Arte e politica: è un connubio che c’è sempre stato, ma che in questo momento a New York, per un insieme di ricorrenze, avvenimenti, speranze e passioni di vario tipo, sembra acquistare una tinta particolare. E’ così per esempio che all’Istituto di Cultura Italiano, una palazzina nella luminosa Park Avenue, si è inaugurata una mostra di pittura europea intitolata: European Art at the Time of the Treaties of Rome, cioè correnti d’arte europee al tempo dei trattati di Roma. Trattati da cui, come tutti sanno, è poi scaturita l’Unione Europea. Forse che trovare questa chiave espositiva ha qualche cosa a che fare con la paurosa minaccia che, nelle elezioni francesi e dopo il Brexit britannico, pesava sul futuro della favoleggiata unione tra gli stati uniti europei? Se qualcuno lo ha pensato, aveva perfettamente ragione, e rimane solo da congratularsi con le autorità italiane per aver previsto – ovviamente da varie settimane – e realizzato quest’ordine di marcia estetico verso il nuovo ordine europeo.
Ma ugualmente significativo era, nella stessa Park Avenue, anzi nello stesso isolato di Park Avenue, dove ha anche sede il Consolato Generale d’Italia, uno straordinario avvenimento; tanto straordinario, che l’ambasciatore d’Italia a Washington, Armando Varicchio, ha ritenuto di scomodarsi per venire a New York e parteciparvi di persona. Si trattava di una conversazione organizzata dal console generale d’Italia Francesco Genuardi tra il conservatore capo della Frick Collection, Xavier Salomon, e Ronald Lauder, direttore e proprietario della Neue Galerie, uno dei principali musei newyorchesi, sul tema: Arte italiana, bellezza e collezionismo, con il sottotitolo New York loves Italy.

Veramente, che New York ami l’Italia e viceversa non c’era neanche bisogno di dirlo, ma questa volta si trattava di un amore particolare e inatteso, quello tra uno dei più grandi collezionisti del mondo, famoso per la sua sterminata e affascinante collezione di arte centro-europea, Lauder, e l’arte italiana di ogni tempo, a cui lo stesso Lauder ha da qualche tempo deciso di estendere le sue raccolte, senza trascurare il design italiano per cui Lauder ha espresso immensa ammirazione, e che nelle sue collezioni è già rappresentato da Gio Ponti. Interessante anche la partecipazione di Salomon, un giovanotto che nonostante il nome esotico è in realtà nato e si è formato a Roma, e che, seppure di famiglia e nazionalità inglese, ha un mese fa ripreso la cittadinanza italiana.
Da parte di ambedue gli interlocutori, insomma, una specie di cosmopolitismo militante, che nelle rischiose circostanze attraversate proprio in questi giorni dall’Europa aveva un preciso bisogno di essere manifestato. Lauder, nella sua conversazione, ha ricordato di come egli abbia cominciato a collezionare a tredici anni, acquistando con i suoi risparmi di ragazzo un quadro di un certo Egon Schiele, allora sconosciuto ai più; ha parlato di come a suo parere un giovane debba incominciare una collezione d’arte; ha raccontato le famose vicende del suo quadro La donna d’oro. di Klimt, che ha anche fatto oggetto di un film. Ma il momento particolare è giunto quando chi scrive gli ha chiesto se anche per lui la prospettiva dell’Unione europea sia d’ordine non solo politico ma anche artistico. Ci ha pensato un po’, poi ha risposto che la vitalità europea avrà bisogno di esprimersi in tutti i modi, e che il “Brexit” britannico è stato “una vergogna”.

Ma il sottofondo politico della serata ha avuto anche un’altra espressione emozionante. Risulta, come ha scritto qualche giorno fa The New York Times, che Lauder è da decenni stretto amico del neo-presidente Trump, e risulta anche che la nuova amministrazione avrebbe in mente di servirsi di lui come tramite e consulente nelle trattative di pace che ha intenzione di riprendere tra Israele e il popolo palestinese. Anche di questo ho chiesto a Lauder una conferma, e mentre lui ha, ovviamente, preferito non commentare su una decisione che non è stata ancora ufficialmente presa, ha però aggiunto in tono significativo: “La pace per tutti dipende dalla pace in quella parte del mondo”. Parole sufficienti, almeno per me, a trasformare dilettevoli divagazioni sull’arte in una bellissima serata.