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Politica
February 2, 2021
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February 2, 2021
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L’accusa a l’istigatore Trump, un “cannone puntato contro il Congresso”

Nancy Pelosi deposita le motivazioni della procedura di impeachment preparata dai 9 manager democratici che sono il pubblico ministero del processo al Senato

Massimo JausbyMassimo Jaus
Trump indietro nei sondaggi continua a scompigliare la fiducia nel sistema elettorale

Donald Trump (Illustration by Antonella Martino)

Time: 5 mins read

Per i democratici non ci sono dubbi: è stato Donald Trump con la sua rovente retorica e le sue bugie sulle elezioni truccate ad infiammare gli animi dei suoi sostenitori che hanno assaltato il Congresso. Lo ha ripetuto questa mattina alla Camera la speaker Nancy Pelosi, depositando le motivazioni della procedura di impeachment preparata dai nove manager democratici che, come un pubblico ministero, condurranno il processo al Senato che vede imputato  l’ex presidente per  aver fomentato l’insurrezione del 6 gennaio.  “Ha messo in pericolo la vita di tutti i membri del Congresso istigando i suoi sostenitori alla rivolta usandoli come un cannone puntato sul Campidoglio”, si legge. “Ha inoltre minacciato il sistema costituzionale che protegge le libertà fondamentali, messo a repentaglio un pacifico passaggio dei poteri e compromesso la sicurezza nazionale”.

Ad una settimana dall’inizio del secondo procedimento di impeachment i manager hanno scritto nelle loro motivazioni che “il primo emendamento della Costituzione (quello che sancisce la libertà di espressione) non è applicabile, nè’i padri fondatori della repubblica avevano intenzione di proteggere,  un presidente che dopo aver perso le elezioni  incita la rivolta nel tentativo di ribaltare il risultato elettorale”. I manager hanno poi aggiunto che il fatto che il presidente sia decaduto dalla carica il 20 gennaio non significa che non sia perseguibile perché “un presidente resta in carica dal primo all’ultimo giorno del suo mandato” e che il motivo per cui è ora in stato di accusa è perché l’assalto al Campidoglio è avvenuto quando ancora era presidente”.

E proprio sulla libertà di espressione e sul mandato presidenziale scaduto puntato i difensori di Trump che hanno presentato la loro memoria difensiva all’ultimo minuto dopo che nei giorni scorsi 5 degli avvocati dell’ex presidente si sono dimessi. Secondo i legali per una differenza della strategia difensiva accantonando le fantasie del presidente sull’illegalità delle elezioni. Secondo quanto scrive Axios, Trump e l’avvocato Butch Bowers, che era il capo del team legale, hanno litigato per una questione di quattrini.

Il processo di impeachment si sta trasformando in un pesante fardello per i repubblicani già divisi per via della faida interna sulla direzione che il partito deve prendere dopo aver perso sia la Casa Bianca che il Senato e con la Camera dei Rappresentanti dove sono in minoranza. Per ora i fronti interni sono tre: il fronte del dialogo, il fronte dell’opposizione e il fronte dei trumpiani.

Il presidente Joe Biden con la vice Kamala Harris durante l’incontro nell’Ufficio Ovale con i repubblicani moderati (Immagine da youtube)

Il fronte del dialogo, composto da una decina di senatori, si è presentato ieri sera alla Casa Bianca  per cercare di trovare un punto di intesa tra la proposta avanzata da Joe Biden per il piano di stimolo da mille e 900 miliardi di dollari presentandone uno molto più contenuto nel tentativo di concordarne uno che soddisfi entrambi gli schieramenti.  “Un incontro eccellente” ha definito la riunione la senatrice Susan Collins, che guidava la delegazione. Con lei Mitt Romney, Shelly Moore, Lisa Murkowski, e gli altri “moderati”. Una mediazione non facile che comunque anche se le parti sono molto distanti ha lasciato spazi per ulteriori incontri.

Il fronte dell’opposizione è guidato dal senatore Mitch McConnell, capo della minoranza repubblicana al Senato. Con lui una trentina di senatori e un centinaio di congressmen. La loro visione è puramente politica: sono in minoranza e continueranno a fare resistenza alle proposte dei democratici, e se conviene anche a loro, le appoggeranno.

Marjorie Taylor Green (Immagine da youtube)

Il fronte dei trumpiani è composto da una decina di senatori, Josh Hawley e Ted Cruz su tutti, e da circa un centinaio di congressmen, tra i quali il leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, che domenica si è incontrato con Trump alla Casa Bianca, e la problematica congresswoman Marjorie Taylor Greene. Ieri sera Mitch McConnell, sempre attentissimo alle dichiarazioni che fa, ha detto che il cancro del partito repubblicano è formato dalle teorie folli e dai folli complotti che vengono avanzati da alcuni membri del partito. Un affondo proprio a Marjorie Taylor Greene e a tutti i parlamentari che approvano le sue dichiarazioni e il suo atteggiamento. Incluso Trump che domenica scorsa, parlando al telefono con la parlamentare, ci è complimentato con lei per il suo coraggio e le ha detto di proseguire per il suo cammino. Marjorie Taylor Greene ha risposto a Mitch McConnell dicendogli che “il vero cancro del partito Repubblicano sono i repubblicani deboli che sanno solo perdere con garbo”. Comunque sulle folli e razziste teorie della Taylor Green, sui complotti e le strategie segrete ordite dagli anti Trump, il Congresso deve prendere una decisione. I democratici chiedono l’ espulsione di Marjorie Taylor Greene dal Congresso. I repubblicani sono divisi.

Con queste posizioni ben definite domani si apre la National Republican Conference, un gruppo di lavoro della Camera dei rappresentanti di cui Liz Cheney è la presidente. E Liz Cheney è il bersaglio che i trumpiani vogliono colpire. La congresswoman del Wyoming, figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney, è la parlamentare repubblicana della Camera con maggiore posizione all’interno del partito che ha votato a favore dell’impeachment di Donald Trump. L’ex presidente ha istigato le sue truppe per punirla. Nei giorni scorsi il congressman della Florida Matt Gaez, fedelissimo di Trump, è andato in Wyoming, nel distretto elettorale di Liz Cheney per parlare con i repubblicani che l’hanno eletta per convincerli a non votare più per lei. Domani il partito dovrà decidere se mantenere Marjorie Taylor Greene in carica o meno. Kevin McCarthy, leader dei repubblicani alla Camera, grande difensore di Trump, si barcamena cercando di mantenere la Cheney alla presidenza e nello stesso tempo di punire simbolicamente Taylor Greene. Al Senato la gran parte dei repubblicani è con Liz Cheney. Domani con il dibattito si capirà se il Gop è finito ed è nato il partito di Trump all’interno del Gop. Una carica o un cimitero degli elefanti?

In questo clima politico arroventato il presidente Joe Biden prosegue la sua politica per far fronte ai difficilissimi impegni con cui il coronavirus lo sta confrontando. Al Senato, dove per via della parità del numero dei senatori la composizione delle Commissioni è “complicata” le nomine per i ministri scelti da Biden per il suo team procedono lentamente. Oggi è stato approvato come ministro dei Trasporti Pete Buttigieg, l’ex sindaco di South Bend diventando il primo “open gay” ad occupare un posto nel gabinetto del presidente.

Pete Buttigieg in the illustration by Antonella Martino

L’ala dura dei democratici preme per presentare al Congresso il pacchetto dello stimolo economico anche senza l’appoggio dei repubblicani. Una mossa un po’ azzardata perché non è detto che tutti i democratici  al Senato siano favorevoli alla proposta della Casa Bianca e non ci sono i margini per possibili defezioni. Così Biden cerca appoggi anche tra i moderati repubblicani. Per accontentare l’ala progressista del partito democratico il presidente ha preso di punta uno dei temi piì cari a loro: l’immigrazione. E’ stata creata una task force per riunire le famiglie di immigrati clandestini separati dall’amministrazione Trump al confine con Messico. Poi una serie di decreti, sempre sull’immigrazione, per regolamentarla, ripristinando l’asilo e affrontando il problema alla radice offrendo sostegno a quei paesi dai quali fuggono.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Now retired. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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