump.

Non si ricorda nella storia americana che un ex presidente, ad una convention del suo partito, facesse una arringa così accusatoria e di condanna senza attenuanti nei confronti del presidente in carica che sta cercando di essere confermato. Finora tutti gli ex presidenti portavano alle convention discorsi in appoggio del candidato del loro partito, senza mai attaccare direttamente chi aveva preso il loro posto di “commander in chief” alla Casa Bianca. Ma Trump non è un presidente degli Stati Uniti “normale”, perché dice Obama “farebbe qualunque cosa pur di prevalere, anche compromettere la nostra democrazia”.

19 agosto, 2020: Barack Obama pronuncia il discorso da Filadelfia per la convention democratica

“Non sono tempi normali” ha detto all’inizio Obama, e non si riferiva solo alla pandemia del covid-19 e lo ha fatto capire subito. “Non mi sarei mai aspettato che il mio successore avrebbe abbracciato la mia visione o continuato la mia politica” ha detto Obama, “ma avevo sperato che Donald Trump potesse interessarsi a questo incarico seriamente. Ma non lo ha mai fatto”. “Donald Trump non ha imparato il suo ruolo di presidente perché non è in grado di farlo” ha continuato Obama. “Trump non ha mostrato alcun interesse nel trovare un terreno comune, nell’usare l’eccezionale potere della presidenza per aiutare qualcuno tranne se stesso e i suoi amici. Nessun interesse nel trattare la presidenza se non come un altro reality show”.

Poi l’affondo: “Le conseguenze di questo fallimento sono severissime: 170 mila morti. Milioni di posti di lavoro persi. I nostri peggiori istinti sciolti, la nostra orgogliosa reputazione nel mondo gravemente compromessa e le nostre istituzioni democratiche minacciate come mai era avvenuto prima”.

Per Obama “la Democrazia non ha mai significato una transazione, tu mi dai il voto e io aggiusto tutto in meglio. Ha bisogno di cittadini informati e attivi. Quindi vi chiedo di credere nelle vostre abilità… per essere sicuri che i principi di base della nostra democrazia resistano”.

Ma per Obama in questo momento “il presidente e gli altri che sono con lui contano sul vostro cinismo… Non lasciate che prendano il potere. Non lasciate che vi portino via la vostra democrazia”. 

Del ticket Biden-Harris, Obama ha parlato poco rispetto al resto del discorso che è stato più dedicato al pericolo rappresentato da una possibile riconferma di Trump: “La posta in gioco ora è proprio la democrazia” ha ripetuto, per questo quindi si deve votare per Joe Biden e Kamala Harris che, ha cercato di sostenere Obama, “hanno la capacità di guidare il nostro Paese fuori delle tenebre e ricostruirlo meglio”. Per il suo ex vice presidente, Obama ha avuto alla fine delle parole calorose: “Joe ha il carattere e l’esperienza per renderci un Paese migliore, mi ha reso un presidente migliore e per me è come un fratello”.

Mentre il discorso di Obama registrato da Filadelfia veniva trasmesso dai principali canali televisivi in contemporanea, inclusa la conservatrice Fox, Trump iniziava il suo contrattacco in diretta anche su Twitter, accusando Obama di “aver spiato la sua campagna elettorale e di essere stato scoperto!” e poi facendo la domanda: “perché si è rifiutato di appoggiare ‘slow Joe’ fino alla fine? Perché ha cercato di non farlo candidare?”. Una reazione quindi che non cercava di ribattere agli attacchi di Obama (Trump = pericolo per la democrazia) ma solo continuando a ripetere certi attacchi già fatti in precedenza.

I twit di Trump fatti in diretta col discorso di Obama

I motivi della chiamata da Filadelfia di Obama, dove si scrisse la dichiarazione di indipendenza e poi la Costituzione USA, sono apparsi chiarissimi: il voto di novembre non è più la scelta tra due candidati rivali che presentano due programmi politici diversi, ma una ultima adunata al voto per i veri democratici per salvare la democrazia degli Stati Uniti messa in pericolo da un presidente che non vede l’ora di ucciderla con tutta la costituzione.

Quando Kamala Harris ha parlato subito dopo Obama, a lei per fare la storia bastava accettare la nomination per la vicepresidenza, e la senatrice della California lo ha fatto ricordando commossa la madre, emigrata ragazza dall’India in cerca di un sogno in America. Harris ha detto che nel “cambiare il corso della storia” gli USA sono ad un “punto di svolta” ma bisognerà “lottare con convinzione per l’America che amiamo”. L’America che merita di più dopo quattro anni di “caos”, “incompetenza” e “insensibilità” di Donald Trump. “Abbiamo un presidente che trasforma le tragedie in armi politiche. Il fallimento della leadership di Donald Trump ci è costato vite e posti di lavoro”, ha continuato Harris riferendosi, come aveva fatto Obama, ai 170 mila morti causati dal covid-19. Poi ha attaccato anche Trump nel suo essere insensibile ai problemi razziali in America: “Non c’è alcun vaccino contro il razzismo. La nostra nazione deve essere come una comunità, dove tutti sono benvenuti, a prescindere dalla loro apparenza, da dove vengono o da chi amano. Dove tutti meritano compassione, dignità e rispetto”. Ad un certo punto del suo discorso, l’ex procuratrice della California ha detto di “saper riconoscere un predatore a prima vista”, un altro chiaro riferimento a Trump. La candidata alla vicepresidenza ha continuato con gli  appelli all’unità e alle minoranze, quelle che servono per vincere la Casa Bianca: “Dobbiamo eleggere un presidente che ci unisca tutti, afroamericani, bianchi, latinos, asiatici, nativi americani, per conquistare il futuro che vogliamo insieme”.  

Prima di Harris e Obama, era toccato ad Hillary Clinton attaccare l’inquilino attuale della Casa Bianca: “Speravo che Trump sarebbe stato un presidente migliore. Ma, sfortunatamente, è quello che è” e la ex First Lady-Senatrice-Segretario di Stato-candidata alla Casa Bianca ha poi messo in guardia da quello che lei aveva dovuto patire nel 2016: una eventuake vittoria di Trump pur ricevendo milioni di voti in meno del candidato democratico. “Bisogna per questo andare a votare con una mobilitazione senza precedenti” ha avvertito Hillary.

Come Hillary, anche la speaker del Congresso Nancy Pelosi, grande nemica di Trump con il quale ha instaurato un duello che nei giorni dell’impeachment raggiunse livelli bollenti,  ha attaccato l’attuale presidente, colpevole di avere “disprezzo per i fatti, per i lavoratori e per le donne in particolare”. La senatrice del Massachusetts e già candidata alla Casa Bianca Elizabeth Warren ha rincarato la dose accusando Trump di “ignoranza e incompetenza che mettono in pericolo il nostro Paese”.

Commovente il discorso tenuto da Gabby Giffords, la Congresswoman sopravvissuta ad un attentato in cui durante un comizio un uomo armato l’aveva lasciata in fin di vita. Da quel momento, Gifford è diventata una paladina per il conrollo delle armi: “Le parole una volta mi venivano facili; oggi mi devo sforzare per riuscire a parlare, ma non ho perso la mia voce. L’America ha bisogno di tutti noi di parlare, anche quando si deve combattere per trovare le parole. Siamo al bivio. Possiamo lasciare che le sparatorie continuino o possiamo agire”.

Nei discorsi ci sono stati tanti passaggi che sottolineavano lo storico momento di una donna di nuovo candidata alla vicepresidenza (la prima fu Geraldine Ferraro) ma la prima volta per una di colore, proprio nella settimana dell’anniversario del centenario del voto alle donne; ma ancora una volta è stato Trump, come da quattro anni accade più nel male che nel bene, a restare al centro dell’attenzione.

Eppure il discorso di Obama pronunciato da Filadelfia appare diverso, perché segna un punto di non ritorno: secondo l’interpretazione ora pubblicamente diffusa dall’ex presidente in un momento così significativo come è la convention che sceglie il ticket democratico per la Casa Bianca, l’America a novembre non avrebbe più una scelta tra due candidati, ma tra la democrazia e la sua fine: o Biden batte Trump, ci dice Obama, o l’esperimento di democrazia degli Stati Uniti iniziato nel 1776, finirà nell’anno del signore 2020…

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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