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February 8, 2021
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Al Senato inizia il processo d’impeachment a Trump e se il voto sarà segreto….

Non era mai avvenuto che un presidente - ora ex - finisse per due volte a giudizio del Congresso; servono 17 repubblicani per la condanna e finora non ci sono

Massimo JausbyMassimo Jaus
Trump indietro nei sondaggi continua a scompigliare la fiducia nel sistema elettorale

Donald Trump (Illustration by Antonella Martino)

Time: 6 mins read

Domani parte il secondo impeachment di Donald Trump. Un avvenimento storico: nessun presidente è mai stato messo sotto impeachment per due volte e nessun presidente è mai andato sotto processo dopo che già aveva lasciato la Casa Bianca.  I democratici hanno bisogno dei voti di 17 repubblicani per condannarlo, impresa difficilissima e molto probabilmente anche questo secondo impeachment si concluderà con un nulla di fatto come un anno fa dopo il suo primo processo di impeachment che lo vedeva imputato di estorsione nei confronti dell’Ucraina per aver bloccato il rilascio dei fondi già approvati dal Congresso fintanto che il presidente ucraino non avesse trovato prove per danneggiare politicamente Biden.  Trump questa è stavolta accusato di “istigazione all’insurrezione”, per le incendiarie dichiarazioni fatte prima dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio scorso, mentre il Congresso stava ratificando la vittoria elettorale di Joe Biden. Negli scontri hanno perso la vita cinque persone.

I giurati saranno i 100 senatori e starà a loro decidere se l’ex presidente sia  colpevole o meno di aver incitato la rivolta. E il Senato è composto da 50 democratici e 50 repubblicani. Per una eventuale condanna, per la quale serve il voto dei due terzi dei senatori, i democratici dovranno cercare di convincere appunto almeno 17 repubblicani ad unirsi a loro.

L’accusa è condotta da sette congressmen, chiamati “impeachment managers”, capeggiati da Jamie Raskin, deputato del Maryland, avvocato, costituzionalista professore all’American University di Washington che alla Camera dei Rappresentanti presiede la Commissione sui diritti civili.

Le regole ancora non sono state rese note. Oggi c’è un incontro tra il leader della maggioranza democratica Chuck Schumer e il leader della minoranza repubblicana Mitch McConnell per definirle. La più importante di tutte è stabilire se il voto sarà segreto o palese. Per farlo in segreto basterebbe un voto al Senato con la maggioranza semplice. E questo è ora uno dei punti fondamentali dell’impeachment perché se il voto sarà segreto le cose possono cambiare.  L’ex senatore Jeff Flake ha detto che ci sono almeno 35 senatori repubblicani che vorrebbero votare per la colpevolezza del presidente.

Tutto lascia credere che saranno chiamati pochi testimoni, poiché la maggior parte dei senatori sono stati spettatori oculari dei drammatici avvenimenti. Si ritiene che i sette manager  faranno una presentazione breve e con molti video, per ricreare, per quanto possibile, la furia dell’assalto e farlo “rivivere” a tutti i colleghi che quel giorno lo hanno vissuto. E poi i video in cui l’ex presidente incita i suoi sostenitori a respingere l’esito elettorale, aiutato nel suo intento anche da Roger Stone, che Trump ha perdonato prima di lasciare la Casa Bianca. Stone ha formato il movimento “Stop the Steal” per aizzare i simpatizzanti del presidente a rifiutare il risultato delle elezioni. In un video si vede Roger Stone ripreso alcuni giorni prima dell’assalto insieme ai leader dei “Proud Boys”, il gruppo estremista armato elogiato dal presidente che in Canada è stato dichiarato come una compagine terroristica.  I “Proud Boys, con altri gruppi di estremisti armati, sono ritenuti gli esecutori organizzati che hanno guidato l’arrembaggio al Campidoglio.

L’accusa punterà anche sulle immagini riprese mentre Trump pronuncia le roventi parole davanti al Congresso minuti prima che venisse preso d’assalto dai partecipanti al suo comizio. Altri video pure sulle sue ripetute bugie dette sulla vittoria di Biden ottenuta con i brogli elettorali. Bugie raccontate per mesi con l’intento di contestare il risultato elettorale del 3 novembre e di aizzare i suoi sostenitori a rifiutarne l’esito. Per l’accusa un crescendo di bugie imbottite di velenosa retorica esplosa in violenza dopo il suo ultimo comizio.

La difesa, afferma Cnn, sarà tecnica, sostenendo che il Senato “non ha giurisdizione” per giudicare un ex presidente dopo che ha lasciato l’incarico perché la Costituzione non lo dice esplicitamente e accusa i democratici di “avere appetito per questo teatro politico”. E poi i tre avvocati che difendono l’ex presidente, Bruce Castor Jr., David Schoen e Michael van der Veen, affermano che il primo emendamento della Costituzione sancisce di esprimere le proprie opinioni.  I sette manager della Camera hanno già respinto queste tesi affermando che quando l’assalto è avvenuto Trump era presidente e che la responsabilità delle violenze e delle vittime non scade con il mandato presidenziale. Tesi sostenuta dalla grande maggioranza dei costituzionalisti. E poi che la libertà di parola e di opinione va rispettata fintanto che non inciti a commettere un reato e che il primo emendamento non sancisce la libertà di bugie o di accuse mai provate.

Ma la battaglia è ancora più complicata e maligna, infarcita dalla gelosia, dal protagonismo, dalla paura e dal calcolo politico dei repubblicani. I milioni di elettori che hanno votato per Trump mettono paura ai repubblicani moderati, la maggioranza dei senatori del Gop, che anche se si rendono conto dei danni creati dall’ex presidente al processo democratico, alla Costituzione, alla presidenza, non se la sentono di votare per l’impeachment per paura delle future conseguenze politiche che potrebbero avere. Nei mesi scorsi l’America ha assistito alle capriole dei senatori repubblicani che erano contro Trump: Ted Cruz, Marco Rubio, Rand Paul, che improvvisamente sono diventati i suoi difensori. Il senatore Roger Wicker del Mississippi che è stato in rotta di collisione con l’ex presidente per le sanzioni alla Russia, ha descritto il processo di impeachment come un “esercizio partigiano senza significato”.

Il senatore Rand Paul del Kentucky, alleato e critico di Trump sia per il Muro con il Messico che per gli aiuti militari all’Arabia Sudita, ha definito il procedimento una farsa con “zero possibilità di condanna”, aggiungendo che le parole di Trump del 6 gennaio a Washington sono state mal interpretate perché il suo era un “discorso figurativo”. E la maggior parte di loro concorda sull’inutilità di condurre un processo di impeachment dopo che il presidente non è più in carica. Ma la leadership repubblicana mal vede la presenza di Trump nel partito. Loro, i leader del Gop, sono stati scalzati. Il partito ora è in mano a Trump. Lo vorrebbero fuori dai giochi, ma hanno paura delle conseguenze se si dovessero esporre. Il loro obiettivo è quello di ottenere l’impeachment per evitare a Trump la possibilità di candidarsi di nuovo ad una carica pubblica, soprattutto alle presidenziali del 2024, cosa che invece potrebbe fare se anche nel secondo impeachment sarà salvato dal loro voto. Ed ecco che Mitch McConnell non si pronuncia e con lui tanti altri suoi colleghi, mentre sei senatori già hanno detto di essere favorevoli all’impeachment e stanno cercando di fare pressione con i loro compagni di partito. Molto dipenderà dall’accordo sul voto che Schumer e McConnell stanno discutendo oggi, perché se il voto sarà segreto le cose possono cambiare.

Ma a parte il risultato dell’impeachment democratici e repubblicani cercano di strumentalizzare questa vicenda puntando alle elezioni di Midterm del prossimo anno allorché ci saranno in ballottaggio 34 seggi al Senato e tutti i seggi della Camera. Alla fine si faranno i conti per capire in che stato si trova il partito repubblicano, se sarà ancora il partito di Lincoln o se invece sarà il partito di Trump che, se dovesse essere assolto ancora un volta, uscirà ancora più rinforzato agli occhi dei suoi elettori.

Il presidente Biden non si pronuncia dopo che nei giorni scorsi aveva affermato che l’impeachment si sarebbe dovuto fare. Vuole rimanere fuori dalla mischia perché l’impeachment inevitabilmente rallenta  le conferme dei ministri da lui scelti, sia perché vuole accelerare la sua agenda lavorativa ed implementare tutte le misure necessarie sui vaccini, sulla loro distribuzione e sulla ripresa dell’economia dopo che i contagi hanno superato i 27 milioni di contagi.

Ieri sera, intervistato da Norah O’Donnel della Cbs, pochi minuti prima del Superbowl, il presidente ha detto che l’esodo forzato di tre milioni di donne dal mercato del lavoro e la chiusura delle scuole a causa della pandemia rappresentano “un’emergenza nazionale”. “La situazione è molto più tragica di quello che pensavamo”, ha aggiunto Biden, spiegando che entrando alla Casa Bianca si credeva fossero a disposizione più dosi di vaccino. Alla domanda se Donald Trump dovrebbe continuare a ricevere i briefing di intelligence Biden ha risposto di essere contrario perchè l’ex presidente ha “un comportamento imprevedibile, indipendentemente dall’insurrezione al Capitol”, aggiungendo che è “pericoloso” e rappresenta “una minaccia esistenziale”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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