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25 Aprile a New York: i valori di “Libertà e Bellezza” sono sinonimi dell’antifascismo

All'Istituto Italiano di Cultura La Voce di New York festeggia il suo anniversario e consegna il premio giornalistico: la data non è una coincidenza

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
La Bellezza, oggi, è la vera notizia

Disegno "Liberty Meets Beauty" di Antonio Giambanco

Time: 5 mins read

Questa è la sesta volta che il 25 Aprile, festa della Libertà (sì, certo, anche Liberazione dai fascio-nazi, appunto, libertà) noi della Voce di New York con orgoglio celebriamo in questa meravigliosa città anche il nostro anniversario. Siamo così “cool”, si direbbe a New York, anche per essere il giornale italiano all’estero nato nel giorno in cui si celebra la libertà ritrovata degli italiani, dopo quel ventennio di fascismo col colpo di coda finale dell’occupazione nazista. E noi della Voce di New York, adulatori del “Liberty Meets Beauty”, ci sentiamo così in sintonia con i forti sentimenti antifascisti e anti-autoritari che sono alla base dei valori della Costituzione repubblicana, nata dal riscatto e dell’onore ritrovato, grazie anche ai combattimenti dei partigiani a fianco degli Alleati.

Ma mentre ci prepariamo stasera a festeggiare come si deve il 25 aprile, che è appunto anche il nostro compleanno, nella prestigiosissima sede dell’Istituto Italiano di Cultura a Park Avenue, diretto da Giorgio Van Straten –  che calorosamente ringraziamo per averci messo nelle condizioni di celebrare al meglio questa data  a New York –  e a celebrare la seconda edizione del premio giornalistico “Liberty Meets Beauty VNY Award” vinto dalla bravissima Gaia Pianigiani del New York Times, sentiamo forti gli echi delle polemiche che dall’Italia rimbalzano fino ai grattacieli di Manhattan, polemiche accese da chi pretende di “riscrivere” a suo piacimento questa storia di riscatto.

Coloro che anche quest’anno ci provano,  lo fanno ripetendo le solite filastrocche. Non ci va di festeggiarla perché è una festa “divisoria”, perché la sinistra (anzi i “comunisti”) se ne appropriano e la strumentalizzano… Perché i partigiani commisero tante atrocità… Perché in fondo in fondo, Mussolini fino all’alleanza con Hitler, aveva fatto tanto per l’Italia…

Questi italiani “sminuisti” del 25 aprile, da quattro gatti che erano per molti anni, sbalorditivamente sono diventati un grande branco  di lupi feroci, e col tipico atteggiamento di chi sale sul carro dei successi elettorali e di sondaggi del loro capitano dell’”abbasso il 25 aprile”, il ministro degli Interni Matteo Salvini, ora si sentono forti e di colpo coraggiosi nell’andare addosso ai valori della Resistenza.

Insomma, questo branco di leghisti in camicia verde che, da separatisti che erano, si fan chiamare “sovranisti” e vanno a braccetto con i neo-fascio-nazionalisti in camicia nera (quella che non si tolgono neanche quando dormono), vorrebbero farci sentire “in colpa” anche qui a New York, per continuare a voler festeggiare come si deve il 25 aprile. E vorrebbero imporre una realtà al contrario, in cui si dovrebbe  andar fieri di coloro che avevano torto marcio mentre di chi aveva ragione ce ne dovremmo vergognare.

Insomma, davanti alla “fake” realtà che il presidente Donald Trump sta da tre anni cercando di creare qui in America, come quando equiparava i neo nazi suprematisti bianchi di Charlottesville ai manifestanti contro le statue dei confederati, ecco che i Salvini boys vorrebbero fare lo stesso con una festa che, secondo loro, non serve più. Questo perché sarebbe solo rivolta al passato e non al futuro, perché a che servirebbe celebrare la cacciata dei criminali che portarono, dopo un ventennio in cui le libertà civili erano state cancellate e persino le leggi razziali erano state approvate e messe in atto,  l’Italia al disastro totale della guerra? Già, a che serve conoscerlo questo passato… A che servirebbe? Eccome che servirebbe conoscerlo, proprio per rinsavire gli italiani e cacciare con l’urna elettorale chi, nel paese degli smemorati, si atteggia a ducetto, e che si fa fotografare col fucile d’assalto, ovviamente come il duce di una volta, sempre lesto alla persecuzione dei più deboli, oggi chiamati migranti, accusati di tutti i mali della società….

Bene, oggi noi a New York, mentre all’Istituto Italiano di Cultura premieremo una bravissima giornalista italiana che lavora per il giornale più importante del mondo, ribadiremo la Resistenza contro chi, da posizioni per giunta di grande responsabilità, non riesce il 25 aprile a distinguere in maniera netta e inequivocabile tra chi aveva ragione e chi torto marcio, tra partigiani e fascisti. Ora, cercare di comprendere “le ragioni” (nel senso dell’amor di patria) di qualche giovane di Salò sbandato (alla Mirko Tremaglia per intenderci) è una cosa, altra è equiparare le ragioni dei “rossi, bianchi e verdi” (i partigiani non erano solo comunisti o  socialisti, ma anche democristiani e del Partito d’Azione) ai torti dei neri repubblichini dell’ormai zombi Mussolini.

Dicono, questi che accusano il 25 aprile di essere una festa scomoda, che tanto c’è poi la Festa della Repubblica del 2 giugno, così tanto “istituzionalmente” festeggiata nelle sedi all’estero dell’Italia, a differenza della festa della libertà. Infatti, che senso avrebbe festeggiare la Repubblica senza capire da dove arriva? Quali valori condivisi avevano coloro che riuscirono a mettere insieme la Costituzione del 1948?  Quelli che videro appunto per la prima volta in piazza, alla fine dell’aprile del 1945, comunisti, democristiani e laici, uniti dall’antifascismo, valore che si traduce con libertà.

E Piazzale Loreto? Come abbiamo già scritto, fu una grave vergogna, anche perché, oltre a calpestare i diritti umani degli sconfitti, soprattutto mirava a “discolpare” gli italiani delle loro complicità con un regime fascista che avevano sostenuto troppo a lungo. Ma fu la Resistenza partigiana nei combattimenti a fianco degli Alleati a riscattare l’onore dell’Italia. Il 25 aprile quindi serve anche a ribadire che il futuro migliore per la nostra Repubblica, quella che nacque da un paese in ginocchio e lo portò fino a farlo diventare uno dei paesi più moderni e sviluppati del mondo, si alimenta del valore condiviso dell’antifascismo, che ora in molti, troppi direi, vogliono sminuire.

Per fortuna che al Quirinale abbiamo il Presidente Sergio Mattarella, che finora vigila, con parole forti e chiare. Per fortuna che nella Costituzione repubblicana e antifascista, infatti, il capo delle forze armate resta il capo dello Stato. Ricordatelo soprattutto a Salvini.

Intanto noi, qui a New York, festeggeremo come si deve il 25 aprile sempre con questi nostri valori, della  “Libertà che incontra la Bellezza”, del “Liberty Meets Beauty”, che, nel rappresentarci così tanto l’incontro tra l’America e l’Italia, hanno anche un altro pregio: sono per noi sinonimi dell’Antifascismo, della Resistenza, della Libertà.

 

AGGIORNAMENTO. A poche ore dalla pubblicazione di questo articolo, abbiamo letto delle dichiarazioni del Ministro degli Interni Matteo Salvini, che il 25 aprile ha scelto di andare ad inaugurare un commissariato di polizia a Corleone, in Sicilia. Durante le domande specifiche di alcuni giornalisti sulla festa del 25 aprile, a Salvini è stato chiesto “L’Antifascismo per lei è un valore fondante?”, la risposta del ministro degli Interni è stata: “Si”. E alla domanda “L’Olocausto è il crimine più grande della storia?”. La risposta di Salvini è stata: “Mi stupisce pure che me lo chieda”. Siamo contenti delle risposte, e verrebbe anche da dire finalmente! Ma non siamo per niente stupiti del fatto che oggi, 25 aprile 2019, queste domande debbano essere fatte al Ministro degli Interni e vicepremier della Repubblica. 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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