I muscoli in politica estera mostrati da Trump negli ultimi giorni con un crescendo che ricorda presidenze ben più autorevoli e dotate ideologicamente, segue di pochi giorni un sondaggio in cui l’operato del Presidente è fortemente criticato e la necessità di un profondo chiarimento dei rapporti con la Russia sono chiesti non solo dai media ma da un’apposita commissione congressuale.
Sessanta dei quasi novanta giorni trascorsi dal suo insediamento sono stati impiegati dal Presidente Trump nel fugare i sospetti di una collusione tra il suo quartier generale elettorale e l’ambasciatore russo e il cospicuo aiuto fornito dagli hacker russi per operare uno scientifico screditamento del candidato Clinton.
Le dimissioni di Micheal Flynn, la mancata nomina di Andrew Puzder a ministro del lavoro, il difficile mantenimento in carica di Jeff Session coinvolto nel Russia gate e costretto a garantire la sua non interferenza su i casi che riguarderanno questo filone di indagini, il coinvolgimento possibile del genero Jared Kushner sospettato di avere intrattenuto rapporti con l’ambasciata russa durante la campagna elettorale devono aver convinto Trump che occorreva rompere l’assedio.
L’accusa a Obama di averlo intercettato durante la campagna elettorale non aveva apportato nessun alleggerimento sul fronte delle accuse di legami tra la sua amministrazione e la Russia di Putin. I decreti sugli immigrati avevano aumentato i nemici con l’aggiunta delle umiliazioni inflitte dalla magistratura che ne aveva vanificato gli effetti.
Occorrevano un pretesto, un obiettivo, un nemico e la chiamata alla solidarietà nazionale verso il comandante in capo. Ecco quindi la Siria divenire un obiettivo perfetto, con 59 missili hanno restituito a Trump il prestigio fortemente eroso in patria e anche le dichiarazioni di Medeved che Russia e USA hanno rischiato lo scontro diretto sembrano essere parte di un gioco di ruolo: gli USA attaccano la Siria ma avvertono la Russia e non danneggiano le piste. I muscoli mostrati come un culturista al dittatore nord coreano che come i suoi predecessori da anni si esercita in quotidiane minacce, hanno definitivamente accreditato Trump come difensore dei valori occidentali, marcato le distanze con i russi, fino a ieri amici troppo stretti e sospetti, e messo la sordina alle contestazioni sulle più o meno presunte interferenze russe nell’elezione di Trump. I prossimi mesi si capirà se il difensore degli oppressi Trump avrà agito per ragioni umanitarie o per strettissime ragioni personali.