Per gli amanti del cinema che capitano a New York City a cavallo fra settembre e ottobre, l’appuntamento a cui non potranno rinunciare è quello con il New York Film Festival. L’edizione di quest’anno, la 55°, si apre il 28 settembre e proseguirà fino al 15 ottobre: due settimane durante le quali il meglio del cinema internazionale arriva nelle tre sale del Lincoln Center — l’Alice Tull Hall, l’Elinor Bunin Munroe Film Center e il Walter Reade Theater.
Film, documentari, cortometraggi, eventi speciali, masterclass, incontri con gli autori, retrospettive, esperienze immersive, restauri di film cult del passato. Il piatto del New York Film Festival è talmente ricco che quegli amanti del cinema in arrivo a New York durante le prossime due settimane, si troveranno con la tabella di marcia occupata dalla mattina alla sera.
Sfogliando il programma di questa dizione, si ha l’impressione che l’offerta sia davvero di spessore. La sezione principale, il cosiddetto Main Slate, propone venticinque tra i film internazionali più interessanti della stagione. Quella di quest’anno conta su tre nomi grossi per le tre serate principali: l’opening night, in anteprima mondiale, è di Richard Linklater con Last Flag Flying, il centerpiece è di Todd Haynes con Wonderstruck, e la serata di chiusura spetta a Woody Allen con il suo Wonder Wheel, e con il nostro Vittorio Storaro che ne ha firmato la fotografia.

Nella selezione troviamo anche il vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, Ruben Östlund e il suo The Square — con Force Majeure, Östlund non aveva conquistato solo noi, nel 2014, ma anche la Giuria della Mostra del Cinema di Venezia. E poi BPM (Beats Per Minute) di Robin Campillo, vincitore del Premio della Critica sempre a Cannes 2017 e Faces Places di Agnès Varda & JR, vincitore del Golden Eye 2017.
Direttamente da Berlino, con l’Orso d’Argento in tasca, arriva Aki Kaurismäki con The Other Side of Hope, e Spoor di Agnieszka Holland, vincitore dell’Alfred Bauer Prize.
Ma c’è anche l’Italia, rappresentata da Call Me by Your Name di Luca Guadagnino. Adattamento cinematografico del romanzo Chiamami col tuo nome di André Aciman — storia d’amore tra il giovane Elio e l’americano Oliver — il film è stato co-sceneggiato da James Ivory e presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2017, nella sezione “Panorama” della Berlinale e al Toronto International Film Festival. Prima volta di Guadagnino al NYFF, il regista presenzierà alla conferenza stampa il 3 ottobre, insieme a uno dei due protagonisti, l’attore Armie Hammer.


Sempre nel Main Slate, al debutto registico con Lady Bird dopo una prima esperienza co-registica nel 2008, Greta Gerwig, attrice feticcio di Noah Baumbach che l’ha diretta in ben tre delle sue pellicole — splendida in Frances Ha e Mistress America. Lo stesso Baumbach, regista assai osannato dall’intellighenzia newyorkese, è presente con il film The Meyerowitz Stories (New and Selected), in concorso all’ultimo Festival di Cannes.
La Francia è rappresentata da Claire Denis con Un beau soléil interieur, con l’inossidabile Juliette Binoche, da Serge Bozon con Mrs Hyde con l’altrettanto inossidabile Isabelle Huppert, e da Arnaud Desplechin con Les fantomes d’Ismael — nel cast, Marillon Cotillard e Mathieu Amalric.

Fra gli eventi speciali spicca la masterclass che vedrà per protagonista il già citato

Vittorio Storaro, il maestro della luce nel cinema, in conversazione con Ed Lachman. Vincitore di tre premi Oscar con Apocalypse Now, Reds e L’ultimo imperatore, Storaro è considerato tra le massime autorità mondiali in fatto di fotografia cinematografica.
Da non perdere anche l’incontro con Kate Winslet, il 13 ottobre, e Ava DuVernay, acclamata regista di Selma, 13th e I will follow, senza scordare la proiezione de Il vaso di Pandora di G.W. Pabst nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.
Per gli appassionati di Steven Spielberg, Susan Lacy presenterà in anteprima mondiale il documentario sul regista di E.T., Spielberg.

Per l’Italia, oltre a Guadagnino e Storaro, Abel Ferrara e il suo Piazza Vittorio, documentario incui il regista di New York, ma con residenza tutta romana, costruisce un excursus antropologico ambientato nella famosa piazza della Capitale, intervistando musicisti africani, barman cinesi, senzatetto, artisti, camerieri, membri del collettivo CasaPound, cineasti come Matteo Garrone e attori come Willem Dafoe.
Il made-in-Italy conquista anche la sezione “Cortometraggi”, con Birthday di Alberto Viavattene — storia di un’infermiera cinica che si aggira per una casa di riposo — e Due di Riccardo Giacconi. Presentato con successo alla Mostra del Cinema di Venezia e al Milano Film Festival 2017, Due racconta Milano 2, il quartiere residenziale alla periferia di Milano costruito tra il 1970 e il 1979 da Silvio Berlusconi.
Due possibili promesse del cinema italiano.
L’Italia spunta fuori, lateralmente, anche nel documentario Filmworker, di Tony Zierra, che segue la storia di Leon Vitali, attore di origine italiana, che lavorò come operatore per Stanley Kubrick e fu scelto dal regista anche per due ruoli in Barry Lindon e Eyes White Shut.

Se la passione spinge verso l’arte e la letteratua, il NYFF, sempre nella sezione “Spotlight on Documentary”, propone BOOM FOR REAL: The Late Teenage Years of Jean-Michel Basquiat, di Sara Driver, e Arthur Miller: Writer, di Rebecca Miller, figlia dello scrittore, oltre a Joan Didion: The Center Will Not Hold, di Griffin Dunne.
E certo non scordiamo la retrospettiva, che quest’anno celebra Robert Mitchum nell’anno del centenario dalla nascita. Con Angel Face e River of No Return di Otto Preminger, il mitico El Dorado di Howard Hawks, His Kind of Woman di John Farrow, fino ad arrivare a Dead Man di Jim Jarmusch, passando per il raffronto di Cape Fear di J. Lee Thompson del 1962, e la lettura che ne diede Martin Scorsese nel 1991.
Il regista Bruce Weber omaggia la retrospettiva con un Nice Girls Don’t Stay for Breakfast, un ritratto di Mitchum con immagini di repertorio esclusive.
Per concludere, “Revivals”, la sezione dedicata alla proiezione di film restaurati. E

qui non c’è che l’imbarazzo della scelta. Jean Renoir con The Crime of Monsieur Lange, Jean-Luc Godard con Grandeur et Decadence, Philippe Garrel con L’enfant secret e Le Révélateur, Andrei Tarkovsky con The Sacrifice, James Whale con The Old Dark House e Agnès Varda con One Sings, the Other Doesn’t, fino ad arrivare al Giappone di Kenji Mizoguchi con Sansho The Bailiff e A Story from Chikamatsu.
L’Italia sarà anche fuori dalla classifica delle prime cento università del mondo — e questo deve far riflettere, oltreché sbuffare. Ma quanto a cinema, e alla presenza di quello italiano nella 55° edizione del New York Film Festival, possiamo contare su nomi autorevoli, e nuove leve all’orizzonte.