Ieri sera “Il traditore” di Marco Bellocchio è finalmente arrivato a New York in occasione del NY Film Festival.
La proiezione è avvenuta nella sala Alice Tully, la sala più grande del complesso del Lincoln Center (oltre 1000 posti) e quella dedicata ai film più ‘importanti’ del Festival. Sala piena di un pubblico italiano e di uno americano che qualche volta ridevano in momenti diversi, per battute diverse. Sulla scena della strage di Capaci, siamo sicuri che quelli con le lacrime agli occhi erano i nostri connazionali.
“Non pensate che questo sia un ‘genere’ di film, questo è un film sulla mafia” dice Pierfrancesco Favino nella breve introduzione al film.
La Voce di New York aveva recensito mesi fa il film qui ma anche intervistato Nicola Calì (il Riina del film) qui e Fabrizio Ferracane, nei panni di Calò qui .
Ribadiamo che il film è fatto molto bene e merita di essere visto per ripassare un pezzo di storia della mafia e anche per scoprire nuovi dettagli sul maxi -processo che Bellocchio così sapientemente riproduce.

A conclusione della proiezione, Marco Bellocchio e Pierfrancesco Favino hanno risposto a qualche domanda.
“Come mai una storia su Tommaso Buscetta”?
Marco Bellocchio: “Per me si tratta di un uomo molto interessante. Era un personaggio molto coraggioso ma che non si è mai ‘convertito’. E’ stato messo alle strette dalle circostanze, gli avversari mafiosi stavano uccidendo tutti i suoi parenti e quindi non aveva altra scelta. Eppure quando ha deciso di collaborare con il giudice Falcone lui ha voluto dire una verità. Ha voluto collaborare, non in modo completo, ma almeno senza mentire. Ovviamente ne sapeva molte di più di cose… Ma almeno quelle che sapeva sono state utilissime perché grazie a lui sono andati in carcere tanti mafiosi.”
“Moralità e lealtà – e leale con chi? Perché il concetto di lealtà è importante per il maestro Bellocchio?”
Marco Bellocchio: “Non parlerei di moralità ma di lealtà sì. Con Falcone si accordo’ di dire la verità e Falcone accettò che Buscetta arrivasse fino ad un certo punto. Buscetta per esempio non ammise mai di aver ucciso nessuno… anche se é chiaro che tutti coloro che facevano parte della mafia dovevano commettere almeno un omicidio … Come non ha mai ammesso di aver trafficato con l’eroina. La lealtà nei confronti del giudice si vede da questo: nel momento in cui decide di collaborare, anche se non gli piace di usare questo termine, tutto ciò che lui dice è vero, e ha avuto dei riscontri giudiziari.”
“Pierfrancesco, come ti sei preparato ad interpretare un personaggio del genere”?
Pierfrancesco Favino: “E’ stato un viaggio lungo ma anche affascinante. Sì affascinante perché lui era un uomo affascinante a detta di tutti, di avvocati, giudici, di tutte le persone che ho intervistato quando ho capito che leggere libri su di lui o vederlo in video non mi bastava.
Era una leggenda, ha costruito un mito intorno a se stesso…Lui diceva di essere un “soldato semplice” ma invece era un boss. Come attore è sempre bello fare la parte del cattivo, fare qualcosa che (per fortuna) nella vita vera non faresti. Ma questa è una storia di mafia e nessuno vuole essere come loro, sono solo persone orribili. Le armi qui sono vere, non è un film. Questa è la storia della mafia italiana, di gente ignorante e molto arretrata e noi non vogliamo essere come loro, io non voglio essere come loro. Buscetta era per i siciliani colui che aveva viaggiato il mondo, quando parla con Falcone, cerca di parlare al suo livello, in una lingua che è un misto di italiano e brasiliano. Buscetta per me era un attore che aveva perso il suo palcoscenico.”
“Le scene del maxi processo sono incredibili, come hai fatto a riprodurle”?
Marco Bellocchio: “Siamo stati molto fortunati perché abbiamo girato la grande scena del maxi processo nella stessa aula dove si tenne per davvero. Quindi abbiamo respirato l’aria di quel fatto così importante per la giustizia italiana. Avevamo così tanti documenti, la tv italiana ha filmato per giorni, ore e settimane. Noi lo abbiamo ‘ricreato’ ma partendo dalla realtà. Abbiamo aggiunto un carattere teatrale ma è tutto vero… i mafiosi dietro alle sbarre cercavano di ritardare, insabbiare e ostacolare il processo perché credevano che così facendo non si sarebbe mai arrivato alla sentenza. E invece quel processo e la collaborazione di Buscetta è stata di importanza estrema e Falcone lo ha sempre riconosciuto. Buscetta così intelligente ha dato mappa completa dell’organizzazione di cosa nostra che prima delle sue confessioni nessuno conosceva (“la mafia è un’invenzione della stampa” si dice nel film).”
Purtroppo la versione americana ha il sottotitolato inglese e il pubblico americano si perde le scene in dialetto siciliano, o meglio, si perde i passaggi dove la lingua usata non è un mezzo ma ha già in sé un significato.
L’ultimo applauso della serata se lo prende Favino: “Mi raccomando, non vi fate confondere le idee, l’eroe della storia è uno e si chiama Giovanni Falcone” .