Il Segretario di Stato Rex Tillerson interviene al Consiglio di Sicurezza sul pericolo delle armi nucleari, cita l’eroico caso di Stanislav Petrov, “l’uomo che ha salvato il mondo”, ma trova nelle Nazioni Unite un luogo in cui sentirsi solo, forse più che a Washington. Nella settimana dell’Assemblea Generale, nel pieno di una crisi diplomatica sempre più profonda tra Stati Uniti e Nord Corea, dopo le parole di Donald Trump e la risposta di Kim Jong Un, il Consiglio di Sicurezza ONU si è riunito giovedì 21 settembre al Palazzo di Vetro su un tema delicato. Proprio mentre Pyongyang, su parola del dittatore Kim, dava del “vecchio rimbambito” a Trump, il Segretario di Stato Tillerson, nel corso di un discorso pragmatico, politicamente corretto e concreto, ha parlato in un’aula macchiata da due grandi assenti: il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e l’ambasciatrice USA, Nikki Haley.
Eh sì che Tillerson, nel suo intervento, ha dedicato più di un passaggio alla Russia. Prima ricordando il caso di Stanislav Petrov, il militare sovietico russo che il 26 settembre 1983 salvò il pianeta dall’olocausto nucleare, riconoscendo un falso allarme dei computer russi su un lancio di missili USA che non si erano mai verificati: “Petrov riconobbe l’errore e decise di non rispondere a un fuoco nucleare che non c’era: lo avesse fatto, le conseguenze sarebbero state tragiche”. Secondo Tillerson Petrov è stato “un esempio che deve servire da monito per le crisi del futuro, perché è un episodio che ci mostra quanto sia precario l’equilibrio quando si parla di armi nucleari”.
In questo scenario, Tillerson ha evidenziato che proprio nell’esempio di Petrov, oggi, la comunità internazionale deve operare per uscire dalla crisi missilistica, anche in Nord Corea. Ed è qui che è arrivato il secondo riferimento alla Russia. Un riferimento che sa, però, di monito: “Washington e Mosca hanno già lavorato assieme durante la Guerra Fredda e devono tornare a farlo”, ha detto. Anche perché “Stati Uniti e Russia, come primi possessori di armi nucleari devono condividere le responsabilità di gestione di questa situazione”. Una situazione delicata in cui anche “la Cina ha un ruolo fondamentale”, un ruolo che però, per il numero di passaggi dedicati nell’intervento e per l’attenzione data in aula, vede Pechino in secondo piano rispetto alla Russia, almeno nel Tillerson-pensiero.
Tutte queste parole sono state pronunciate davanti ai Ministri degli Esteri dei Paesi presenti al Consiglio di Sicurezza oggi. Ma non davanti a quello della Russia, Sergej Lavrov, tanto atteso quanto assente, probabilmente impegnato in altri incontri istituzionali. E la posizione di Rex Tillerson sul fronte nord-coreano e sui pericoli relativi al nucleare è arrivata al Palazzo di Vetro senza che al Palazzo di Vetro stesso ci fosse la sua “padrona di casa” per gli Stati Uniti: Nikki Haley, assente “giustificata” per una conferenza stampa che l’ha vista protagonista a New York. Un’assenza che però appare diplomaticamente sgarbata e che alimenta le voci delle ultime settimane che danno un Rex Tillerson sempre più isolato nel suo Dipartimento di Stato, a rischio licenziamento da un momento all’altro e con sempre meno peso all’interno dell’amministrazione Trump. E, nell’eventualità, persino sostituito dalla stessa Haley.
Mentre il presidente USA continua a litigare con il mondo, su Corea del Nord e Iran in particolare, proprio su questi due fronti l’Italia si è dimostrata su posizioni lontane rispetto a Donald Trump. Perché, come spiegato dal Ministro degli Esteri Angelino Alfano, l’Italia pone una profonda differenza tra la situazione nord-coreana e quella iraniana: “La Nord Corea è una crisi enorme, per la quale la comunità internazionale deve stare unita e ferma per garantire la pace”, ha detto il Ministro, evidenziando l’importanza delle sanzioni (“Dobbiamo assicurarci che abbiano impatto, pur evitando ogni conseguenza negativa dal punto di vista umanitario”) e la differenza con l’Iran, dove le sanzioni hanno avuto effetto: “L’accordo sul nucleare ha permesso di porre limiti al programma nucleare di Teheran: un buon esempio di come usare le sanzioni. Ora dobbiamo continuare a controllare il patto”, ha detto Alfano. Un patto da cui gli Stati Uniti stanno pensando di uscire ma che, al momento, sembrerebbe essere rispettato.