A New York, questo è l’autunno di Burri. In concomitanza con l’attesa mostra al Guggenheim che aprirà il 9 ottobre, sono diverse le gallerie che per questa stagione propongono retrospettive sull’artista dei sacchi. Tra queste, l’italiana Ierimonti dove dal 2 ottobre al 23 novembre sono esposte alcune tra le opere meno note ma non meno significative dell’artista per la mostra The Subject of Matter.
Alberto Burri è uno tra i maggiori e più influenti esponenti nella scena artistica italiana del secondo dopoguerra: si è distinto per l’innovazione delle sue opere d’arte, sia per le tecniche di produzione, sia per i materiali utilizzati e, a cento anni dalla sua nascita, le sue opere d’arte mantengono ancora vivo quel carattere di rottura che le ha rese famose. La sua ricerca artistica indaga sulle qualità espressive della materia: sia nella sua pittura che nei suoi sacchi è infatti possibile cogliere il messaggio di sublimazione e trasformazione della materia.
La sua storia biografica ha avuto un ruolo fondamentale nella sua carriera: nato a Città di Castello, in Umbria, intraprende gli studi di medicina, laureandosi nel 1940. Arruolatosi successivamente come ufficiale medico chirurgo, viene fatto prigioniero a Tunisi dagli inglesi nel 1943, e l’anno successivo viene trasferito dagli americani nel campo di prigionia di Hereford, Texas, dove, privato della sua valigia di strumenti chirurgici, scopre la passione per l’arte, sfruttando le possibilità offerte ai detenuti di svolgere varie attività all’interno del campo.
Una volta rientrato in Italia, abbandona la medicina per dedicarsi esclusivamente all’arte. La sua precisione, raffinatezza e ricerca dei dettagli rispecchiano la sua passione chirurgica: alcune linee sono facilmente riconducibili alla riproduzione di parti del corpo umano, come vene, sangue, cicatrici e ferite.
Il tutto, tramite l’utilizzo di materiali poveri, come la carta, il legno, il cellotex e la plastica, che sono protagonisti di quasi tutte le sue opere. Le sue tecniche si abbinano con i materiali utilizzati, interagendo naturalmente e dando un senso di forte vitalità ed energia alle sue opere.
Una raccolta intima e quasi personale, quella curata dal vice presidente della Ierimonti Gallery di New York, Cesare Luigi Caini, in cui sono esposte alcune delle tecniche più utilizzate dall’artista: presenti alcune combustioni, muffe, cretti, e la sua serie di illustrazioni del libro di Saffo, con successive litografie.
Cesare Luigi Caini, vice direttore della Ierimonti Gallery, davanti a due delle Combustioni in mostra
“Burri è stato un artista unico nella sue particolarità. Ho iniziato a collezionare le sue opere fin da giovane, vedendo in lui un qualcosa di straordinario. Il suo richiamo al consumo delle cose materiali, e dell’uso che ne ha fatto in ambito artistico, ha creato una sorta di tipicità, che si è andata sempre più rafforzando negl corso degli anni e che ha portato l’artista ad essere conosciuto in tutto il mondo”, ha detto a La VOCE Cesare Luigi Caini.
Quella dei sacchi, è la serie di opere più conosciute: sulla tela uniformemente tinta di rosso o di nero Burri incolla dei sacchi di iuta, dall’aspetto povero, logori e pieni di buchi e rammendi. Quando apparvero per la prima volta sulla scena artistica (il primo sacco di Burri è del 1949), fecero notevole scandalo ma la loro forza espressiva, collegata al pessimismo esistenzialistico dell’epoca, ne fece presto dei classici d’arte.
In una delle due sale della Ierimonti, sono esposte coloratissime serigrafie degli anni dal ’73 al ’76, prodotte grazie ad una serie di battute di colore e derivanti dalla sovrapposizione di lastre: tra queste la copertina per il libro di poesie Dialogo di Giuseppe Ungaretti. A queste fanno da contrappunto, sulla parete opposta, riproduzioni delle sue famose combustioni realizzate con tecnica incisoria, acquaforte e acquatinta. In mostra anche una muffa realizzata nel ’52 con olio cotto e pietra pomice su legno; del 1953-54 una combustione su carta, realizzata con vinavil e carta d’oro. Sempre di quegli anni, una piccola rappresentazione della tecnica del sacco su cellotex.
Due Combustioni, parte della mostra The subject of Matter
Attraverso la serie di combustioni su carta, risalenti agli anni 1963-65, si può osservare il percorso artistico di Burri, tra incisione e tridimensionalità. A chiudere l’esposizione, un’opera in dieci tavole in tecnica mista del 1973-76, create per la rappresentazione grafica del poema di Saffo, tradotto da Emilio Villa. A fianco di queste la IerimontiGallery ha voluto esporre anche quattro riproduzioni litografiche della stessa opera, realizzate per sovrapposizioni successive nell’arco di ben cinque anni, a evidenziare le differenze tra le tavole fatte a mano e le litografie.
Qui, la vitalità presente nell’opera di Burri, traccia un profondo contrasto tra ciò che egli considera come la sensualità femminile, simbolo universale della procreazione, dalla quale è difficile sfuggire, con la sua costante idea di deformazione e deterioramento della materia.
Due delle litografie in mostra alla Ierimonti Gallery
“Burri è sempre stato appassionato e quasi geloso delle proprie opere d’arte, al punto tale che nel suo testamento ha esplicitamente dichiarato il divieto di vendere opere da lui donate o regalate, dimostrando il suo attaccamento e il suo sentimentalismo nei confronti dei suoi lavori”, ha detto ancora Cesare Luigi Caini.
Punto centrale delle sue opere è sempre la sublimazione della materia, come anche la concezione e l’idea del consumo: nelle combustioni egli corrode la materia attraverso l’uso del fuoco. Nei cretti, creati con caolino, colla vinilica e pigmenti su cellotex, egli esprime l’idea dello sgretolamento, della frammentarietà e della fragilità della terra. La sua pittura è finalmente liberata dal soggetto e dalla forma, esprimendo sensazioni astratte e quasi irreali.
“Quella della Galleria Ierimonti — ha concluso il vice presidente della galleria — è una mostra non paragonabile a quella che si terrà al Guggenheim, sia per quanto riguarda il numero delle opere esposte che per le dimensioni delle stesse. Ma, a distinguerla dalle altre, è sicuramente la passione e la raffinatezza delle collezioni presenti, che sono private e in massima parte di proprietà della galleria e che consentono di vedere un altro Burri rispetto a quello delle grandi opere che saranno esposte al Guggenheim: questa è una mostra più intima, più raccolta”.