Per la prima volta in Italia viene messo in scena uno dei testi drammaturgici più importanti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Piazza degli eroi dello scrittore austriaco Thomas Bernhard è la sua opera più emblematica dell’idea di decadenza del mondo occidentale e della recrudescenza di movimenti nazifascisti, sicuramente mai sopiti in Austria e per una proiezione statistica dei fenomeni di massa anche nel resto dell’Europa.
Forse è proprio per timore della sopravvivenza di questo fantasma, uno dei motivi per cui fino ad oggi nessuno si fosse mai cimentato nella regia dell’opera bernhardina.

Roberto Andò è riuscito a realizzare uno spettacolo encomiabile, attraverso un’assoluta fedeltà al testo, curando gli stilemi di una letteratura teatrale, che non ha necessità di essere rivisitata o adattata, come spesso accade con altre opere in mano a “sperimentazioni” selvagge, che hanno visto decostruire colossi drammaturgici da De Filippo a Fassbinder.
Le scelte sono state sicuramente vincenti, perché guidate da un reale amore per il teatro e tutte le componenti che lo rendono vero, profondo, e laddove invece si bada solo ai sensazionalismi e alla preponderanza dell’ego, Andò ha posto un’umanità mai banale, non costruita né su residui stilistici del teatro borghese, né su quello di una pomposa postavanguardia dei pedanti, ormai superati minimalisti di oggi.

Piazza degli eroi è al contempo un testo complicato nelle speculazioni filosofiche del protagonista, – uno splendido Renato Carpentieri- sopravvissuto al fratello suicida, che non ce l’ha fatta a sopportare il revanscismo di un popolo nazifascista, ma anche molto più lineare nella manifestazione di una psicologia di un personaggio divertente e un po’ lezioso come quello della governante, la signora Zittel, interpretata da un’attrice a tutto tondo come Imma Villa.
I personaggi della pièce sono tutti legati dallo stesso “fil rouge” per tutta la vita: la persecuzione raziale nei confronti del popolo ebraico.
Thomas Bernhard ha cercato di risolvere questo trauma profondo molto spesso, anche in altre opere, attraverso la ricerca di una catarsi artistica, così come il professor Schuster, che accetta di ritorna dall’Inghilterra a Vienna per ascoltare l’eccellenza della musica classica, arte eccelsa nella patria dei più grandi geni musicali di tutti mi tempi.

Il messaggio di Bernhard è che seppur l’arte possa curare un ‘anima non riesce a salvarla per sempre; l’orrore delle grida altisonanti di Hitler nel giorno in cui l’Austria venne annessa (Anscluss) nel 1938 alla Germania risuonano nella testa della signora Schuster, torturandola fino allo sfinimento all’interno della loro casa sulla maledetta “Piazza degli eroi”.
Questa piazza rimanda in modo metaforico a molte realtà persistenti in Europa, che ancora drammaticamente resistono ai concetti di uguaglianza, libertà e soprattutto umanità.

Thomas Bernhard aveva chiesto che la sua opera non fosse rappresentata in Austria e forse oggi sarebbe orgoglioso di come sia stato accolta in un teatro italiano, anch’esso appartenente a una nazione, tra gli attori principali di un passato nefasto e insensato.
Roberto Andò ci regala uno spettacolo degno dei più prestigiosi premi nazionali e internazionali, in cui si raggiunge quel delicato equilibrio magico tra interpretazione e realtà, impegno sociale e giusta distanza dalla politica, fungendo però da collante; ma il fulcro di tutto il suo lavoro sta soprattutto nell’avere ricreato un’idea di teatro “alto”, che molto probabilmente era nella mente di Bernhard, dando un valore inestimabile alla drammaturgia e assolvendo al suo ruolo di demiurgo teatrale e non di sperimentatore di giochi funambolici prodotti da personalismi di cui il nostro teatro non ha più bisogno.
Grazie a nome di tutti coloro che amano la letteratura teatrale e gli attori che la interpretano con dignità ed elegante rispetto.
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