Mentre Christo sul Lago d’Iseo insegnava al pubblico ad apprezzare l’arte camminando sull’acqua, un gruppo di anonimi e probabilmente inconsapevoli suoi proseliti a Manhattan lavorava per dar modo alla gente di scoprire l’arte camminando sotto terra. E’ così che il primo dell’anno 2017, quella che da decenni veniva promessa alla cittadinanza come una nuova linea della metropolitana, la linea Q, si è inaugurata come una specie di metromuseo dove la gente (come sul lago, dove la bellezza è offerta in ultima analisi dal contorno) si diverte estasiata dalle immagini sulle mura.
Quando si sbarca dall’ascensore o dalla scala mobile (le scale normali non esistono qui) nella stazione principale, situata sotto la Seconda Avenue all’altezza della 86ª strada, si è subito assaliti da un immenso ritratto di Philip Glass – il grande musicista newyorchese – realizzato da Chuck Close con quella sua inesplicabile tecnica per cui non si sa se il personaggio viene verso di voi o va via; un’ immagine insieme trovata e persa.
Ma è solo uno di dieci immensi ritratti di famosi artisti americani che ti accompagnano verso il treno; altri, per fare gli esempi più noti, sono l’afro-americana pittrice Kara Walker e il brookliniano pittore Alex Katz.
Una fermata più a nord, alla 96ª strada, tutte le pareti sono coperte da una sfilata di 4.300 mattonelle di ceramica con disegni astratti evocanti i detriti della vita moderna: pezzi di carta, foglie d’albero, frammenti di mobili, che sembrano trascinati da un vento esistenziale. Autrice è la sino-bostoniana Sarah Sze, lanciata dalla biennale di Venezia del 2013, una delle celebrità dell’arte mondiale.
Nella stazione inferiore della linea Q (72ª strada) si susseguono invece sui muri figure umane in mosaico di vetro di dimensioni naturali create in serie con il titolo Perfect Strangers, ossia “perfetti sconosciuti” dal fotografo-pittore brasiliano Vik Muniz. Rappresentano il fiume di gente di ogni razza, sesso, classe e età, come quello che 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 della settimana scorre per la sterminata subway newyorchese. Sono uomini (tra cui due gay che si tengono per mano)donne e bambini con pacchi, cani, palloncini e biciclette, figure così vivide e naturali che quasi le scambi per passeggeri(cosi veri che prendono vita). La folla ne è affascinata e in ogni istante sono decine quelli che, armati di telefonini, si arrestano per fotografare queste figure o per mettersele accanto in un selfie.
Ma poi in tutte queste stazioni, mura, volte, pareti, scale mobili c’è un’altra festa; dappertutto danzano le piccole sfere colorate con sopra le lettere dell’alfabeto, icone famose della sotterranea (le lettere indicano le linee), create attorno al 1965 dalla coppia di designer italiani Massimo e Lella Vignelli, lui scomparso nel 2014; immagini tanto ammirate che ne scaturì mesi fa a New York una mostra collettiva d’“arte delle palline”. Ah, nostra povera Lella, tu sei andata a raggiungere Massimo solo pochi giorni prima che si aprisse questo sotterraneo metromuseo, rinnovata celebrazione dell’opera di voi due nell’ambiente di luminose, nuove stazioni dalla slanciata architettura. Una festa che è stata anche un gesto di commemorazione di questa ultracentenearia, sterminata, ammirata, amata e odiata metropolitana di New York.
Noterella storica: la zona di Manhattan servita dalla nuova linea è la stessa su cui scorreva un tempo la “El” o ferrovia sopraelevata, squassata nel 1932 dal pugno di King Kong, abbattuta poi nel 1956 per facilitare il traffico.
Se siete o quando arriverete a New York, andrete indubbiamente a visitare queste nuove fermate della metro, ma se, come me, desiderate anche commemorare i due Vignelli, non dovrete che prendere lì il treno della Q in direzione sud e scendere dopo poche fermate alla 57ª strada. Continuando a piedi per quattro isolati, poi voltando a sinistra vi trovate al MoMA; lì le vetrine della sezione design offrono una buona selezione delle opere di Massimo e Lella.
Se poi riprenderete, sempre verso sud, la Q restandoci per tutta la sua lunga corsa e scenderete all’ultima fermata, vi troverete in riva al mare nella penisoletta di Coney Island e tra i resti di un famoso Luna Park dei primi Anni Trenta. In quell’aria carnevalesca e ridanciana aleggia tuttora un bagaglio di ricordi evocanti, quando l’incubo Trump era impensabile ancora, anni memorabili del grande passato di New York.