Il suo Buttanissima Sicilia dicono sia un atto d’amore per la Sicilia, il grido disperato di un giornalista scrittore che non ne può più di vedere la sua terra d’origine devastata ormai da generazioni da politici impresentabili e incompetenti. Ma è davvero così? Questo pamphlet è davvero un grido di dolore per un’isola che sta naufragando? Oppure è solo cronaca, un viaggio desolante tra gli orrori di una terra che affonda il suo passato nel mito e nella letteratura e il suo presente nella retorica dell'antimafia, in montagne di “munnizza” ed eserciti di disoccupati.
Risponde l’autore Pietrangelo Buttafuoco, originario di Agira nell’Ennese, un “eretico” costretto tempo fa a dimettersi da Panorama perché aveva scritto per Repubblica. Il suo ultimo libro, edito da Bompiani, è diventato un best seller, forse il più letto dai siciliani questa estate. Proprio loro che ne escono con le ossa rotte.
“Grido di dolore? Direi più una bestemmia nata da un disperato bisogno d’amore che provo quando ogni volta torno e resto in Sicilia. Mi nasce dentro, ti senti impazzire, ti rendi conto che ogni cosa in questa terra diventa impossibile, inutile. Perché questo bisogno di Sicilia viene ripagato dall’assurdo. È inimmaginabile che in una terra come questa ci sia la maggior parte dei poveri italiani. Qui dovrebbe esserci la vetrina dell’agricoltura, del turismo, della cultura, il nucleo centrale dell’equilibrio geopolitico, invece è disperatamente periferia, neanche ultima provincia, dove non succede nulla. Diventi pazzo”.
Eppure in tanti hanno rivendicato l’indipendenza della Sicilia, la sua cosiddetta “specificità”…
Il sogno dell’indipendenza e poi la concessione dell’autonomia sono stati usati dalla fogna del potere. La Sicilia è diventata il luogo dell’inutilità, noi ci facciamo forti della nostra specificità e invece tutto questo si risolve solo nell’abbandono. Questo è il posto dove non puoi declinare il futuro. Ormai l’unico pezzo di carta veramente necessario per i giovani è il biglietto aereo per andare via.
Disoccupazione quasi al 60 per cento, patrimonio culturale straordinario e musei vuoti, eserciti di precari nullafacenti, sporcizia ovunque. Come ci siamo potuti ridurre così?
Ci siamo ridotti così per una colpa che appartiene a tutti noi. Abbiamo cambiato il significato della politica, che in Sicilia più che altrove è solo clientele, do ut des, terra di conquista per gente che fa della campagna elettorale una specie di concorso pubblico. Chi vince ha un reddito assicurato. Una cosa è l’autonomia del Trentino, un’altra quella siciliana.
Quali colpe ha la politica?
Sono più quelle dei siciliani che hanno avallato questo sistema. Poi il PD ha una colpa ancora più grave. Quella di avere abdicato, affidandosi ad un dilettante, che ha fatto del narcisismo la sua categoria politica.
Lei se la prende molto con Crocetta, ma gli altri politici che hanno governato questa terra per 70 anni?
Crocetta rispetto ad i predecessori ha un’ulteriore colpa. Prima i politici dovevano comunque fare i conti con una platea di giornali e osservatori, mentre lui non ha fatto altro che nascondere la sua incapacità con l’ideologicamente corretto. Se lo critichi come minimo sei omofobo, e magari anche un mafioso.
E il sogno industriale che fine ha fatto? La Fiat di Termini ha chiuso, il polo petrolchimico è messo male….
È una storia antica. Abbiamo fatto scempio delle coste, del nostro territorio, già questo ti fa capire che considerazione hanno avuto della Sicilia gli stessi siciliani. In questa terra c’è stato l’abbandono sistematico dei centri storici, la latitanza dei piani regolatori ed è anche il posto dove è avanzata la desertificazione dei grandi centri urbani. Tra una decina d’anni, l’età media dei siciliani, sarà di oltre 50 anni.
Orlando dice che Palermo è la capitale della legalità. Intanto è ridotta ad una discarica, fuori dai circuiti culturali europei e senza prospettive economiche…
La nostra terra è stata devastata da una retorica che ci ha impedito di costruire un progetto politico, abbiamo fabbricato il nostro presente e il nostro futuro con la retorica invece che con l’identità. Grazie alla retorica, puoi mettere un personaggio dell’antimafia, che fino a pochi mesi fa gestiva una palestra, come responsabile dell’Orchestra sinfonica siciliana. Antimafia, legalità, qui sono ormai parole che svuotano tutto, hanno perso il significato reale. Ad esempio non si può usare il cognome Borsellino per evitare di criticare le iniziative del governo regionale.
La mafia ha causato danni enormi e migliaia di vittime. E certa antimafia?
Esiste la mafia e la mafia dell’antimafia. E poi c’è la lotta alla mafia, che è un’altra cosa. Purtroppo la mafia dell’antimafia ha creato un sistema di potere che ha impedito la critica e il dibattito politico, chiunque non accetta questo viene criminalizzato.
Ora anche il commissario Montalbano a quanto pare si è stancato e lo sceneggiato più visto d’Italia potrebbe essere girato in Puglia….
È il paradosso finale, ma anche questa è una storia vecchia. Come quando il regista Daniele Ciprì dovette girare il suo splendido film È stato il figlio, anche lui in Puglia. È urgente che questi politici se ne vadano, a questa rivoluzione farlocca di Crocetta deve seguire una controrivoluzione concreta, la borghesia siciliana deve rendersi conto che è necessario costruire una alternativa politica.
Ci credi?
Sai qual è l’unico motivo per crederci? Perché peggio di così è impossibile.
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