Eccoci alla terza puntata del “Novecento racconta il Novecento“. Dopo le poesie di Ungaretti e Gli Indiferrenti di Moravia, Giorgio Van Straten ci parla del libro Gli anni impossibili di Romano Bilenchi. Degli scrittori di cui il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York si è occupato fino ad ora e anche di quelli che seguiranno, Bilenchi è il meno conosciuto. Eppure, ci dice Van Straten, “ho voluto inserirlo per due motivi. Primo perché per me rappresenta stilisticamente uno dei vertici della letteratura italiana del Novecento. Ha una capacità di un uso di una lingua essenziale con un lavoro diciamo per sottrazione in cui ogni parola è necessaria. L’altro motivo è perché è un grandissimo narratore di quel passaggio fra l’infanzia e la vita adulta che è uno dei più difficili e più dolorosi della nostra esistenza. In particolare questo libro è la raccolta di tre racconti: la siccità, la memoria e il gelo. E io mi occuperò soprattutto della siccità”.
Dopo aver letto un passaggio del libro, Van Straten afferma: “Se questo ciclo è dedicato ai rapporti fra la storia e la letteratura, la letteratura che racconta la storia, cosa c’entra tutto questo? E vi dicevo ricordatevi la data 1940. Bilenchi è stato fascista da ragazzo convinto che fosse una rivoluzione che avrebbe cambiato l’Italia, si disillude, entra in piena rottura con il regime e con le leggi razziali del ’38. E allora qualcuno ha chiesto a molti anni di distanza a Bilenchi: ma questa siccità non potrebbe essere una metafora di quegli anni del fascismo, di quella vita in cui anche lei si era ritrovato? E lui, in risposta a questa domanda: Io quando l’ho scritta non ho pensato questo, ma certo ora che me lo dite, penso che questa sia una lettura legittima“.
Guardate il video e godetevi questa altra straordinaria puntata de “Il Novecento racconta il Novecento”.