Via dagli accordi di Parigi sull’ambiente. Fuori dall’UNESCO nel 2019. Via (a parole, per ora) dall’accordo sul nucleare con l’Iran. E adesso via anche dal Global Compact on Migration sull’immigrazione. Gli Stati Uniti di Donald Trump, a un anno dall’insediamento della nuova amministrazione, continuano ad allontanarsi dalle posizioni della comunità internazionale, a tranciare di netto le politiche targate Barack Obama e a isolarsi all’interno delle Nazioni Unite.
Nella serata di sabato 2 dicembre, infatti, la missione statunitense alle Nazioni Unite ha reso noto di voler riconsiderare il proprio ruolo all’interno dell’accordo internazionale coordinato dall’ONU per migliorare la gestione di migranti e rifugiati. Un patto considerato “incompatibile con le nostre politiche sull’immigrazione”, si legge in una nota a firma Nikki Haley, che ha precisato duramente: “Le nostre decisioni sull’immigrazione devono essere sempre prese dagli americani e solo dagli americani”.
America First, dunque, ancora una volta. Il patto promosso dall’ONU era stato lanciato nel corso del summit straordinario su migranti e rifugiati, nel settembre 2016. Un impegno per una “migrazione sicura, ordinata e regolare”, che aveva visto tra i principali promotori l’ex presidente statunitense Barack Obama. Un accordo che aveva visto anche l’Italia tra i primi sostenitori, perché come evidenziato anche di recente dal Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni, il Global Compact on Migration dovrebbe permettere di gettare le basi per “investire in Africa per lo sviluppo e contro le conseguenze del cambiamento climatico, stabilizzando la situazione geopolitica in Libia e combattendo i trafficanti”.
La decisione dell’amministrazione Trump arriva a poche ore dal compromesso trovato tra ONU, Italia e organizzazioni umanitarie sulla catastrofica situazione in Libia e alla vigilia del summit sul Global Compact previsto dal 4 al 6 dicembre a Puerto Vallarta, in Messico. Una decisione che spiazza le Nazioni Unite e che forse non sorprende i Paesi un tempo al fianco degli USA e ormai abituati agli strattoni dell’amministrazione Trump. Una scelta invece inevitabile per l’ambasciatrice Haley: “L’America è orgogliosa della sua eredità culturale legata all’immigrazione e della sua leadership morale nel garantire supporto ai migranti e ai rifugiati in tutto il mondo, ma solo noi decideremo come sia meglio controllare i nostri confini e a chi sarà concesso di entrare nel nostro Paese”. L’accordo ONU, conclude Haley, “non è semplicemente compatibile con la sovranità nazionale statunitense”.
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