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Tra cult e grandi nomi, la Mostra del cinema di Venezia ritrova la sua identità

Si alza il sipario su Venezia 74, il più antico festival del cinema, anche quest'anno impreziosito da nomi di altissimo spessore

Simone SpoladoribySimone Spoladori
Tra cult e grandi nomi, la Mostra del cinema di Venezia ritrova la sua identità
Time: 4 mins read

Mentre il festival di Cannes, guidato dal tandem Fremaux-Lescure, sembra ‘ostaggio’ di un’endemica incapacità di rischiare, la 74ª edizione della Mostra del cinema di Venezia – pur penalizzata, come Toronto, della scelte di distribuzione delle grandi major americane (vedasi le assenze di Blade Runner 2049, It, Detroit e Dunkirk) – indica invece che il più antico dei festival internazionali ha superato la “crisi di identità” vissuta negli anni a cavallo tra le gestioni Müller e Barbera e si è ritagliato un profilo definito e originale. Come lo scorso anno, infatti, il concorso principale sulla carta appare di livello alto, potenzialmente pieno di sorprese e contornato nelle sezioni collaterali – francamente deboli nella passata edizione – da una varietà di piccole perle tutte da scoprire.

Il concorso

I grandi nomi ci sono: Aronofsky con l’horror Mother!, Guillermo Del Toro con il fiabesco The Shape of Water, Clooney regista con Suburbicon, l’opener Downsizing di Alexander Payne, ma anche Kechiche, Guediguian, Paul Schrader, Kore-Eda, Vivian Qu.

Mother!, di Darren Aronofsky
Mother!, di Darren Aronofsky

Veniamo, però, alle “vere” prelibatezze: innanzitutto, New York e la sua Public Library, ritratte dallo sguardo entomologico del grande vecchio Frederick Wiseman in un poetico documentario di oltre tre ore (Ex Libris – The New York Public Library). Altro piatto forte del menu principale è Human Flow, dell’artista-attivista cinese – sgradito, osteggiato e incarcerato in patria – Ai Weiwei: per comodità di classificazione è definito “documentario”, in realtà si preannuncia un’opera complessa e provocatoria e visionaria nel solito stile di Ai, che qui racconta la drammatica vicenda degli oltre 65 milioni di migranti e rifugiati che negli ultimi anni hanno abbandonato la propria patria in cerca di sicurezza.

Non è necessario attendere la fine del festival per individuare il filo tematico che attraversa la selezione: i flussi migratori, il dramma dei rifugiati, l’assenza di diritti umani e guerre e atrocità da cui scappare. Il cinema misura la temperatura del mondo e ci rimette lo sguardo su ciò che ci sforziamo di non vedere. Lo fa anche l’israeliano Samuel Maoz che otto anni fa si aggiudicava il Leone d’oro con Lebanon e oggi torna al Lido con il misterioso Foxtrot, di cui si sa soltanto che i temi principali sono la guerra e la famiglia. Martin McDonagh è irlandese ma Three BIillboards Outside Ebbing, Missouri ha il sapore del miglior cinema indie americano. Di McDonagh si ricorda soprattutto In Bruges, che è giù un ottimo motivo per attendere con entusiasmo questo nuovo film. Il cast – Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, John Hawkes e Peter Dinklage – non fa che aumentare l’hype.

Infine, le coraggiose scelte “italiane”: Virzì finalmente e meritatamente in concorso, con il suo debutto americano The Leisure Seeker, con Helen Mirren e Donald Sutherland; i Manetti Bros con il musical Amore e malavita; il promettente Andrea Pallaoro, che dopo il bell’esordio di Medeas di quattro anni fa (in Orizzonti) torna con Hannah, coproduzione internazionale con Charlotte Rampling; e infine la scommessa di Una famiglia, esordio del catanese Sebastiano Riso, che affronta il tema della maternità surrogata.

Paolo Virzì sul st di The Leisure Seeker
Paolo Virzì sul st di The Leisure Seeker

Certezze, grandi nomi, sguardi obliqui e azzardi: Barbera e il suo team di selezionatori hanno apparecchiato una selezione varia e intelligente.
Non ci resta che goderci lo spettacolo.

Sezioni collaterali

Fuori concorso, tanta Italia (Soldini, Amelio sui terremotati di Amatrice, Patierno), qualche grande nome ultimamente un po’ in declino (Abel Ferrara e Kitano, cui spetta la chiusura con Outrage Coda), i nuovi film di Stephen Frears e John Woo e tre chicche imperdibili: la proiezione di sabato a mezzanotte in particolare, con l’ultraviolenza carceraria di Brawl in Cell Block 99, del cult director S. Craig Zahler (autore quattro anni fa del bellissimo Bone Tomahawk); The Devil and Father Amorth, di William Friedkin, che “compendia” il suo esorcista cult con un documentario shoccante su un esorcismo vero; Wormwood, serie Netflix in sei parti scritta e diretta nientemeno che da Errol Morris e interpretata da Peter Saarsgard, che sarà diffusa dalla piattaforma digitale il prossimo dicembre.

Brawl in Cell Block 99, di S. Craig Zahler
Brawl in Cell Block 99, di S. Craig Zahler

Ancora Netflix: i primi episodi della serie Suburra e Our Souls at Night di Ritesh Batra, film che vede ancora una volta insieme Jane Fonda e Robert Redford, che saranno premiati con il Leone d’Oro alla carriera. Infine, fuori concorso, tra le proiezioni speciali, attenzione a Lo stato delle cose di Andrea Segre, altro film che tocca il tema dell’immigrazione.

In Orizzonti, spicca il disturbante (così definito dallo stesso direttore Alberto Barbera) Caniba, di Verena Paravel e Lucien Castaing Taylor (nel 2012 autori di Leviathan e fondatori del Sensory Ethnography Lab di Harvard), documentario sul “cannibale” Issei Sagawa, studente giapponese alla Sorbona di Parigi che negli anni ’80 si “ciba” di una fanciulla olandese e che oggi, per anomalie della giustizia giapponese, è tranquillamente a piede libero. Attenzione anche al nuovo film di Adriano Valerio (molto interessante il suo esordio di due anni fa alla Settimana della critica, Banat – Il viaggio), l’intimo Mon Amour, Mon Ami, che potrebbe dare ulteriore conferma del talento del cineasta milanese. Uno sguardo curioso merita anche il surreale Brutti e cattivi di Cosimo Gomez, con Claudio Santamaria.

Claudio Santamaria in Brutti e cattivi di Cosimo Gome
Claudio Santamaria in Brutti e cattivi di Cosimo Gome

Questa una parte del menu, mentre altre sorprese potranno arrivare anche dalla Settimana della critica e dalle Giornate degli autori. E ovviamente, noi de La voce di New York saremo qui al Lido, da domani, per raccontarvi la 74° edizione della Mostra del cinema di Venezia.

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Simone Spoladori

Simone Spoladori

Nato a Milano, laureato in lettere e laureando in psicologia, di segno pesci ma non praticante, soffro di inveterato horror vacui. Autore per radio e TV, critico cinematografico, insegnante, direttore di un'agenzia creativa di Milano. Oltre ai film, amo i libri e credo che la letteratura americana del '900 una delle prime tre cose per cui valga la pena vivere. Meglio omettere le altre due. Drogato di serie TV, vorrei assomigliare a Don Draper, a Walter White o a Jimmy McNulty. Quando trovo il tempo, mi diverte a scalare montagne, fare foto, giocare a tennis, cucinare e soprattutto mangiare ciò che cucino. Sono malato di calcio, tifo Manchester United e Milan, ma la mia vera guida spirituale è Roger Federer.

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