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February 22, 2015
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Cattedrali italiane in visita a New York, Donatello incluso

Mauro LucentinibyMauro Lucentini
La mostra Sculpture in the age of Donatello al MOBIA fino al 14 giugno

La mostra Sculpture in the age of Donatello al MOBIA fino al 14 giugno

Time: 3 mins read

 

Le cattedrali italiane sono di passaggio a New York. In testa c’è il Duomo di Milano, che si è fatto precedere da un’immensa, stupefacente fotografia esibita al Metrpolitan Museum nel quadro di una mostra retrospettiva delle opere di Thomas Struth. Il fotografo tedesco, ormai sessantenne, continua a girare il mondo catturando con obbiettivo panoramico a grande apertura l’essenza di antichi edifici che credevamo di conoscere e invece no. Così che, per esempio, ha fatto comprendere a chi scrive che la facciata gotica di una chiesa come la cattedrale di Milano può essere sentita come una cantata di Bach nella pietra, indipendentemente dalle rispettive date.

Thomas Struth, courtesy the Metropolitan Museum of Art

Foto: Thomas Struth, courtesy the Metropolitan Museum of Art

In totale coincidenza con questa presentazione sono arrivate a Manhattan due rappresentanti dell'International Patrons of Duomo di Milano, ente benefico da poco costituito con lo scopo di raccogliere fondi per la manutenzione e il restauro della cattedrale. Prendendo in prestito l’idea adopt-a-highway che ha procurato notevoli contributi privati alla manutenzione di autostrade americane, l’ente promette di dare in adozione ognuna delle guglie della cattedrale al benefattore che voglia aiutare la stessa a tenersi in buono stato. Le due signore milanesi arrivate qui per pubblicizzare l’idea, Barbara Beringieri e Federica Olivares, ne hanno avuto anche un’altra.

Essendo tutte e due le rispettive famiglie in qualche modo legate ai Promessi Sposi, la prima perchè ha ereditato la residenza di campagna di Alessandro Manzoni a Brusuglio, la seconda perchè imparentata all’epoca con il temporaneamente perfido don Rodrigo, hanno portato con sè l’attore Massimiliano Finazzer Flory (che a New York aveva già portato il suo spettacolo sul Futurismo) che davanti a un pubblico evidentemente molto scelto quanto a potenziale di benevolenza ha recitato il primo capitolo del romanzo impersonando don Abbondio. La gente si è molto divertita, occhieggiando anche un paio di svelte modelle mobilitate all’uopo dalla nota disegnatrice milano-newyorkese di alta moda Raffaella Curiel. Il tutto in una sala prestata gratuitamente da Eataly (dove sono esposte anche alcune delle guglie del Duomo di Milano), il centro gastronomico italiano nella bassa Manhattan. 

Due modelle in abiti rinascimentali (una nello stile di un famoso quadro del Caravaggio) inaugurano la manifestazione

La marchesa Beringieri ha alla fine invitato gli eventuali molto interessati in Manzoni a visitare la villa di Brusuglio che contiene tuttora una vasta documentazione manzoniana. Chi scrive è interessatissimo, essendo da sempre un ardente ammiratore del grande milanese. Facendo eccezione per il fatto, da lui mai capito, di come un così eletto e sensibile uomo, dopo aver messo a pensione la figlia tubercolosa Matilde in un villaggio presso Lucca perchè più assolato del milanese, non abbia poi mai trovato modo di andarla a trovare, nemmeno nel di lei punto di morte, e nonostante le sue disperate invocazioni.

Tornando alle cattedrali italiane, la seconda di scena in questi giorni a New York è quella di Firenze, grazie al colpo realizzato dal piccolo Museum of Biblical Art (MOBIA) di Manhattan riuscito a farsi prestare dal Museo dell’Opera del Duomo – in occasione dell'apertura di uno nuovo spazio espositivo – una  selezione di opere del primo Rinascimento che ora espone nella mostra Sculpture in the age of Donatello, aperta fino al 14 giugno. Mostra favolosa: basti pensare che contiene lo Zuccone, il rivoluzionario ritratto di marmo da molti considerato la massima opera di Donatello e che lo conferma così sprezzante delle convenienze, che qualcuno lo  ha paragonato a un Picasso al tramonto del Medioevo.

L’accordo tra i due musei è conseguito a una semplice stretta di mano a Firenze tra due monsignori, uno americano e l’altro italiano, dimostrando che un po’ di buona volontà sul piano personale può arrivare a risultati più grandi di chilometri di carta tra le burocrazie. In questo caso la decisione ultima spettava al Vaticano, proprietario di S.Maria del Fiore e relativo Museo; e forse non ha guastato che sullo sfondo ci fosse anche un Francesco, pragmatico, manzoniano e, per di più, di emisfero americano.  

 

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Mauro Lucentini

Mauro Lucentini

Sono nato e vissuto a Roma che però ho abbandonato più di mezzo secolo fa per fare il giornalista in varie parti del mondo. Ne ho tratto una specie di complesso di colpa nei confronti della mia città natale, complesso che ho un po’ alleviato scrivendo da lontano una Grande Guida di Roma, che si vende in diverse lingue in diversi paesi. A New York venni per rimanerci tre o quattro anni, invece ci incontrai la ragazza più carina e dolce del mondo così ci sono rimasto, mettendo su, come si suol dire, famiglia. Lei però, pur essendo tanto più giovane di me, è poi scomparsa come un fiorellino che muore. In questa lunga carriera, cominciata quasi da bambino, ho sempre scritto sia di politica che di arte e di questo non mi pento.

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