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Trump punisce Assad rischiando lo scontro con la Russia

Il giorno prima al Consiglio di Sicurezza dell'ONU Mosca aveva minacciato: prima le prove

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Trump punisce Assad rischiando lo scontro con la Russia

I missili tomahawk lanciati ieri sera dalle navi americane nel Mediterraneo verso la Siria (Foto Pentagono)

Time: 3 mins read

Donald Trump mette da parte l’isolazionismo del suo slogan “America First” e spara 59 missili contro Assad, colpendo una base militare del regime siriano, per punirlo dall’aver usato armi chimiche contro civili inclusi decine di bambini nella zona di Idlib.

Da mercoledì si era capito che la Casa Bianca avrebbe usato contro il regime siriano di Assad quella forza che la precedente amministrazione di Barack Obama aveva all’ultimo momento evitato dopo averla annunciata. Donald Trump, nel giardino della Casa Bianca, durante una conferenza stampa con accanto il re di Giordania Abdullah II, aveva fatto capire che ci sarebbe stata una azione punitiva contro Assad per quell’orribile strage di bambini. Contemporaneamente, l’ambasciatrice americana all’ONU Nikki Haley, alla fine di un discorso in cui aveva mostrato al Consiglio di Sicurezza le immagini di bambini uccisi dalle armi chimiche e dopo aver rivolto all’inviato della Russia una frase glaciale”: “Quanti più bambini devono ancora morire prima che la Russia reagisca?”, aveva poi concluso avvertendo il mondo: “Quando all’Onu non si riesce a prendere una decisione, diventa la nostra responsabilità agire comunque…”

La minaccia di Nikki Haley, era la stessa che aveva pronunciato anche l’ambasciatrice all’ONU di Obama, Samantha Power, proprio dopo che il regime siriano aveva usato armi chimiche nel 2013. Quella volta però, fu Vladimir Putin a riuscire a fermare la reazione militare americana, trovando la formula del disarmo chimico supervisionato dall’ONU. Ma, questa volta, Trump non ha dato il tempo a nessuno per tentare una nuova “trattativa”: dall’attacco chimico sui civili in Siria e l’attacco americano con 59 missili lanciati da una nave da guerra nel Mediterraneo, sono passati appena tre giorni.

A questo punto, ieri sera, nel mentre la notizia si diffondeva nel mondo, si è anche capito che Trump aveva avvertito prima i russi e che questi non avevano avuto perdite durante l’attacco. Il pericolo di uno scontro diretto tra americani e russi in Siria infatti è lo scenario da incubo temuto da tutti. Quindi il Pentagono, prima di lanciare i missili, aveva avvertito i russi di non farsi trovare nella loro traiettoria di tiro.

Ma anche con l’assicurazione di non colpire i russi, bisogna sperare che gli USA fossero già al 100% sicuri che l’attacco con armi chimiche di martedì fosse effettivamente stato opera del regime di Assad e non di altri, come hanno sostenuto invece i russi alla riunione del Consiglio di Sicurezza di mercoledì che, per le accuse che si sono rivolti russi e anglo-americani, ricordava quelli della Guerra Fredda. Se invece Trump avesse premuto il grilletto senza avere ancora avuto le prove certe che a riusare le armi chimiche sia stato Assad? Allora teniamoci forte, perché la reazione del Cremlino non si farà attendere. Mentre finiamo queste righe, da Mosca arriva la dichiarazione del portavoce di Putin che gli Stati Uniti hanno agito contro la legge internazionale.

Bisogna credere quindi che Assad oltre che essere un dittatore sanguinario sia anche del tutto matto? Fino a qualche giorno fa il regime siriano era in una posizione rafforzata dalla stessa amministrazione Trump che sembrava averlo “perdonato”. Quindi non si capirebbe l’attacco chimico e perché i russi si ostinino a difendere ancora un dittatore pazzo… Per questo la situazione in Siria potrebbe degenerare e diventare incontrollabile. Oggi sentiremo la completa reazione russa, e non ci resta che sperare che ad usare quelle armi chimiche sia stato veramente Assad e che l’attacco americano sia anche agli occhi di Putin, seppur senza ammetterlo, moralmente giustificato. Speriamo.

Resta aperta anche un altra questione: Trump poteva bombardare il regime siriano senza chiedere prima il permesso al Congresso? Qui la faccenda si complica. Secondo la Costituzione il Commander in Chief può usare la forza militare in caso di imminente pericolo per la sicurezza nazionale senza avvertire o chiedere alcun permesso al Congresso. Ma nel caso del bombardamento per punire Assad dell’uso di armi chimiche contro il suo popolo, Trump può riuscire a sostenere di aver agito anche per proteggere la sicurezza nazionale degli USA come ha detto nell’annunciare l’attacco in tv agli americani? Certo sarebbe proprio ironico che il presidente che ha resuscitato lo slogan isolazionista di “America First”, rischi di essere messo sotto accusa dal Congresso per aver usato la forza militare senza che fosse giustificata da imminenti pericoli per la sicurezza nazionale.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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