Nel cuore del Bronx – a poche miglia dallo zoo e dal giardino botanico – si trova Arthur Avenue. Chiamata anche “Little Italy del Bronx”, è il punto di ritrovo per i 60 mila italo-americani che abitano il distretto.
Il percorso inizia con un parco giochi intitolato a Vincent Ciccarone, nato al termine dell’Ottocento in provincia di Chieti e morto negli Stati Uniti a 34 anni in seguito alle ferite riportate nella battaglia delle Argonne. Dal parco, la via si estende per 300 metri, costellata di ristoranti, bar e negozi gestiti per lo più da italo-americani.

Arthur Avenue nel Bronx termina con un altro parco, all’ingresso del quale svetta un busto di Colombo. La statua fu scolpita dai fratelli Piccirilli, scalpellini che abbandonarono Massa Carrara nel 1888 e in America realizzarono opere che si possono ammirare ancora oggi. I leoni della New York Public Library e la statua di Abrahm Lincoln a Washington D.C furono realizzate da loro.
Nel settembre 2020, un gruppo di manifestanti si è radunato attorno alla statua. Da una parte c’era chi ne chiedeva la rimozione. Dall’altra chi protestava per mantenerla. In mezzo, la polizia cercava di mantenere la calma.
La petizione
I manifestanti si erano dati appuntamento dopo che era stata lanciata una petizione per rimuovere la statua. “Per me Colombo rappresenta la sofferenza e la pena dei nativi americani e degli schiavi africani”, spiega Felix Cepeda, promotore della petizione, “Quando vedo una statua di Colombo penso ai miei antenati africani e indigeni americani e tutte le sofferenze che hanno dovuto subire a causa di Colombo. Per molti indigeni e afro-americani Colombo rappresenta soltanto oppressione”. Secondo Felix, “è come gli ebrei che non vogliono vedere una statua di Hitler. Purtroppo però per le comunità indigene e di colore non abbiamo lo stesso tipo di rispetto”.
Cepeda – quarantenne, attivista, nato a New York in una famiglia proveniente dalla Repubblica Dominicana – racconta che, dopo le proteste, non se la sente di avvicinarsi più alla statua: “L’ultima volta che sono stato nel parco sono stato minacciato di persona e poi online”.

Nella petizione, Cepeda chiede la rimozione di tutte le statue della città. E, in loro sostituzione, propone di onorare altri italiani. Come Francesca Saverio Cabrini, la suora missionaria che alla fine dell’Ottocento aiutò gli italiani emigrati in America. O Vito Marcantonio, l’italo-americano eletto alla camera dei rappresentanti nel 1945; si batté per i diritti civili, dei lavoratori e per l’indipendenza di Porto Rico.
Nei commenti dei sottoscrittori della petizione – che ha raccolto 114 firme – si legge: “È arrivato il momento di smetterla di onorare coloro che hanno schiavizzato/assassinato gli indigeni e gli africani per profitto, rubato le loro terre e i loro patrimoni e costruito imperi sui loro corpi. Non sono eroi; erano criminali la cui eredità è ancora alla base della nostra società. BASTA!” E ancora: “Colombo non ha scoperto nulla. È uno stupratore e un assassino. Con un cattivo senso dell’orientamento”.
Nella città di New York, di statue di Colombo ce ne sono in tutto otto. Cinque a Manhattan, una nel Bronx, una nel Queens e una a Brooklyn. Le iniziative per la loro rimozione seguono la scia del movimento Black Lives Matter, che vede nelle statue che celebrano la Confederazione e Colombo i simboli del suprematismo bianco.
Nel gennaio 2018, una commissione nominata dal Sindaco di New York, Bill de Blasio, ha stabilito di “mantenere le statue di Colombo al loro posto” e di “commissionare nuovi monumenti in rappresentanza dei gruppi che sono stati emarginati, allontanati o cancellati dalle storie pubbliche e dagli spazi pubblici”.
Ma nel 2020, dopo l’omicidio di George Floyd, le proteste si sono rinnovate. In diversi stati americani sono state abbattute almeno 33 statue dedicate al navigatore. E a New York il dissenso nei confronti di Colombo si è ampliato. Non soltanto tra i discendenti dei nativi americani, ma anche tra gli italo-americani, soprattutto quelli più giovani.
La scuola
“Non ho nulla in contrario con la rimozione delle statue”, spiega Michael Louis Agovino, italo-americano di terza generazione e insegnante di storia presso un liceo nel Queens. “Ma non ha senso se non si cambiano cuore e mente. Se non si insegna come avere un pensiero critico, rimuovere le statue non sarà la soluzione definitiva e creerà soltanto più agitazione. Colombo si merita di stare in quel parco per i valori in cui crediamo nella società moderna?”.

Agovino propone altri Italiani da celebrare. Per esempio, i magistrati Falcone e Borsellino o i condannati a morte Sacco e Vanzetti. Oppure, citando i problemi di corruzione della polizia, Frank Serpico. “Era nel NYPD, italo-americano, originario di Brooklyn. Era un detective sotto copertura che denunciò la corruzione della polizia. Le sue denunce non furono ascoltate e così si rivolse al New York Times. Per questo venne colpito al volto da un colpo di pistola”.
Quando Michael parla dell’argomento in famiglia, la discussione provoca un vero e proprio conflitto generazionale. “Quando critico il Columbus Day, sono visto quasi come un traditore della mia identità italiana. La maggior parte dei miei parenti hanno ricevuto un’educazione americana e fanno fatica a mettere in discussione le loro credenze uscendo dalla loro zona di comfort. In parte c’è anche il timore di approfondire il proprio passato, perché potrebbe non essere così glorioso o folkloristico come viene dipinto”.
Anche il mondo della scuola è coinvolto nella querelle su Colombo. A maggio 2021, il Dipartimento dell’educazione di New York City aveva sostituito la festività del Columbus Day (celebrata ogni secondo lunedì di ottobre) con la “Giornata dell’eredità Italiana/Giornata delle Popolazioni Indigene”. Senza fornire indicazioni agli insegnanti su come spiegare il cambiamento. “Sei lasciato a te stesso. È questo il bello e il brutto dell’essere insegnante”, dice Michael, e spiega che ci sono docenti che la pensano come lui, ma anche colleghi “piuttosto conservatori che parlano di Colombo come se fosse una persona meravigliosa”.

Michael spiega ai suoi studenti che la storia è fatta di tante voci. “La storia è soggettiva, cambia in base alla prospettiva in cui la si osserva. Prendi il 4 luglio 1776, per esempio. Conosciamo tutti quella data. Per un uomo bianco può essere stato un giorno di trionfo e gloria. Ma per uno schiavo di colore in Mississippi quella data assume una prospettiva molto diversa”.
Secondo Michael, una delle ragioni per cui molti italo-americani difendono Colombo è da cercare nel livello di benessere acquisito col tempo. “Quando le cose cominciano ad andare bene finanziariamente, alcuni (immigrati) – non tutti – tendono a perdere una parte della loro identità, da dove arrivano, chi sono come popolo. Diventa comodo dire che Colombo li rappresenta. Ma ai tempi di Cristoforo Colombo l’Italia nemmeno esisteva! Perché Colombo è così importante al punto da essere disposti a combattere, urlare, gridare, e continuare a difenderlo?”.
Il mito
Secondo Stephen J. Cerulli – italo-americano e docente di storia presso lo Hostos Community College – la nascita del mito di Colombo risale alle fondamenta del Nuovo Mondo. “Dopo l’Indipendenza c’è stata una crisi d’identità dell’America: ‘Chi siamo? Non vogliamo essere Inglesi, no?’. Molti hanno risposto cercando simboli per il Nuovo Mondo post-europeo. Gli Americani erano alla ricerca di un mito che consentisse di separarsi dall’Inghilterra, ma rimanendo parte di una tradizione europea”. E lo trovarono in Colombo.

L’associazione di Colombo con la cultura italiana è avvenuto soltanto in un secondo momento, quando la sua figura venne presa in prestito per riparare la comunità italo-americana all’epoca dei linciaggi. Ma, secondo Stephen, non esiste un vero legame tra Colombo e la comunità italiana in America. “Al di sotto di Roma non esiste una statua di Colombo” dice Stephen. “Nonostante questo, l’86% della diaspora Italiana in America proviene dal Sud d’Italia, e sono principalmente loro a celebrare Colombo”.
In un secondo momento, negli anni Trenta del Novecento, il fascismo individuò in Colombo un modo per esaltare l’italianità nel mondo. “Nel 1932, a New York City – racconta Stephen – di fronte alla statua di Colombo, ci fu uno scontro tra gli anti-fascisti e i sostenitori di Colombo. Gli anti-fascisti sostenevano che Colombo fosse un simbolo fascista e non volevano avere niente a che fare con lui”. Nel 1933 Mussolini regalò alla città di Chicago una statua di Colombo (che è stata rimossa nel luglio 2020).

Secondo Stephen, oggi la discussione che ruota attorno alle celebrazioni di Colombo è tutta in mano alla comunità italo-americana. “Nel 2020, il simbolo di Colombo, come simbolo Americano, è diventato unicamente un problema italiano. Perché sono soltanto più le organizzazioni e fratellanze italiane a combattere e opporsi alla rimozione delle statue”.
Il 10 ottobre 2021, ad esempio, The Italian Tribune erigerà nuovamente la statua del navigatore nel nuovo Columbus Field presso lo Skylands Stadium di Augusta, Sussex County, New Jersey, la prima statua di Colombo negli Stati Uniti ad essere rieretta dopo essere stata rimossa.
Il racconto
Qualunque sarà la sorte per le statue e le celebrazioni del Genovese, una cosa è certa: la storia di Colombo continuerà ad essere raccontata per generazioni. “L’avventura della vita reale di Colombo fu per sé stessa letteraria”, dice Ilan Stavans, saggista messicano-americano e autore di Immaginando Colombo: Il viaggio letterario. “La fatica di uscire dall’oscurità per ottenere la gloria, il viaggio di scoperta come rito di passaggio, la morte in solitudine. La sua vita sembra la creazione di un Autore Supremo di grande talento”.

Secondo Stavans, Colombo ricorda tre personaggi della letteratura mondiale: Don Chisciotte de La Mancia (per l’ossessione per la lettura), Robinson Crusoe (per la sua storia di esplorazione e sopravvivenza) e Lemuel Gulliver (per i suoi incontri con popolazioni straniere e le difficoltà nel capirsi e interpretare i linguaggi). Li ricorda e li precede tutti, come fonte di ispirazione letteraria.
Che lo si celebri oppure no, il racconto di Colombo pone un interrogativo per il prossimo futuro. “Oggi – riflette Stavans nel suo libro – le ricche corporazioni internazionali sperano di fare dello spazio esterno un fertile campo di battaglia per le lotte di potere tecnologico, un palcoscenico per le conquiste e il rinnovato dominio di chi ha su chi non ha. L’uomo ripeterà gli errori del 1492 quando si espanderà nella galassia? Senza dubbio”.

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