E’ venuto a mancare uno dei più grandi drammaturghi del mondo: Mario Fratti.
Ha rappresentato un punto di riferimento nella vita culturale di New York, che ha sempre amato e frequentato e dove tutti lo conoscono, grazie anche al suo stile, perfettamente compatibile con l’indole americana, privo di eccessi stilistici e delle sfumature tipiche del teatro europeo.
Nacque all’Aquila il 5 luglio 1927.
I genitori Palmira Silvi e Leone Fratti, nonostante fossero di origini modeste, sono stati in grado di garantirgli un buon tenore di vita, anche se sin da giovane lo scrittore dimostrò sempre di essere molto autonomo e dignitoso nelle proprie scelte.
Del padre Leone, sappiamo che neonato fu abbandonato in una cesta davanti a un convento, accompagnata da un messaggio in cui si chiedeva di chiamare il bambino Leone Fratti. Sotto alle coperte del piccolo vennero ritrovati diversi pezzi d’oro, che fecero desumere alle suore che le origini del trovatello fossero quelle di una ricca famiglia ebrea. Le monache del convento lo tennero per un periodo, poi lo diedero in adozione a una famiglia di contadini, probabilmente bisognosa di un altro membro che lavorasse nell’azienda agricola di famiglia.
Nonostante provenisse da una famiglia semplice, Mario Fratti non sfuggì alla morsa che attanagliava l’Italia: il fascismo. Il periodo della scolarizzazione fascista rappresentò per lui un periodo di divieti, obblighi e terrore: dalla formazione degli insegnanti alla disciplina, tutto era permeato da regole e diktat di ogni sorta. E il fascismo con lui non attecchì, anzi ne fece un accorato antifascista, contro qualsiasi totalitarismo.
L’Aquila fu una delle basi nazifasciste più affollate e gli episodi di violenza e morte segnarono per sempre la mente del giovane, che dovette assistere addirittura alle esecuzioni sommarie di alcuni suoi compagni di classe di soli tredici anni.
Durante gli anni di studio Fratti fu un allievo eccellente, molto dedito alla letteratura; nonostante fossero state proibite le letture di romanzi americani e russi, egli riuscì ugualmente a trovare dei testi che lo soddisfacessero. Spaziò dai più leggeri gialli inglesi e racconti erotici francesi ai classici, che furono la base della sua vera ispirazione drammaturgica: Shakespeare, Marlowe, Schiller, Goethe, Von Kleist, Shaw, Zola, i Goncourt, Voltaire, Molière, Cervantes e Pirandello.
Quando la guerra ebbe fine, Fratti cominciò a provare un grande desiderio di fuggire dal capoluogo abruzzese, consapevole che per le sue aspettative e la sua cultura non aveva nessuna prospettiva di crescita in quel luogo, e pochi mesi dopo si stabilì a Venezia. Lì si adattò a fare vari lavori, tra cui l’insegnante in scuole private. Così mise insieme abbastanza denaro per iscriversi nel 1947 all’Università Ca’ Foscari. Contemporaneamente insegnava nella scuola Biancotto, dove venivano accolti gli orfani dei partigiani.
L’anno successivo, la promozione a direttore della scuola lo liberò dalle pressioni finanziarie, privandolo però allo stesso tempo della possibilità di far parte della vita universitaria. Riuscì comunque a ottenere la borsa per il dottorato di ricerca in Lingue e Letterature straniere. Una volta finito si dichiarò “libero”, perché secondo testuali parole “avrebbe potuto finalmente leggere tutte quelle opere che sarebbero state fondamentali per il suo futuro di drammaturgo”: Bertold Brecht, Garcia Lorca, Anton Cechov e Vladimir Majakovsky oltre al sempre amato Luigi Pirandello.
Dalla fine degli anni 50’ agli anni 1960-1980 per i suoi interessi politico-sociali e culturali, Mario Fratti affiancò all’insegnamento, in modo costante e prioritario, un’intensa produzione drammaturgica. Scrisse anche un romanzo Diario proibito, pubblicato solo nel 2013, ambientato nella sua città e a Venezia durante la dittatura fascista e dopo la Liberazione.
L’arrivo in America dello scrittore è strettamente collegato all’evento che ha definitivamente cambiato la sua vita ovvero l’incontro nel 1962 con Lee Straasberg, durante il Festival dei due Mondi di Spoleto, dove Fratti metteva in scena la pièce Suicidio. Grazie all’invito del famoso maestro americano, Nel 1963 Fratti si trasferì a New York, dove iniziò a frequentare assiduamente tutto il gruppo di scrittori e attori dell’Actor’s Studio.
Iniziò subito a lavorare come giornalista e critico teatrale per i giornali e le riviste italiani, ma già i suoi drammi erano conosciuti ed ammirati dai principali studiosi del teatro moderno. Robert W. Corrigan, uno dei più noti e stimati critici americani, incluse due testi di Fratti (The Cage e Suicide, già rappresentati a Milano e al Festival dei Due Mondi a Spoleto), nella sua antologia sul teatro moderno italiano nel 1967 insieme a testi di B. Brecht e G. Grass. Grazie alla sua profonda conoscenza della letteratura americana e alla padronanza della lingua inglese, riuscì ad ottenere quasi subito una cattedra presso la prestigiosa Columbia University, dove ha insegnato fino al 1994.
Nel tempo le sue commedie sono state tradotte in venti lingue e rappresentate in seicento paesi del mondo grazie ad uno stile immediato, efficace, tagliente, come i contenuti politico-sociali di cui sono intrise le opere. Fra le più celebri: La gabbia (1962) I frigoriferi (1964) Sei donne appassionate (1978) I nove martiri (2009), dedicata ai nove martiri de’ L’Aquila, episodio della seconda Guerra Mondiale, LGBT (2011), Beata, la figlia del Papa (pièce sulla scomparsa di Emanuela Orlandi).

L’opera che lo ha proiettato verso il successo mondiale è stato il musical Nine del 1981, ispirato al famoso film di Fellini 8 ½, che nella sua produzione originale nel 1982 vinse l’ O’Neill Award, il Richard Rodgers Award, due Outer Critics Circle Awards, otto Drama Desk Awards, cinque Tony Awards e nel 2000 ha ricevuto l’Otto Award for Political Theatre. L’adattamento nel 2003 di Nine ha vinto invece tre Outer Critics Circle Awards e due Tony Awards. Blindness: A Tragedy in Iraq (2003), una delle sue ultime commedie, in cui si narra la storia di ventinove soldati americani che si sono suicidati in Iraq, ha inaugurato il Festival teatrale di Tokyo il 15 luglio 2004 e di Barcellona il 6 agosto 2004.
In una intervista Mario Fratti ha dichiarato che non molti critici teatrali sono stati in grado di analizzare l’importante intento di arrivare alla politica e al sociale attraverso il mezzo artistico teatrale, chissà che qualcuno non possa arrivarci ora omaggiandolo fino in fondo.
Addio Mario.
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