A volte basta un’immagine. Nel caso del traffico di essere umani e dello scempio umanitario in Libia, invece, è stato necessario anche un video. Il video con il quale la CNN, il 14 novembre 2017, ha provato la compra-vendita di uomini nella regione libica, cambiando da quel giorno la percezione dell’opinione pubblica sul tema. Un video che ha mescolato le carte, sotto ogni punto di vista: perché dalla sua pubblicazione, il mondo non ha smesso più di parlare della tratta di schiavi nella regione e le parti in gioco si sono quasi viste costrette a trovare una soluzione nel modo più rapido e sostanzioso possibile, prima che fosse troppo tardi.
Della questione, del resto, si era già pienamente a conoscenza. Fin dai giorni della 72esima Assemblea Generale ONU, Libia e condizione dei migranti erano stati due degli argomenti principali. E per mesi le organizzazioni umanitarie avevano lanciato, invano, più di un allarme sulle degradate condizioni di vita vissute da bambini, donne e uomini nell’area. Prima di quel video, però, se ne era continuato a dibattere come se fosse uno dei tanti problemi del mondo. Problemi che sarebbero dovuti essere risolti, sì, ma un giorno. Non subito. Dopo la sua pubblicazione, invece, le acque si sono smosse molto velocemente, anche in sede istituzionale. Anche all’ONU, luogo simbolo in cui è stato trovato il compromesso il 29 novembre tra autorità libiche, Governo italiano e Nazioni Unite su un’iniziativa UNHCR per evitare ai rifugiati i campi lager. Appena quindici giorni dopo quel video e grazie al meticoloso lavoro della missione italiana al Palazzo di Vetro, durante il mese di presidenza (ottimo, a detta di molti) dell’ambasciatore Sebastiano Cardi.

Ora novembre è passato, la presidenza italiana è finita e una soluzione diplomatica tra le parti, dopo i troppi dietrofront negli ultimi mesi, è stata quindi trovata. Ma il Consiglio di Sicurezza sembra non voler più smettere di parlare di Libia. E ben venga, perché il percorso è solo all’inizio. Nella mattinata di giovedì 7 dicembre, ad esempio, a sorpresa l’aula è tornata a dibattere della tratta di schiavi nella regione e ha ufficialmente condannato il problema in un Presidential Statement, votato all’unanimità dai 15 membri dell’aula. Un voto giunto dopo una seduta, in cui sono state ascoltate le dichiarazioni e le parole del Presidente del Governo di Unità nazionale libico al-Sarraj (che ha denunciato il traffico di schiavi, dentro e fuori dal Paese, evidenziando come le autorità libiche abbiano iniziato ufficialmente a investigare per scoprire i responsabili), dei rappresentanti dell’Unione africana (che hanno chiesto la fine immediata di queste pratiche) e del Segretario Generale Antonio Guterres. Un voto importante, accolto con favore dall’Italia che per prima si è battuta in Consiglio per affrontare il problema, nel corso di quel cruciale mese di novembre: “Il Consiglio di Sicurezza condanna la vendita dei migranti come schiavi in Libia e riafferma la sua volontà di identificare i colpevoli davanti alla giustizia” ha twittato l’ambasciatore Sebastiano Cardi dopo la seduta, concludendo: “Il Consiglio approva il lavoro della missione UNSMIL in Libia, in coordinamento e in supporto al lavoro di assistenza umanitaria attraverso le agenzie UNHCR e IOM”.

Prima di arrivare a questo punto, gli step all’interno del Palazzo di Vetro erano stati tanti, tormentati e frenetici. Dall’attacco dell’Alto commissario per i diritti umani Zeid Rad al-Hussein che aveva definito “disumana” la collaborazione tra Libia e Unione Europea sui migranti (15 novembre), alle “meno lezioni, più buone azioni”, rivolte alle Nazioni Unite, del Ministro degli Esteri Angelino Alfano durante la sua visita a New York (17 novembre). Dal monito del Segretario Generale Antonio Guterres per “più umanità e vie legali di immigrazione” (20 novembre), alla risoluzione adottata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza contro lo human trafficking (21 novembre). E ancora dalle parole della Special Rapporteur on trafficking in persons dell’ONU Maria Grazia Giammarinaro (“Chiudere i centri di detenzioni libici”) fino all’accordo diplomatico già citato tra autorità libiche, Governo italiano e Nazioni Unite sull’iniziativa UNHCR, per evitare ai rifugiati i campi lager.

In un modo o nell’altro, comunque, ora la Libia è al centro dell’agenda del Consiglio di Sicurezza, alla pari di Corea del Nord e Siria. E a dimostrarlo sono anche le parole dell’ambasciatrice USA Nikki Haley, dopo il voto del Presidential Statement di giovedì 7 dicembre: “È fondamentale che il Consiglio di sicurezza parli delle violazioni dei diritti umani che minacciano la vita di civili innocenti. Il Consiglio di Sicurezza segnala inoltre che sia orripilante vedere che le persone che scappano dalla violenza siano vendute in schiavitù”, ha detto Haley. Che ha precisato: “Tutti i paesi devono fare tutto il possibile per porre fine a questa pratica barbara. Fino a quel momento, coloro che commettono questi crimini indicibili devono essere consegnati alla giustizia, e le vittime devono essere trattate con il rispetto e la dignità che meritano”.
Parole dure, forti, condivise dagli altri membri del Consiglio. Parole che ad esempio gli USA non hanno speso in modo così esplicito e netto, nemmeno per la più grande tragedia umanitaria in corso oggi, lo Yemen. Che sia necessaria la pubblicazione di un altro video shock anche su quel fronte, per smuovere la comunità internazionale allo stesso modo?