"Sono venuto a New York a 33 anni e non me ne pento! Non ho mai pensato di tornare in Italia.” Simone Ferraresi, 41 anni, insegnante di pianoforte e compositore vive e lavora da otto anni a New York ed è diventato residente permanente ottenendo la tanto ambita Green Card. Ci siamo incontrati in uno Starbucks nell’Upper West Side e tra la folla ci siamo riconosciuti subito. Seduti davanti a un caffè, Simone ha iniziato a raccontarsi.
"Felice colui che ha trovato il suo lavoro; non chieda altra felicità". Thomas Carlyle
La storia di Simone è la storia di un ragazzo con un desiderio molto semplice: poter lavorare in Italia. Solo che talvolta la ricerca continua di un lavoro senza mai trovarlo può portare a frustrazione, scoraggiamento e rancore. Simone in Italia le ha provate tutte per vivere della sua passione: la musica. Il precariato gli sembrava una condizione normale anche se lui non voleva arrendersi. Finché nell’estate 2005 decise di volare Oltreoceano per distrarsi un po’ dalla delusione di non ricevere risposte ai suoi Cv. Con la determinazione e nel cuore la speranza che qualcosa potesse cambiare ha fatto i bagagli. Arrivato a New York, Simone iniziò ad inviare Curriculum e stranamente, a differenza che in Italia, inviandoli semplicemente a “info@” riceveva risposte, iniziò a ottenere colloqui e conquistò il suo primo lavoro in una scuola di musica privata di Brookly. Fu quella stessa scuola a permettergli di fare il visto. Aveva 33 anni.
Da quel giorno Simone non vede più la via del precariato italiano. La sua carriera è stata tutta in salita. Insegna tutt’ora pianoforte nella scuola di Brooklyn, compone musica e si esibisce in concerti. Oggi ha 41 anni ed è entusiasta della sua scelta anche se all’inizio è stato faticoso.
“All'inizio guadagnavo molto poco. Ma dopo dodici anni di frustrazioni in Italia, é impossibile tornare indietro. Nonostante i pochi soldi iniziali, ero felicissimo perché avevo un lavoro ed ero a New York. Comunque alla fine del mese riuscivo a cavarmela. Per fortuna, dopo ho trovato altre opportunità ed é andato tutto bene. Infatti la mia situazione è migliorata di anno in anno. Quando sono arrivato a NY abitavo in una camera molto piccola e condividevo l'appartamento con altre due persone. Non avrei immaginato che mi sarei potuto permettere la casa dove abito ora, nell'Upper East Side, dove ci sono gli affitti più cari di New York”.
Anni senza lavoro aiutano ad apprezzare l’arrivo di un’occupazione anche se inizialmente poco retribuita. Simone, inguaribile ottimista, andava avanti nonostante tutto, tanto da non ricordare neppure le difficoltà che ha dovuto affrontare. “Non mi ricordo sinceramente. Credo che ci sia stato un periodo un po’ meno bello. Mi ricordo che non guadagnavo molti soldi ma ero contento. Non so come ho superato le difficoltà. Evidentemente non erano così enormi. Non penso di aver mai avuto la sensazione di dover superare un ostacolo. In Italia, invece, sempre! Avevo continuamente la sensazione di non riuscire ad oltrepassare lo scoglio di trovare lavoro. Questa é proprio una cosa che non ho mai risolto in Italia. Un Paese che non mi ha dato tanto”.
"Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle". Denis Waitley
Invece New York gli ha ridato la dignità come uomo e professionista dandogli la possibilità di esprimere il suo talento, comunicare liberamente le sue emozioni nella musica e insegnare pianoforte a piccoli futuri musicisti. Simone, che ha appena pubblicato il suo
Simone Ferraresi plays Beethoven and Chopin (qui a lato la copertina), spiega come la Big Apple lo abbia aiutato a crescere come persona. “Venendo da una città piccola come Ferrara vivere a New York é stato come aprire gli occhi sul mondo. NY é la città internazionale per eccellenza. Ci sono tantissime possibilità e questo ti dà lo stimolo sufficiente per trovare lavoro e nuove opportunità. Allo stesso tempo ti apre la mente”.
"Che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione". Henry Ford
Simone si ritiene fortunato perché non ha mai avuto problemi per l’immigrazione tanto che ora ha la Green Card. “Forse il mio é un caso un po’ speciale perché chi viene a New York ha vita più dura per ottenere un visto e magari non riuscendo a ottenerlo torna in Italia. Per rimanere qui è anche una questione di atteggiamento. Devi essere estremamente positivo e soprattutto devi aver la volontà di rimanere. Se vieni insicuro come persona è normale che sia dura. Invece non é che sia difficile, è l’insicurezza interiore della persona che porta a vedere fuori le difficoltà.
Otto anni a New York hanno insegnato molto a Simone soprattutto a destreggiarsi con i visti. E di questa sua abilità ha fatto un hobby, creando un sito ad hoc www.artistitalianinamerica.com dove da suggerimenti e aiuta chi ne avesse bisogno a compilare la domanda per il visto: “Aiuto le persone a capire qual è il visto più idoneo alla propria situazione. Compilare una domanda di visto lavorativo é relativamente semplice, la cosa difficile é trovare un datore di lavoro. Questo é lo scoglio! Intanto io ti dico come si compila la domanda. Poi non é detto che il visto ti venga approvato, ma intanto uno ci prova”.
"Ci sono due cose che non tornano mai indietro: una freccia scagliata e un'occasione perduta". Jim Rohn
La magia di New York per Simone è data dalle persone “sono le persone che vengono da fuori che rendono NY speciale. Questo é il fascino di NY. Non é solo la gente americana che rende speciale la città, sono anche le persone che arrivano da altri Paesi a contribuire col loro talento e rendere NY impareggiabile”. Si sente energia ovunque. Camminando per le strade, nei negozi, nella metropolitana. Proprio qui Simone trova il suo luogo di riflessione “la metropolitana é un luogo di meditazione” perché viaggi sulle rotaie per lungo tempo e puoi estraniarti dal resto del mondo. Muovendosi, riflette sulla città e mi racconta cosa non gli piace “qui c'é il problema della ghettizzazione. Ci sono i quartieri dei bianchi, dei neri e dei latinoamericani. Sono ben marcate queste differenze e gli affitti e gli stipendi riflettono questa differenza. Nei quartieri neri l'affitto é la metà perché il reddito é inferiore. I neri guadagnano molto meno dei bianchi. Forse questo è uno dei lati negativi della società americana che non riesco ad accettare”.
Oggi Simone è un uomo realizzato che sta vivendo il suo American Dream “sono a NY, abito in un quartiere meraviglioso, faccio quello che amo. Cosa posso volere di piú?”