Milleseicento anni di storia, un fascino e una magia di fama mondiale, una città tra le più amate del pianeta. Venezia non è un posto da luna di miele, diceva Peggy Guggenheim, cittadina onoraria del Leone di San Marco, perché se ci vai te ne innamori e nel tuo cuore non resta posto per nient’altro. Ma Venezia sa anche regalare brutte sorprese. Chiedete, ad esempio, a quei turisti che tre anni fa, in un bar di Piazza San Marco, lasciarono 43 euro (ovvero una cinquantina di dollari) per due caffè e due bottigliette di minerale. O a quei quattro studenti giapponesi che, nello stesso periodo, si videro presentare un conto da 1143 euro per quattro bistecche, un corposo fritto di astici, due calici di vino e una bottiglia d’acqua. Per queste sorpresacce, Venezia finisce spesso sui giornali non solo italiani, come altre mete classiche del turismo, come Roma, più di Firenze. È una pubblicità che non fa bene alla città, al punto che quei quattro turisti giapponesi si videro arrivare un’offerta di rimborso di 1.100 euro (con soggiorno in hotel e motoscafo gratuiti) firmata dall’associazione dei commercianti veneziani.
Chi è stato almeno una volta a passeggiare tra le calli e i campielli della meravigliosa città lagunare, sa che deve aprire molto bene gli occhi prima di entrare in un ristorante. Andare a caso può essere pericoloso per il palato e per il portafoglio, come in altre capitali del turismo internazionale, forse di più. A Venezia però qualcuno ha capito che la città va difesa anche da certi eccessi, dai cattivi comportamenti che offrono ai giornali, su un piatto d’argento, la frequente occasione di sbeffeggiare una delle più belle mete turistiche del mondo. Circa un anno fa, ad esempio, è nata un’associazione che davvero mancava. Si chiama Venezia InVita e si batte per una Venezia migliore, qualitativa, accogliente, da vivere con calore e con gioia. Il primo passo dell’associazione si chiama ResTour. L’idea è intelligente e accattivante: in una lunga serie di weekend, 35 ristoranti veneziani preparano almeno un piatto seguendo un tema specifico: un pesce, un crostaceo, una verdura di stagione. È un modo per valorizzare e far conoscere la straordinaria ricchezza e varietà dei prodotti locali, di terra e di mare.

L’Adriatico e la laguna continuano, nonostante tutto, a regalare miracoli: granchi e gamberetti rari e saporitissimi (le moeche, le schie) e poi canocchie, sarde, seppie, ombrine, ottimo pesce bianco, le celebri cozze di Pellestrina. Ogni pescato ha la sua stagione, così come le verdure: zucca, sedano, fagioli, peperoni. Ogni cuoco interpreta a suo modo gli ingredienti indicati. Con ricette più o meno tradizionali, più i meno innovative o fusion. L’iniziativa è partita da quasi un anno. Le prossime date sono il 21 e 22 gennaio, 4 e 5 febbraio, 11 e 12 marzo. Ultimo appuntamento l’8 e 9 aprile.
“ResTour sta avendo un buon successo – commenta Angelo Zamprotta, segretario di Venezia InVita – Ha suscitato interesse e attenzione grazie all’impegno dei ristoranti e dei cuochi coinvolti. E ci ha anche consentito di costruire una buona rete di rapporti con istituzioni, sponsor, protagonisti della vita culturale e associativa della città. Questo ci aiuterà anche nell’organizzazione di altre iniziative”.
In cantiere ci sono appuntamenti, incontri ed eventi a carattere sportivo, artistico e letterario. Con un tema comune: battersi per una Venezia che valorizzi fino in fondo, accanto alle testimonianze della sua straordinaria storia, anche la qualità dell’accoglienza, del suo territorio, della vita culturale, dello stare insieme in un contesto unico. “Troppo spesso – racconta Zamprotta – la città finisce sui giornali per motivi sbagliati. A volte vedo un certo accanimento nel raccontare problemi che esistono, ma che sono comuni a tante altre città”.

Che i problemi esistano se ne sono accorti da tempo anche gli 83mila veneziani che ogni tanto scendono in piazza (anzi, in campo, come si dovrebbe dire da quelle parti) con cartelli e striscioni. Troppo cari gli affitti, troppo devastanti i turisti, troppe navi da crociera a un metro dalle gondole, troppo sporco nelle calli, troppi negozi tradizionali (o di prima necessità) chiusi per lasciare il posto a venditori di ninnoli e incresciosi souvenir.

C’è anche una Venezia che vuole trasformare questo malessere in energia positiva, in buone idee, in proposte concrete e costruttive. Piangersi addosso non basta e non serve, in Laguna come dappertutto. Dai ristoranti, con un’iniziativa piccola ma importante, è partito un messaggio nuovo, un invito al rispetto, alla convivialità, alla valorizzazione di ottimi prodotti locali.

Quando deciderò di tornare a Venezia, darò un’occhiata al sito di Venezia InVita, perché è fatto da veneziani che amano la loro città.