C’eravamo illusi. C’eravamo illusi che il Presidente del Consiglio Enrico Letta avrebbe saputo dare all’Italia “la” scossa. Ma la scossa non c’è stata, forse mai arriverà. Eppure era partito bene questo signore che ha un suo “cachet”, questo signore che “non” è uno dei tanti uomini politici vestiti a festa… Scusate lo snobismo, ma si vede che lui è uno nato “con giacca e cravatta”. La delusione, perciò, è ancora maggiore.
Era partito benissimo con un piano di “tagli” proprio dove i “tagli” sono sacrosanti: all’interno della classe politica, all’interno del Senato e della Camera, laddove agi e privilegi rappresentano un insulto, un’offesa a una Nazione piegata in due, a un Paese sul quale grava una disoccupazione giovanile che si va cronicizzando. Un oltraggio ai milioni di Italiani, come sempre abbiamo sottolineato, che da soli non ce la fanno: non possono farcela sotto il peso dell’inflazione reale (che non è quella indicata da fonti ufficiali), sotto il macigno chiamato Euro, impoveriti, dissanguati dal “mostro” di nome Euro. Questi annunciatissimi “tagli” al corpo d’una classe politica arroccata intorno ai “forzieri”, sono rimasti – a quanto ci risulta – lettera morta. Con sommo e volgare gaudio, s’intende, dei “simpaticoni alla mano” (!), dei “simpaticoni vestiti a festa”.
Era partito benissimo quando, lo scorso maggio, se non andiamo errati, dichiarò all’Italia e al resto del mondo che qualora la Unione Europea desse agli italiani la sensazione d’essere nemica degli italiani, allora si creerebbe, nelle sue testuali parole, “un problema democratico”. Dal dopoguerra in poi, nessun esponente politico italiano aveva messo insieme questo sostantivo e questo aggettivo: “problema democratico”, appunto. Del “problema democratico”, ci pare che Enrico Letta più non parli. La Ue non fa sconti. La Ue prosegue sulla propria strada, la strada che conduce alla fine dell’Europa. Già è morta l’Europa che conoscevamo da ragazzi mezzo secolo fa e che era un serbatoio di grandi energie intellettuali, artistiche, fisiche.
Il Presidente del Consiglio ci ha ancor più delusi la scorsa settimana, comunicandoci che si trova allo studio un piano di privatizzazioni piuttosto estese poiché, a parer suo, è di questo che ha bisogno il Paese. Ma stiamo scherzando? L’esperienza ci dimostra in modo fatalmente brutale che l’impoverimento della Nazione negli ultimi vent’anni è stato provocato, oltre che dalla Ue, proprio dalle privatizzazioni ideate e concesse con raccapricciante leggerezza per i guadagni sempre più ingenti di pochi, per il depauperamento di molti: dei tanti italiani ingannati, presi giro e perciò sfruttati da questo neo-liberismo senz’anima, senza il senso dello Stato. L’esperienza ci dimostra la fallimentarietà del sistema attuale. Un’associazione di saggi nella circostanza deciderebbe d’invertire la rotta. Punterebbe sulle nazionalizzazioni, su una formula che restituirebbe salute e vigore allo Stato Italiano. Ma nossignori, si marcia spediti verso il disastro. Tempo dieci anni in Italia la ricchezza verrà concentrata nelle mani di due o tre milioni di individui: per tutti gli altri la vita sarà abbastanza simile a un “percorso di guerra”.
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