Il suo viaggio nella memoria inizia aprendo un barattolo di miele siciliano che la riporta ai profumi e sapori della sua terra. In quella Gela, antica colonia greca in Sicilia, che ha lasciato dopo la laurea, di cui conserva ancora sensazioni e colori.
Femminista negli anni universitari, oggi Edi Giunta è una scrittrice, critica letteraria e docente di scrittura creativa alla New Jersey University. Non ha mai abbandonato la sua anima "rivoluzionaria" e la sua passione nel riportare alla luce storie di donne, emigrate, scrittrici. Passione e studio che le hanno fatto guadagnare, a pieno titolo, una pagina del New York Times.
Dopo la laurea in Lingue e letterature straniere all'Università di Catania, Edi vola a Miami per un Master e capisce che il Nuovo Mondo era nel suo destino. Del resto il padre, professore di cultura e formazione "marxista", l'aveva sempre incoraggiata alla carriera internazionale.
Edi, che sin da ragazzina ha nutrito la passione per un certo tipo di letteratura femminile – Maria Rosa Cutrufelli su tutte – si dedica non solo all'insegnamento ma anche alla scrittura. Tra i suoi libri Writing with an Accent e The Milk of Almonds, dedicato alle autrici italo-americane che spesso non hanno, soprattutto in Italia, la giusta visibilità.
E poi le sue ultime pubblicazioni Embroidered Stories che ha curato insieme a Joseph Sciorra e Personal Effects. Essays on Memoir, Teaching, and Culture in the Work of Louise DeSalvo. Proprio al memoir, Edi si è dedicata in questi ultimi anni contribuendo alla scoperta di un genere letterario che sta diventando sempre più popolare. Il memoir rappresenta “il suo biglietto di ritorno in Sicilia – come ci dice in questa intervista – quel viaggio nella memoria che porta alla scoperta di lati a noi prima sconosciuti”.
Da quasi trent'anni negli Stati Uniti, Edi sente forte il legame con la sua Isola. E come Joyce, da quando si è allontanata, sente sempre di più la necessità di parlarne, per non perdere quel cordone ombelicale che lega ognuno di noi alla nostra Ithaca.

Edi Giunta da bambina con la nonna
Edi, il memoir sta conoscendo una grande popolarità, soprattutto in questi ultimi anni. Tu che ti occupi di memoir, come docente e come scrittrice, che differenze tra questo genere e l'autobiografia?
"L'autobiografia racconta di una vita con un approccio quasi storico, narrando le vicende successe. Il memoir scava nei ricordi, recupera e va a scoprire quello che non conosciamo. Il memoir è intimo, viscerale. Ti da l'opportunità di dialogare con te ma anche di conoscere altri elementi della tua vita, della tua famiglia, prima sconosciuti. Il memoir ti permette di rivedere il passato, leggerlo con occhi nuovi".
Un genere democratico ma anche molto femminile?
"Chi non ha una storia da raccontare? Certo poi bisogna anche saper scrivere. Se è vero che molte sono le scrittrici che si dedicano a questo genere, anche gli uomini si stanno facendo avanti. Penso che il fatto che a scrivere memoir siano più le donne abbia a che fare con il rapporto che gli uomini hanno rispetto al loro passato. In questo caso sono più sentimentali e meno vulnerabili delle donne. Ha a che fare anche con la posizione che si occupa nella società. Se hai avuto un ruolo marginale hai più voglia di fare sentire la tua voce".
Che cosa è per te il memoir e la scrittura?
"La scrittura è vitale e il memoir è una sorta di biglietto di ritorno. Nell'ultimo testo a cui sto lavorando parlo della Sicilia e della scomparsa di una mia cara amica. La scrittura mi ha permesso di recuperare legami con persone e una parte di me che non conoscevo".
Edi Giunta con alcune sue studentesse

Edi con il marito Josh da giovani
Tra i tuoi studenti c'è stata anche Margaux Fragoso, diventata una scrittrice acclamata dal New York Times, il cui libro Tigre, Tigre è stato pubblicato in Italia da Mondadori.
"Ho un rapporto bellissimo con i miei studenti del corso di scrittura creativa. Mi piace il modo in cui insieme sviluppiamo le storie. C'è dialogo, scambio. Margaux era una studentessa brillante e non avevo dubbi che il suo talento l'avrebbe portata in alto".
Le autrici italo-americane su cui tu hai fatto molta ricerca, raccontandone le storie, spesso non hanno la giusta notorietà in Italia. Pensi ci sia ancora questa separazione culturale tra l'Italia di oggi e la cultura italo-americana frutto della emigrazione?
"Sicuramente ha a che fare con un certo pregiudizio. Come se questa parte di storia, cultura, non riguardasse l'Italia e fosse vista come un'entità a se stante. Alcune autrici sono state tradotte anche in Italia ma non hanno avuto tutte quell'effetto di popolarità che meritano".
Scrivi in inglese e non in Italiano. Che rapporto hai con la tua madrelingua?
"Con l'Italiano non ho una quotidianità mentre con l'inglese ho sviluppato una forte intimità che mi da molta libertà quando scrivo".
La tua Sicilia, nel memoir dei tuoi ricordi?
"Il profumo del mare, Catania, la mia Gela, i faraglioni di Aci Castello e una granita al bar".
Che Sicilia è quella vista con gli occhi di tuo marito Joshua?
"Una Sicilia sensuale, ricca di profumi e aromi. Tutta la bellezza della Sicilia senza il fardello che noi siciliani ci portiamo addosso".