Founded by Stefano Vaccara

Subscribe for only $6/Year
  • Login
  • Register

Editor in Chief: Giampaolo Pioli

VNY La Voce di New York

The First Italian English Digital Daily in the US

English Editor: Grace Russo Bullaro

  • Home
  • New York
  • Onu
  • News
  • People
  • Arts
  • Lifestyles
  • Food & Wine
  • Travel
  • Sport
  • English Edition
No Result
View All Result
VNY
  • Home
  • New York
  • Onu
  • News
  • People
  • Arts
  • Lifestyles
  • Food & Wine
  • Travel
  • Sport
  • English Edition
No Result
View All Result
VNY La Voce di New York
No Result
View All Result
in
Arte e Design
March 15, 2015
in
Arte e Design
March 15, 2015
0

Il trauma della pittura, gli sporchi e sdruciti sacchi di Alberto Burri al Guggenheim

Valter VecelliobyValter Vecellio
Alberto Burri, Rosso plastica M 2, 1962. Collezione privata © 2014 Artists Rights Society (ARS), New York / SIAE, Roma

Alberto Burri, Rosso plastica M 2, 1962. Collezione privata © 2014 Artists Rights Society (ARS), New York / SIAE, Roma

Time: 5 mins read

 

Alberto Burri: The Trauma of Painting: il trauma della pittura, ottima sintesi, per la grande mostra-retrospettiva che il Guggenheim di New York ha organizzato, a partire dal prossimo ottobre, per rendere omaggio ad Alberto Burri, il grande artista umbro nato il 12 marzo di cent’anni fa a Città di Castello (e morto a Nizza il 13 febbraio del 1995). Burri in tutto il mondo è conosciuto per la sua serie di Sacchi, realizzati con resti appunto di sacchi cuciti e rattoppati e tele strappate. Meno conosciuta la serie delle Plastiche (più propriamente combustioni di plastica), e le composizioni realizzate con altri materiali non convenzionali.

Il “trauma della pittura”, dunque; e per comprendere e penetrare il concetto cui vogliono alludere gli organizzatori di questa bella mega-mostra che chi si trova a New York farebbe bene a non farsi sfuggire, è bene ripercorrere alcuni momenti-chiave di questo artista, il cui riconoscimento, diciamolo subito, è stato tardivo: per la buona ragione che non c’era alle sue spalle un solido partito, come – per fare un esempio che pur non intende negarne le qualità – è invece accaduto a un Renato Guttuso. Le Combustioni che costituiscono l’ossatura delle Plastiche, impasto straordinario di creatività e capacità di vedere relazioni là dove ancora non esistono (la definizione la rubiamo al prolifico scrittore, di fantascienza, ma non solo, Thomas Disch); e questo “impasto” nasce in quell’amata/odiata America: in quel campo di concentramento in Texas, a Hereford, dove Burri, ma anche Giuseppe Berto. Gaetano Tumiati, prigionieri di guerra (la seconda) vengono rinchiusi.

Come tanti coetanei, il giovane Burri è fascista, ufficiale medico, volontario in Abissinia, ci crede davvero che quella sia non una guerra di aggressione ma l’Italia “proletaria e fascista” che combatte contro le forze della conservazione. Da lì – è il 1941 – in Albania, al seguito del 102º Battaglione Camicie Nere. Due anni dopo di nuovo in Africa, questa volta in Libia e Tunisia; catturato dagli anglo-americani lo spediscono a Hereford, il “campo” dove sono destinati i “non-cooperatori”. All’ufficiale americano che lo interroga e cerca di convincerlo a “saltare il fosso” Burri oppone una logica inoppugnabile: “Se lei fosse caduto in mano ai tedeschi che cosa avrebbe fatto? Avrebbe collaborato? Io non posso, ho giurato fedeltà al Re”. L’ufficiale l’avrà ammirato, per la sua coerenza. Ma l’ammirazione, se c’è stata, non salva i prigionieri da un durissimo trattamento. 

Tumiati, l’autore de Il busto di gesso, in un’intervista racconta: “Dalle gallette alle scatolette di carne, si passò a una misera razione di un’aringa e una pagnotta da dividere in otto. Da novanta chili calai fino a pesarne sessanta. Ci tolsero anche la carta per scrivere le lettere alle nostre famiglie…”. 

Esperienza indelebile, per Burri; e indelebili, gli stenti patiti, l’eterna, devastante fame (“per mesi ci si cibò con l’erba del campo, si arrivò a cucinare un serpente a colazione”). Ricordi amarissimi: “Quando fui deportato in America l’unico bagaglio che portai con me fu lo zainetto sanitario che conteneva fiale, medicine e altro. Pensai che ne avrei avuto bisogno durante la prigionia. E invece fu la prima cosa che mi tolsero. Mi tolsero lo zainetto e mi rubarono l’orologio. Ecco quale fu per me il benvenuto…”. 

Cosa fa Burri per passare il tempo in qualche modo? Comincia a manipolare la poca materia, che ha a disposizione, poche cose. È qui che nasce il suo procedere artistico, fatto da elementi della quotidianità. Non parte comunque da zero: ha assorbito gli insegnamenti del pittore futurista Enrico Prampolini e però ne reinterpreta le lezioni, le sconvolge, imprime una autonoma e originale impronta.

Finita la guerra, torna a Roma, reduce e artista che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Potrebbe tornare a fare il medico, ma no, da tempo ha compreso che non è quella la sua strada. Dall’America porta l’ispirazione di utilizzare la materia prima dei suoi futuri capolavori, i sacchi: “Erano buone tele che utilizzavano i nostri soldati in cucina per fare i sacchi dello zucchero e io poi spesso le trattavo con una preparazione di fondo colorata”. Nel 1948, l’anno precedente all’apparizione del sacco di juta SZ1, Burri aveva dato scandalo presentando i Catrami. Sono gli anni in cui matura quella che sarà la sua cifra: oltre che i sacchi le sue composizioni sono ricche di legni, cartoni, catrami, plastiche e ferro; i colori che dominano sono il rosso e il nero: il rosso brillante del sangue con le sue cicatrici; in contrasto con le nere ferite dell’anima.

Non si può dire che abbia vita facile. Quando nel 1959 la Galleria d’arte moderna di Roma acquista il Grande sacco di Burri, il leader comunista Umberto Terracini (che pure non era da comprendere tra i dogmatici del “realismo sovietico; fu uno dei pochi a opporsi al patto tra Molotov e Ribbentrop), presenta un’interrogazione parlamentare in cui si chiedono delucidazioni in merito alla cifra elargita per quella: “vecchia sporca e sdrucita tela da imballaggio che, sotto il titolo Sacco grande è stata messa in cornice da tale Alberto Burri”. I democristiani non ci pensano due volte ad accodarsi alla veemente protesta comunista. Si dirà: erano gli anni Cinquanta. Facciamo un salto di vent’anni: a Torino la sua mostra allestita alla Galleria d’ arte moderna viene chiusa dall’ufficio d’igiene. Leggiamo la cronaca dell’epoca de La Stampa: “L’occasione fu un grande scandalo per i benpensanti… una signora, appena uscita dalla mostra, ha telefonato all’ufficio d’igiene per chiedere una urgente disinfestazione dei quadri, a suo avviso puzzolenti e pieni di microbi”.  

Vita difficile in Italia; per una sorta di nemesi, quell’America che tanto l’ha fatto penare, lo porta agli altari. Christian Zervos, biografo di Picasso, informa dei Catrami di Burri il direttore del MoMa, James Johson Sweeney; Burri viene invitato a portare i Sacchi da inserire nella collettiva itinerante Younger European Painters. I “Sacchi” hanno già affascinato Robert Rauschenberg in visita al suo studio, e nel ’53 Burri approda alla Frumkin Gallery di Chicago, che ospita artisti del calibro di George Grosz, Otto Dix e Sebastian Matta.

Aveva carattere, Burri; e dunque, come tutti quelli che ne hanno uno, era un pessimo carattere; i compromessi non erano per lui, quello che pensava, lo diceva; e diceva quello che pensava senza pensarci su; che fosse saggio o meno dirlo. Per quanto si possano discutere le sue opinioni e le sue scelte, un fatto è indubitabile: era quello che gli spagnoli chiamano “hombre vertical”. Gianni Agnelli voleva comperare uno dei suoi sacchi, ed era disposto a pagarglielo profumatamente. Niente, lui per qualche ragione si incaponì, quel sacco Agnelli se lo dovette far vendere da altri, Burri gli disse sempre di no. Piero Palombo nel suo Burri. Una vita, scrive: “Era un uomo riluttante a compiacere i potenti, incapace di blandire, sollecitare, affidarsi alle benevolenze altrui”.

Burri muore, come s’è detto, il 13 febbraio del 1995. Alla moglie, la coreografa americana Minsa Craig, predice: “Chi vorrà vedere i migliori Burri, dovrà venire qui, in Umbria, a Città di Castello”; ed effettivamente ogni giorno da tutto il mondo turisti e appassionati d’arte si affollano negli ex seccatoi da lui acquistati per portare a termine un “Cretto” gigante, e i 90.000 metri quadrati di quello, struggente, dedicato a Gibellina, monumento alle vittime del terremoto che sconvolse il Belice del 1968. Oppure fanno la fila allo storico Palazzo Albizzi, che custodisce il resto della collezione Burri. E ora il giusto, doveroso, omaggio del Guggenheim.

 

Share on FacebookShare on Twitter
Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

DELLO STESSO AUTORE

La CIA sotto Kennedy contribuì alla cattura di Mandela: gli indizi aumentano

La CIA sotto Kennedy contribuì alla cattura di Mandela: gli indizi aumentano

byValter Vecellio
Ergastolano evade e uccide due donne, poi si toglie la vita

Ergastolano evade e uccide due donne, poi si toglie la vita

byValter Vecellio

A PROPOSITO DI...

Tags: Alberto Burriarte contemporaneaarte italianaarte italiana del NovecentoArte PoveraBurri
Previous Post

Louie Bellson, a Turning Point in American Culture

Next Post

Tagli ai dipendenti della Regione siciliana: botta e risposta tra Faraone e Pagliaro

Discussion about this post

DELLO STESSO AUTORE

Fancy Clothing, Perfume and Sex Pills: Inside Matteo Messina Denaro’s Hideout

I piaceri di Matteo Messina Denaro: tutti i vizi del boss

byValter Vecellio
Chi è Matteo Messina Denaro: l’ultimo dei grandi stragisti di Cosa Nostra

Chi è Matteo Messina Denaro: l’ultimo dei grandi stragisti di Cosa Nostra

byValter Vecellio

Latest News

Spring Breakers, the Party’s Over. Florida no Longer Wants You!

Spring Breakers, the Party’s Over. Florida no Longer Wants You!

byAmanda James
A New York in aumento le malattie sessualmente trasmissibili: ecco quali

A New York in aumento le malattie sessualmente trasmissibili: ecco quali

byLa Voce di New York

New York

A New York in aumento le malattie sessualmente trasmissibili: ecco quali

A New York in aumento le malattie sessualmente trasmissibili: ecco quali

byLa Voce di New York
Due giorni all’arresto: come Trump sta preparando la sua comparsa in tribunale

Due giorni all’arresto: come Trump sta preparando la sua comparsa in tribunale

byNicola Corradi

Italiany

La crisi dell’istruzione nel mondo: 2/3 dei bambini non capiscono cosa leggono

Master Fondazione Italia-Usa: altre 200 borse di studio “Next Generation”

byLa Voce di New York
World Pasta Day: negli USA sempre più Made in Italy grazie all’ICE

World Pasta Day: negli USA sempre più Made in Italy grazie all’ICE

byNicola Corradi
Next Post
Antonino Arconte (G-71) con il figlio Marco davanti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU

L'agente segreto G-71, l'On. Gero Grassi e la verità su Moro: appuntamento all'ONU

La Voce di New York

Editor in Chief:  Giampaolo Pioli   |   English Editor: Grace Russo Bullaro

  • New York
    • Eventi
  • Onu
  • News
    • Primo Piano
    • Politica
    • Voto Estero
    • Economia
    • First Amendment
  • People
    • Nuovo Mondo
  • Arts
    • Arte e Design
    • Spettacolo
    • Musica
    • Libri
    • Lingua Italiana
  • Lifestyles
    • Fashion
    • Scienza e Salute
    • Sport
    • Religioni
  • Food & Wine
  • Travel
    • Italia
  • Mediterraneo
  • English
  • Search/Archive
  • About us
    • Editorial Staff
    • President
    • Administration
    • Advertising

VNY Media La Voce di New York © 2016 - 2022
Main Office: 230 Park Avenue, 21floor, New York, NY 10169 | Editorial Office/Redazione: UN Secretariat Building, International Press Corps S-301, New York, NY 10017

No Result
View All Result
  • Home
  • New York
  • Onu
  • News
    • Elezioni 2022
    • Primo Piano
    • Politica
    • Economia
    • First Amendment
  • Arts
    • Speciale Venezia
    • Arte e Design
    • Spettacolo
    • Musica
    • Libri
  • Lifestyles
    • Fashion
    • Scienza e Salute
    • Sport
    • Religioni
  • Food & Wine
    • Cucina Italiana
  • Travel
    • Italia
  • English
    • Arts
    • Business
    • Entertainment
    • Food & Wine
    • Letters
    • Lifestyles
    • Mediterranean
    • New York
    • News
  • Subscribe for only $6/Year

© 2016/2022 VNY Media La Voce di New York

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password? Sign Up

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

All fields are required. Log In
By clicking on "Create my account" or by registering, you accept the Term of Service and the Privacy Policy.

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In
Are you sure want to unlock this post?
Unlock left : 0
Are you sure want to cancel subscription?