Ancora una volta, la bandiera tricolore si piazza sul podio di un’edizione straniera di MasterChef. Dopo Luca Manfè, vincitore nel 2013 di MasterChef USA, questa volta è toccato a Massimiliano Di Matteo portarsi a casa il primo premio di MasterChef Israele, in finale con una donna di Gerusalemme.
Dopo anni in giro per il mondo, da 18 mesi Massimiliano vive tra Tel Aviv e Gerusalemme, insieme alla moglie Yonit e i tre figli, tutti nati a New York. A 20 anni, dopo il diploma di geometra e gli studi iniziati alla facoltà di Architettura e mai completati, lascia Montesilvano, il paese dove è cresciuto, in provincia di Pescara, per andare a Miami, Città del Messico e infine a New York. Nella Grande Mela rimane 17 anni, lavorando in sala, come cameriere e manager di ristoranti italiani importanti come Da Silvano, Bar Pitti, “Casa Lever”.
Diciotto mesi fa, la decisione di lasciare la big city e di trasferirsi con la famiglia in Israele, paese d’origine delle moglie.
Dopo aver fatto capitolare e convinto i giudici in finale con con una zuppa di cipolle con bottoni di formaggio e zafferano, ora sogna di aprire un ristorante tutto suo.
Lui però vuole fare tutto con calma e, nonostante si trovi molto a suo agio tra i fornelli e le telecamere, dice: “Non sono uno chef ma amo cucinare. Mi ispiro alla cucina della mia terra, l’Abruzzo, a quella contadina che ho imparato da mia nonna e mia mamma. MasterChef è un biglietto da visita importante che mi ha permesso di farmi conoscere. Il mio sogno? Far conoscere agli israeliani la mia terra e agli Italiani Israele.
Massimiliano, dopo Luca Manfè, un altro italiano si aggiudica la vittoria di un’edizione MasterChef all’estero. Coincidenza o davvero noi italiani siamo i migliori in cucina?
Siamo bravi, c’è poco da fare, perché prima di saper cucinare bene sappiamo mangiare bene. Siamo in grado di distinguere un buon piatto da uno non buono. Io vengo da una tradizione culinaria, quella della mia regione, l’Abruzzo, molto contadina, tradizionale. Ho imparato grazie a mia nonna e alla mia mamma, entrambe due cuoche eccezionali che mi hanno trasmesso un sapere autentico e il rispetto per la tradizione. Questa tradizione in Italia oggi rischia di perdersi. Sono sparite le trattorie e la gente si mette in fila per andare al Mc Donald’s
Come hai conquistato i giudici israeliani? Con quali piatti?
Ho passato l’audizione con un piatto di Davide Oldani: risotto con vino rosso, funghi, formaggio e verdure. Ho superato la mia prima prova con una ricetta tipica abruzzese: crespelle in brodo. Poi, ho scelto un filetto impanato in un grissino tritato, cucinato con il burro e le erbe aromatiche, che ho imparato guardando il mio conterraneo, Niko Romito. Dopo averli conquistati ancora con la pasta con le sarde sono arrivato in finale. Per prepararmi all’ultima prova, ho studiato i piatti dei grandi chef, da Bottura a Scabin. Ancora una volta, mi sono ispirato alla mia terra e a Niko Romito. Con una zuppa di cipolle con bottoni di formaggio e zafferano, ho definitivamente convinto i giudici israeliani.
Sei nato e cresciuto in Abruzzo, poi la tua avventura a New York durata 17 anni. Infine Israele. Cosa ti ha portato lì?
Massimiliano con la moglie Yonit
Il richiamo del Mediterraneo. Dopo 17 anni a New York, dove ho imparato umanamente e professionalmente tantissimo, io e mia moglie, conosciuta nel 2001 nella Grande Mela, abbiamo pensato di ritornare vicino alla famiglia.
Entrambi siamo cresciuti in ambienti familiari solidi, numerosi, che ci hanno supportato molto. Tornare a Pescara, che amo tantissimo, per me sarebbe stato come chiudere l’ultima pagina del libro. Abbiamo deciso così di andare in Israele, da dove viene mia moglie, e di far crescere i nostri tre figli vicino alla sua famiglia e non lontani dall’Italia.
Tel Aviv e New York, due città internazionali ma diverse. Come si rapportano rispetto alla ristorazione e alla vita sociale?
Tel Aviv è una città stupenda, una sorta di New York sul mare. Una città internazionale, cosmopolita, piena di giovani, che investe molto sul futuro. Ci sono moltissimi ristoranti internazionali, amano la cucina italiana. New York è unica sicuramente perché l’esperienza culinaria è iniziata tanti anni fa e si è evoluta. Tel Aviv ha grandi energie e una grande curiosità rispetto al mondo. Ci sono posti bellissimi da vedere e dal punto di vista della ristorazione si sta affermando come una meta gastronomica importante.
Nel quotidiano, si respira una certa tensione politica e sociale?
Massimiliano con Mila, una dei tre figli che ha con la moglie Yonit
Gli israeliani vogliono la pace, vorrebbero poter essere liberi di andare in Egitto o Giordania. In Israele ci sono molti palestinesi, arabi, cristiani che convivono pacificamente. Certo, non è perfetto e i problemi ci sono. Non è semplice.
Vorrei però che Israele fosse conosciuto meglio come un paese giovane che guarda al futuro, con molto potenziale.
Che tipo di cucina hai portato in Israele?
La mia cucina, quella dell’Abruzzo ma soprattutto quella di mia nonna e di mia mamma. Una cucina tradizionale che affonda le radici nel territorio. Una cucina autentica che in Israele viene molto apprezzata. Io voglio portare la cucina dell’Abruzzo perché voglio fare conoscere la mia regione in Israele.
Come viene accolta la cucina regionale in Israele? Cosa amano di più?
La cucina regionale non è per tutti, solo per chi viaggia e conosce le differenze. In Israele sono curiosi e amano molto la pasta.
Massimo Bottura ha condannato i reality show come Masterchef affermando che il cibo è altro rispetto a saper tagliare e sminuzzare ed essere giudicati. Cosa ne pensi?
Bottura è un illuminato, troppo avanti. È vero, ci sono persone che in questi programmi sanno solo sminuzzare carote, ma non tutti. Io, umilmente ho cercato di portare la mia terra in questo programma. Volevo far conoscere la mia regione e la mia tradizione. È un biglietto da visita importante. Dopo la vittoria, tutti mi fermano per strada, mi riconoscono. Io con molta umiltà non mi mi sento uno chef, non lo sono. Ho però molta esperienza e molta voglia di imparare. Ho sempre cucinato e lavorato nella ristorazione.
Dopo Masterchef cosa ti aspetta?
Sto lavorando con una start-up israeliana ed organizzo cene a casa mia. Poi il mio sogno: avere un ristorante tutto mio. Voglio però andarci piano, maturare la scelta e valutarla per bene. Mi trovo a mio agio non solo in cucina ma anche davanti alle telecamere. Penso anche ad un documentario che faccia conoscere l’Abruzzo, la mia splendida regione, agli israeliani.
La tua cucina a cosa si ispira?
Alla mia terra, alla cucina di mia madre e mia nonna.
Quali chef apprezzi?
Niko Romito, Carlo Cracco, Davide Oldani, Davide Scabin, Antonio Cannavacciuolo e Massimo Bottura, che è un filosofo del cibo. E poi il mio amico Antonio Caporale da anni a New York, che è un grande chef.
Cosa ti manca di New York?
A dire il vero non mi manca. E non me l’aspettavo. Sto benissimo in Israele. Mi manca l’Italia, sicuramente. New York è come il paese dei balocchi. Una giostra piena di divertimenti. Ma non può essere per sempre. Oggi è una città carissima, solo per ricchi. Fare un’esperienza nella Grande Mela però serve, è importante.