
Da appassionata di storia del ventesimo secolo e di ventennio, grazie a una preziosa segnalazione, mi imbatto in un libello alquanto curioso: Adesso parlo io. Un Mussolini rivoluzionario, scandaloso e sorprendente, edito dalla romana Armando Editore e a cura di Enrico Iacometti. L’autore, Roberto Guerra, si dice futurista, ammesso ci si possa ancora sentire tali con qualche decennio di scarto dai padri fondatori senza un pizzico di imbarazzo.
Il libro è suddiviso in brevi capitoli provocatori, Io e…, in cui lo scrittore attribuisce al duce del fascismo alcune riflessioni, talvolta plausibili, talvolta un filo deliranti, sulla politica di allora e quella di oggi, per poi concludersi con pensieri sparsi, in libertà. La sensazione è però che ci sia troppa carne al fuoco, e che riflessioni scomode che avrebbero meritato spiegazioni più ampie vengano liquidate in aforismi e bon mot errati o di difficile condivisione. Alcuni esempi? «Quanto genio proletario ha prostituito il comunismo?», o ancora, «Nerone, fuoriclasse, capostipite dell’Italiano Nuovo, perché hai dimenticato di bruciare il Vaticano»?
Ecco la nostra chiacchierata con il Guerra. Virgole e virgolette, maiuscole e corsivi immutati, in stile marinettiano, queste sono le risposte alle nostre domande. Da cui, pur senza censure o tagli, prendiamo nettamente le distanze. Ai lettori l’ardua sentenza.

A cosa è dovuta, a suo parere, l’estrema attualità di un personaggio controverso come Benito Mussolini? Perché molti giovani, nati decenni dopo la fine del ventennio, lo ricordano ancora con affetto?
“Controverso certamente, ma per questioni ideologiche ancora prevalenti soprattutto in Italia e non solo: il compagno duce, come preferisco chiamarlo, fu un caso-limite psicologico e sociale; davvero un rivoluzionario/reazionario indivisibile, gli opposti inconciliabili. Eppure in tal senso una personalità eccezionale nel cosiddetto bene e male. La meglio ‘giovinezza’ italiana, memeticamente al di là della destra-sinistra… – nei nostri tempi liquidi – per molti aspetti ben più totalitari del cosiddetto fascismo (oggi la mediocrità al potere e non l’immaginazione) sta riscoprendo di Mussolini certa sua ‘essenza’ misconosciuta o sempre edulcorata, succintamente post-futuristica e post-dannunziana (nel cosiddetto bene), la sua rivoluzione moderna incompiuta e inedita ma di un Ventennio Altro – non quello ‘solito’, quello dagli anni Dieci del ‘900, quando Mussolini fu anche il primo leader del socialismo – fino alle leggi razziali criminali e quel che storicamente avvenne. Fu un bivio incredibile della storia, una Singolarità. In questo senso la ‘retorica’ della Resistenza resta innegoziabile. Ma molto altro, attorno e attraverso…. oggi domanda sguardi diversi (per dirla con Wittgenstein). Alla luce, poi, di certa nuova storiografia anti-ideologica post-De Felice. Il mio è un mero contributo innovativo fantapolitico e cyberlinguistico”.

La stampa grida al fascismo ogni giorno. Matteo Salvini è fascista, fascista è chiunque dissenta, anche con garbo. Anche Luigi Di Maio, nonostante l’alleanza di governo, ora tentenna. L’ha notato anche lei? Che opinione ha?
“In Italia, con una battuta, andrebbe abolito l’ODG… i media sono soprattutto il braccio psicoarmato e disonesto del pensiero unico pseudodemocratico ancora dominante, e da decenni: il pensiero dem griffato Orwell. Neppure è più questione politica, ma persino patologica. Sparito il PCI per forza di Storia dopo la caduta del Muro di Berlino, riciclato in cattocomunismo come OGM venuti male, certo andazzo che lei segnala è una semplice esponenziale Proiezione Freudiana 2.0: è il Trauma originario della sinistra, da quando Mussolini ruppe con i socialisti (pre comunisti…). Dopo di Lui sempre lo stesso copione, qualsiasi eretico sempre fascista… anche Salvini che pare difendere la storia italiana e gli italiani contro il degrado afroarabo neo-primitivo (Cassius Clay grande artista della Boxe, sia ben chiaro, non c’entra nulla, come lo stesso Avicenna, per dirla con Franco Cardini). Di Maio, specchio dei bachi strutturali dei 5 Stelle, sempre in bilico tra rivoluzione elettronica e luddismo ‘anarcoide’, in tal senso è vicino, mi pare – per così dire – al suo Orizzonte degli Eventi”.
Claretta Petacci morì con la colpa di aver amato l’uomo più odiato d’Italia e quando il suo compagno cadde, lei scelse di seguirlo. Il suo corpo martoriato venne esposto a piazzale Loreto. Come mai le femministe nostrane non hanno mai riaperto il caso, magari onorandone la memoria – la Petacci è sepolta al Verano –, quando anche il vecchio caso di Montanelli e la giovane concubina oggi fanno notizia?
“Le attuali femministe, contrariamente agli anni ’60 e ’70, sono eterodirette, non sono spesso donne libere/autodirette, senza la loro rete ideologica ancora una volta appiattita sul culturalmente corretto, non esistono, sono automi femmine e spesso neppure – ‘geneticamente parlando’, sublimi. Claretta, nella sua poetica e criminale vicenda finale, a suo modo e a suo tempo, visse l’Amore con coraggio anticonvenzionale per l’epoca, almeno parzialmente, e sconosciuto alle femministe attuali, parodie anche delle bellissime suffragette storiche e di tante icone vere della rivoluzione delle donne – da Lou von Salome a Oriana Fallaci, da, per restare in tema, Margherita Sarfatti a Jane Fonda/Barbarella. Il suo assassinio è una pagina vergognosa della storia italiana e vergognose sono oggi le femministe che rimuovono ancora certo – nelle loro parole – fallocentrismo ‘progressista’ che ne seguì”.

Del delitto Matteotti dice e non dice: sembra giustificare i crimini del regime bollando la svolta autoritaria come necessaria. Lo crede davvero?
“Il libro è chiaro, almeno nelle mie intenzioni, un pamphlet fantastorico, non un saggio specialistico, quindi succintamente non ho attraversato il focus Matteotti in quanto stilisticamente e per forza… complesso e per evitare un facile circolo vizioso off-topic. Tuttavia, in molti punti ho sempre ribadito i ‘bordi’ del discorso, la duplicità di Mussolini. Da un lato una personalità rivoluzionaria, dall’altro nei fatti anche criminosa. Come le leggi razziali di cui dopo…, l’alleanza con Hitler, la Resistenza, in sé, restano punti innegoziabili. Non solo errori (naturalmente verità storica di liberazione, la Resistenza), ma atti criminali come il delitto Matteotti, a volte anche involontari, ma la sostanza non cambia. Quello di Matteotti fu probabilmente uno di questi casi, una lezione… degenerata. Ma comunque ‘poco importa’: Matteotti fu un uomo libero, coraggioso, ma anche nel biennio rosso non fu quello stinco di santo che certa vulgata afferma. Con una nuova provocazione, storicamente nella democrazia americana quanti neri sono stati uccisi con presidenti compiacenti… fino agli anni Sessanta. Inoltre – specularmente – con Lenin stesso, con la Rivoluzione d’Ottobre, quante vittime in nome del radioso avvenire? È sempre un errore ideologico fare di tutta l’erba un fascio”.
Cosa portò alle leggi razziali? Fu l’errore più grande di Mussolini?
“L’antisemitismo in quella contingenza storica e da secoli era diffuso anche nelle cosiddette democrazie occidentali anche a livello intellettuale… anche a sinistra per l’equazione fittizia Capitale-Usura-Popolo Ebraico. Fu il ‘primo’ grande errore innegoziabile, che ebbe le tragiche sequenze esponenziali successive filogermaniche. Ma non era congenito l’antisemitismo del Duce. A Ferrara, con un certo Italo Balbo, alle origini della rivoluzione fascista, il primo podestà fu l’avvocato Ravenna, ebreo. Margherita Sarfatti, figura di primo piano culturale e molto ‘amica’ di Mussolini, era ebrea – oltre che donna. Le leggi razziali furono il frutto malato di un calcolo politico devastante: lo firmarono all’epoca anche famosi dem-comunisti… il day after post venticinque aprile. Ma nel centenario – 2045 – della Liberazione, con l’attuale Unione Europea semitotalitaria ed Eurabica… l’Italia esisterà ancora

Ripercorrendo la storia d’Italia, di Giulio Andreotti scrive che, al posto di Ciano, avrebbe spinto Mussolini a un’alleanza meno catastrofica con Winston Churchill. Ci dice di più?
“Probabilmente Andreotti ci sarebbe riuscito e la storia d’Italia sarebbe stata molto diversa, un ‘futuro’ alternativo: anche la seconda guerra mondiale, forse inevitabile, con la psicosi nazista esplosa ma meno distruttiva e una guerra lampo alla rovescia con l’Italia nel fronte occidentale. E Mussolini, abolendo anche le leggi razziali, sarebbe tornato un Compagno Duce…”
L’immagine di David Bowie, Duca Bianco, come simbolo dell’Occidente è interessante. La nostra civiltà sta perdendo punti di riferimento?
“Tutto è quasi una fiction attualmente: l’Occidente sembra incapace di pilotare la nuova rivoluzione elettronica, di cui il Duca Bianco è stato come artista – per dirla con McLuhan – ‘antenna della razza’: politica, economia, religione ma anche la cultura umanistica stretta spesso non captano certo Nuovo Umanesimo scientifico – magari anche alla Teilhard de Chardin o alla Jung – e sono in certo senso ‘estinte’. In parole semplici, in Italia deve finire la Politica o l’Ideologia come ‘Religione’. Abbiamo bisogno e sogno di una Postdestra e una Postsinistra molto relative, 2.0, e rispettose dell’‘Altro Politico’. Esistono stagioni storiche conservatrici e altre progressiste. La nostra, giustamente, con il Progressismo o Liberal regrediti e reificati per ‘salvare’ l’Occidente (Greco-Ebraico-Cristiano-Scientifico), sembra premiare i cosiddetti sovranisti/populisti“.
Nel suo libro ci parla di come una terza via fosse possibile, un fascismo di stampo socialista ben visto dai leader sovietici anche alla morte di Lenin. Non la trova un’ipotesi azzardata?
“In realtà, certo futurfascismo o fascismo di sinistra sarebbe stato assai indigesto a Stalin. Vero, a Lenin no, ma Lenin era diverso (e fondamentale) dallo Zar comunista, così come il Duce diverso (altrettanto fondamentale) dal folle Hitler. La terza via cosiddetta era possibile nel primo Novecento se avessero vinto il futurfascismo italiano e quello russo, con una metafora anche artistica: per democrazie alla fine più evolute al passo con l’era industriale e mediatica nascente. Oggi fascismo e comunismo appartengono alla paleopolitica, restano le idee di Mussolini e anche Lenin, ancor di più quelle di Nietzsche e Marx. Come in fondo – esempi spettacolari – Cesare e Costantino, non certo dei Buonisti dem ante litteram. Ecco, tra qualche decennio cosi sarà ricordato anche lo ‘scandaloso’ Mussolini”.
Marinetti e D’Annunzio, due nomi su tutti: per quanto non si possa parlare di damnatio memoriae – il Vittoriale è meta di pellegrinaggi, il futurismo si studia ampiamente nei licei –, non sono certo riconosciuti come intellettuali di riferimento in Italia. Eppure l’eredità che ci hanno lasciato è grande. Che ne pensa?
“I più grandi Intellettuali e Artisti del Novecento verso il futuro erano italiani. Banale… perché non sia ‘meritocrazia’ acquisita e condivisa negli anni Duemila… lo sa anche Curiosity su Marte”.

Mussolini apprezzerebbe Trump?
“Finora sì: con Trump, pare, boom economico in USA, difesa della Civiltà Americana, l’unica figlia del futuro come matrice, … dal mito terzomondialista, ecc. L’America, piaccia o meno, è ancora Cuore/Pacemaker del Pianeta, il Regno del Computer e delle AI. In fondo il supposto scandalo Russiagate, con cui i Liberal intendono ancora negare la legittimità elettorale un poco equivale alla provocazione massima del mio libello: Mussolini ha realizzato il comunismo, ma i compagni non se ne sono ancora accorti”.