“Il futuro dell’Europa si gioca in Africa”. In un discorso pacato, cadenzato, di una ventina di minuti, il primo ministro Paolo Gentiloni è intervenuto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con uno sguardo al futuro e la volontà di tenere saldi il valore del presente: dall’idea di costruire delle “società democratiche, pluraliste, inclusive e aperte alla diversità”, al mantenimento di punti-cardine culturali come la “pace, la sostenibilità e il multilateralismo”, fino alla necessità di affrontare “in modo globale il fenomeno dell’immigrazione”. Ha parlato in italiano, pur conoscendo benissimo la lingua inglese, per una scelta ben precisa: far risuonare la lingua di Dante, approfittando del fatto che in questa occasione l’Assemblea Generale provvede alla traduzione simultanea delle sei lingue ufficiali dell’ONU.
Gentiloni nel suo intervento ha prima difeso il concetto d’Europa: “Negli ultimi due anni l’Unione Europea è stata costretta ad abbandonare il suo ambiente “in atmosfera controllata” per misurarsi con alcune delle sfide maggiori emerse dal dopoguerra ad oggi – ha sottolineato. Non è stato facile, ma non è stato l’inizio della fine, come invece si temeva, quanto piuttosto l’occasione per un richiamo collettivo, molto forte, sul senso dello stare insieme all’interno del progetto europeo”. E oggi, in effetti, per il primo ministro la situazione è diversa: “Sono profondamente convinto nell’affermare che esiste un nuovo slancio europeo, che l’Italia non solo condivide, ma promuove attivamente”.
Poi, ha evidenziato come sull’immigrazione ci sia bisogno di una risposta globale al fenomeno migratorio: “La nostra proposta per affrontare congiuntamente il fenomeno migratorio sul piano globale si basa su tre principali azioni: “investing”, “protecting” e “valuing”. ‘Investire’ nel sostegno ai Paesi di origine e transito, ‘proteggere’ i rifugiati e i migranti più vulnerabili, ‘valorizzare’ i molti aspetti positivi e le opportunità derivanti dalle migrazioni”. Principi che per il premier devono essere garantiti da una “responsabilità condivisa e sproporzionata: noi siamo a favore e stiamo partecipando attivamente al negoziato che condurrà all’adozione in ambito Nazioni Unite del Global Compacts”.
In questo contesto, “il futuro dell’Europa è in Africa”, perché “investendo in Africa che si affrontano anche le cause profonde delle migrazioni, in primis le disuguaglianze economiche e demografiche”. Come in Libia, ad esempio, “il tassello fondamentale per restituire al Mediterraneo Centrale il proprio ruolo storico di motore di civiltà, pace e sicurezza. La sua stabilizzazione è un obiettivo prioritario, che dobbiamo raggiungere attraverso un dialogo inclusivo, nel quadro dell’Accordo Politico, rifiutando qualunque velleitaria ipotesi di soluzione militare”. Una prospettiva in cui “l’Italia è in prima fila in questo impegno e nel sostegno all’azione delle Nazioni Unite e al rafforzamento della loro presenza in Libia, perseguito con determinazione dal Segretario Generale Guterres e dal Rappresentante Speciale Salamè”. Grazie al cui lavoro, forse, sarà possibile indire al più presto ma con le giuste modalità “nuove elezioni politiche, per garantire la stabilità”.
Se il fronte africano è stato al centro del discorso portato all’ONU da Gentiloni, non sono mancati riferimenti su altri due grandi fronti. Da un lato il Venezuela, “la situazione senza precedenti venutasi a creare richiede una risposta ferma e coesa della comunità internazionale”. Dall’altro la Corea del Nord, per la quale “le ripetute violazioni delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza pongono una chiara minaccia alla sicurezza regionale ed internazionale ed una sfida al regime globale di non proliferazione e al sistema delle Nazioni Unite”. Nazioni Unite che comunque, con l’ultima risoluzione votata l’11 settembre 2017, ha raggiunto un “obiettivo positivo con l’inasprimento delle sanzioni: si deve garantire però l’attuazione delle stesse”.
In chiusura di intervento, Paolo Gentiloni ha affrontato due ulteriori grandi topic, quelli relativi all’Iran e al cambiamento climatico. Fronti sui quali il premier italiano ha mostrato posizioni lontane, ad esempio, rispetto agli Stati Uniti di Donald Trump. Sull’accordo sul nucleare, Gentiloni ha evidenziato “che la comunità internazionale debba assicurare che il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPoA) rimanga una storia di successo nell’ambito degli sforzi globali di contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa. Allo stesso tempo, siamo convinti dell’importanza di una piena e integrale applicazione della Risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza”. Mentre sul Climate Change, Gentiloni ha ulteriormente supportato le posizioni di Antonio Guterres e ha evidenziato la necessità di “agire ora perché il problema è attuale e le conseguenze le stiamo già vivendo: gli accordi di Parigi sono accordi che abbiamo fatto insieme e dobbiamo seguirli”.