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Libia: l’ONU attacca e Alfano si difende, ma la tratta degli schiavi continua

Il duro attacco dell'Alto commissario al-Hussein sull'accordo tra UE e Libia, sui migranti, complica il ritorno all'ONU del Ministro degli Esteri italiano

Davide MamonebyDavide Mamone
Libia: l’ONU attacca e Alfano si difende, ma la tratta degli schiavi continua

Un'immagine dal centro di detenzione di Tariq al-Sikka, a Tripoli (Foto UNHCR/Iason Foounten)

Time: 3 mins read

La collaborazione tra Unione Europea e la Libia per la gestione dei flussi migratori dall’Africa è “disumana”. Non ha usato troppi giri di parole, lunedì 14 novembre, l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, il principe giordano Zeid Rad al-Hussein, che perentorio ha attaccato la strada tracciata dal vecchio Continente per ottenere la diminuzione del numero degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo: “La politica dell’Unione Europea di assistere la guardia costiera libica nell’intercettare e respingere i migranti è disumana”, ha infatti detto in una nota al-Hussein, aggiungendo che “la sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”.

L’Alto commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra’ad al-Hussein (Foto ONU)

Per le Nazioni Unite la situazione in Libia è ormai “catastrofica” e in netto peggioramento da quando è stato messo in pratica il nuovo accordo tra Europa e Libia. Non è la prima volta, che l’ONU attraverso le sue agenzie lancia l’allarme. E spesso il destinatario dei moniti giunti dalle Nazioni Unite è stata proprio l’Italia, prima protagonista europea dell’accordo sui migranti con la Libia. In questo contesto, continua ancora al-Hussein, “la comunità internazionale non può continuare a chiudere gli occhi sugli orrori inimmaginabili sopportati dai migranti in Libia e pretendere che la situazione possa progredire solo migliorando le condizioni di detenzione”.

Un centro di detenzione, in Libia (Foto da: catt.ch)

Le parole dell’Alto commissario sono state durissime. Seguono quelle, pronunciate a giugno, del Segretario Generale Antonio Guterres quando aveva detto alla Voce di New York che l’Italia era a rischio violazione del diritto internazionale a causa dell’accordo con la Libia. E giungono con una tempistica non casuale, per più di una ragione. È recente infatti la testimonianza di sette migranti usciti vivi e per miracolo dal Ghetto di Sabha, uno dei tanti campi dell’orrore in terra libica. Migranti che hanno raccontato, alle autorità, le atrocità vissute sulla loro pelle e viste con i loro occhi. Così come è recente il reportage pubblicato da CNN che mostra esplicitamente, in video, come funziona la tratta degli schiavi del terzo millennio: un filmato da brividi girato in Libia ad agosto 2017, nel quale giovani ragazzi vengono venduti all’asta con prezzi che arrivano fino a 1200 dinari libici (circa 800 dollari americani).

Il Ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano,
in uno stakeout durante la 72esima Assemblea Generale (foto VNY/D.M.)

Non solo. L’attacco dell’ONU per bocca di Zeid Rad al-Hussein arriva anche a una manciata d’ore dal ritorno, proprio al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, del Ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano. Che nella giornata di martedì 15 novembre ha difeso l’operato del suo Governo: “Sin dal primo momento l’Italia ha posto in tutte le sedi il problema delle condizioni umanitarie dei centri di accoglienza in Libia. Lo ha fatto d’intesa con l’Unione Europea e sollecitando anche le agenzie delle Nazioni Unite a operare e a lavorare in questa direzione in Libia”. Al Palazzo di Vetro, Alfano parteciperà mercoledì 16 novembre a un Consiglio di Sicurezza mattutino, nel quale interverrà anche l’inviato speciale ONU Ghassan Salamé. Un’occasione nella quale Alfano parlerà alla stampa, nel corso di uno stakeout successivo al Consiglio di Sicurezza, forse per ribadire quanto in realtà il Ministro degli Esteri ha già ribadito: “Sono mesi che chiediamo a tutti i player coinvolti di moltiplicare l’impegno e gli sforzi in Libia per assicurare condizioni accettabili e dignitose alle persone presenti nei centri di accoglienza”, ha ricordato Alfano. “In questo senso l’Italia sta sostenendo, anche finanziariamente, l’iniziativa di UNHCR e OIM che stanno operando in Libia, pur sapendo che la Libia non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra”.

Ora però, dopo fiumi di sangue in Libia e fiumi di parole in Europa, sembra sia giunto il momento, improrogabile, di passare ai fatti. Un bisogno che in realtà si sente già da mesi. Quando lo scorso settembre Filippo Grandi giunse all’ONU, infatti, a una domanda della Voce, rispose che l’UNHCR si trovava già in Libia e che era pronta a intervenire sempre più efficacemente per garantire, in quei campi che tante volte vengono opportunamente paragonati a lager, il rispetto dei diritti umani. E lo stesso aveva confermato il Ministro degli Esteri Angelino Alfano, che nel corso dell’Assemblea Generale aveva fatto capire che la questione sarebbe stata affrontata a stretto giro. A tre mesi di distanza, però, nulla è cambiato. La condanna dell’ONU è rimasta, la situazione in Libia è degenerata e l’Europa, timida, si è limitata a promettere la solita svolta mai avvenuta: “L’Unione è decisa a chiudere i campi in Libia” perché “la situazione è inaccettabile”, ha risposto un portavoce della UE all’Alto commissario ONU al-Hussein, evidenziando: “L’UE si confronta regolarmente con le autorità locali”, affinché “i centri rispettino gli standard umanitari”. Un’accortezza questa che però, viste le testimonianze shock che continuano a giungere dalla Libia, sembra non essere sufficiente. Mentre i diritti umani, giorno dopo giorno, sono sempre più calpestati.

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Davide Mamone

Davide Mamone

Davide Mamone è un giornalista freelance di base a New York. Cresciuto a Milano, di origini palermitane, collabora con Radio Popolare, ha scritto reportage per testate italiane come L'Espresso, Panorama e InsideOver e per testate americane come Market Watch del gruppo Dow Jones Newswires. Ha coperto le Nazioni Unite per La Voce di New York.

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