Il Fringe Festival, deve le sue origini al teatro “off” scozzese, infatti venne fondato nel 1949 a Edimburgo, assumendo le dimensioni del più grande evento teatrale “unconventional” al mondo. Ora dopo più di settant’anni, è riuscito a mettere radici in svariate città dell’Europa: Londra, Parigi (con spettacoli totalmente in lingua inglese), Amsterdam, Berlino, Dublino, Stoccolma, Praga e Budapest; ovunque ci sia una forte tradizione teatrale, troviamo specularmente un corrispettivo “Off Theatre”. E’ ciò che succede anche in Italia e oggi più che mai la matrice indipendente di questa manifestazione assume una valenza ancora più forte e peculiare: quella di resistenza e libertà espressiva.
Si è infatti concluso nella capitale il “Roma Fringe Festival”, che ha visto esibirsi, via streaming, sul palco del Teatro Eliseo, ormai chiuso, ma in possibile riapertura, una serie di compagnie provenienti da tutta Italia, delle quali in finale sono arrivate come è previsto, solo tre. Una finale interamente al femminile e dal vivo, grazie alla recente riapertura dei teatri, con quattro attrici in scena.
Vince il festival CA/1000 della compagnia Estudio di Napoli con Noemi Francesca, drammaturgia di Enrico Manzo, regia di Luisa Corcione. Racconta la storia di un’anima rappresentando i momenti salienti della vita di Camille Claudel, artista di fine ‘800, dall’arrivo in manicomio a Monfavet fino alla sua uscita vittoriosamente perdente.
Miglior regia è stata vinta dallo spettacolo tutto al napoletano ‘E Cammarere di RI.TE.NA Teatri di Napoli con regia e drammaturgia di Fabio Di Gesto con Francesca Morgante e Maria Claudia Pesapane offre uno spaccato del basso napoletano. Due cameriere giocano a ricoprire il ruolo della loro padrona. Questo continuo gioco porterà le due donne a confondere la realtà con l’immaginazione.
Il premio della stampa invece va all’intellettualissima Pescatrice di Perle – breve conversazione con H. A. della compagnia Acasa di Bari, drammaturgia e regia di Valeria Simone, con Marianna De Pinto, si ispira alla figura di Hannah Arendt. “La pescatrice di perle” è colei che raccoglie i tesori del pensiero e della tradizione che erano andati perduti ed è in grado di renderli attuali, di utilizzarli, talvolta, per raccontare il mondo e o per interpretare, spiegare, i momenti bui del tempo presente. Questo voleva fare Hannah Arendt ed è così che definiva il suo lavoro intellettuale e il suo essere al mondo: il pescare perle dagli abissi del mare riconoscendone il valore incommensurabile.
E’ superfluo dire quanto possa contare un simile evento nel rilanciare il teatro e parte delle compagnie italiane coinvolte, molte delle quali vivono una situazione di stallo lavorativo dovuto alla pandemia e alle chiusure delle attività culturali. Ci arriva in modo evidente, attraverso manifestazioni come questa, tutto l’amore e la determinazione dei professionisti del settore di voler ripristinare il loro rapporto simbiotico con l’arte e la scena. Gli spettacoli e gli artisti selezionati in questa edizione sono stati di una perseveranza e attaccamento al loro mestiere più volte sottolineato anche dalla direttrice del Teatro Vascello Manuela Kustermann, ospitante la finale e dalla giuria in cui erano presenti anche Ferruccio Marotti, Italo Moscati, Antonio Rezza e Flavia Mastrella.
Lunga vita al teatro e all’arte post pandemia, sperando che ci sia uno sforzo anche da parte delle istituzioni per supportare questo settore tanto vitale ma fragile, oggi diretto da Fabio Galadini, che ha dichiarato con atteggiamento stoico: “la festa del teatro indipendente, un Festival che parte dal basso, perché si basa soltanto sulle proprie forze e sulla convinzione che tutti, al di là del sostegno pubblico possano e debbano creare ogni giorno per tutto l’anno”.