“Avere sempre in mente dove vuoi andare ma soprattutto dove non vuoi tornare”. E Stefano Spadoni, giornalista e scrittore, sapeva esattamente dove non voleva tornare. “Ero nato nel posto sbagliato, l'Italia. La cicogna a volte commette errori imperdonabili”
Da Bologna si trasferisce a Roma dove lavora nel campo del marketing e della pubblicità. Ad un certo punto della sua carriera sente che ha bisogno di cambiare per inseguire le sue ambizioni. Sentiva che se fosse rimasto nel Bel Paese non sarebbe riuscito ad affermarsi, o semplicemente, non avrebbe potuto esprimersi liberamente. “Mi andava tutto molto bene, ma capivo che non c'era speranza e il crollo era inevitabile. In Italia bisognerebbe cambiare tutto, ma soprattutto la mentalità delle gente, il che è impossibile. In Italia non conta quanto vali ma chi conosci”.
Qualunque cosa facciate, voglio che vi impegnate a farla. Non c'è scusa per chi non ci prova Barack Obama
A New York, Stefano, ha trovato il luogo ideale dove realizzarsi. La mentalità è diversa e conta la bravura. Qui Stefano è diventato un punto di riferimento per chiunque cercasse notizie sulla metropoli e consigli per trasferirsi. La sua esperienza nella City tra cadute e rialzate l’ha racchiusa in un libro ‘Vado a vivere a New York’. Poi ha creato un network che può essere un ottimo punto d'inizio per chi intende muovere i primi passi oltreoceano. L’ultima sua creatura è il podcast "Stefano Spadoni da New York" dove intervista gli italiani che si sono già stabiliti in America. Testimonianze utili per ricevere informazioni di natura logistica, legale e culturale, che aiutano a pianificare un trasferimento che, altrimenti, può risultare più complesso del previsto. Gli argomenti trattati sono numerosi e diversi (visti, lavoro, cucina, rapporti interpersonali, viaggi, condizioni meteo ecc.). Una carriera affascinante nata dalla “voglia di scappare. Trovare qualsiasi strada. Investire. Sputare sangue.”

Jon Stewart e Stefano Spadoni
In Italia si occupava di marketing e pubblicità, ma era anche uno scrittore. Oggi, a New York, a queste attività si uniscono il consulente di immagine ed il personal manager. “Sono partito inviando un mio romanzo tradotto in inglese a centinaia di agenzie letterarie americane. Una decina hanno risposto. Così sono venuto negli Usa per incontrarne sette a New York, poi, da lì gli eventi mi hanno portato ad una agenzia che non era tra quelle contattate. Quest’agenzia mi ha aiutato molto nel mio percorso. Poi il resto l'ha fatto l'America dove se vuoi fare le cose non ti scontri con la mentalità italiana dove fare qualunque cosa è sempre difficile e tortuoso”.
Se riesci a superare i confini, la vita dall'altra parte è meravigliosa. "Grey's Anatomy”
Appena arrivato nella Big Apple si è sentito a casa anche se di errori ne ha fatti molti ed è stata molto dura. La difficoltà più grande per lui è stata trovare la strada per realizzare idee, progetti ma soprattutto resistere a chi diceva: ’non ce la puoi fare’. Parole che ha imparato a evitare.
“Il metodo migliore è tenersi lontani da chi ha influenze negative e non crede in quello che fai. A volte è difficile fare queste scelte, ma se non le fai non arrivi da nessuna parte”.
Un’altra difficoltà che ha incontrato i primi tempi è stata capire che l'America era diversa da quella descritta da molti corrispondenti e da Hollywood. “L'ho superata studiando il paese proprio come se fosse un lavoro ma è stata dura”.
Mentre la sfida maggiore è stata ripartire da zero. “Quando sono arrivato conoscevo solo un amico di Roma che si era trasferito anni prima. Oggi ho un network di migliaia di persone a New York. Il sito è nato mentre conducevo i programmi di Big Apple Radio e poi si è sviluppato nel formato attuale grazie al contributo di un ascoltatore esperto di siti, Stefano Silvestrini, a cui devo un grande grazie per averlo creato. Ora devo ringraziare un altro esperto di internet Alessandro Marzini, per aver salvato il sito da attacchi hackers e in genere per il suo buon funzionamento. Come evoluzione il sito all'inizio aveva il 90% di americani o comunque persone che vivevano a New York, poi si è evoluto con persone in altre parti degli USA, del mondo e molti in Italia”.
Come già anticipato grazie alla sua esperienza e agli errori commessi durante l’inserimento nella metropoli ha scritto il libro ‘Vado a vivere a New York’ per aiutare chi fosse intenzionato a trasferirsi, ad evitare di fare gli errori che ha commesso lui stesso i primi tempi in città. Questo libro è considerato la bibbia per chi vuole volare oltreoceano.
Ora tra i suoi obiettivi c’è espandere l¹audience del programma podcast facendone il punto di riferimento quotidiano utile a chiunque interessino gli Stati Uniti.
A chi vuole tentare l’avventura americana, Stefano, consiglia di organizzarsi prima di partire proprio perché lui non l’ha fatto. Innanzitutto bisogna tener conto del Visto di lavoro (senza il quale è vietato lavorare) e dell'investimento per trasferirsi, non solo in termini di soldi per sopravvivere all'inizio ma anche di investimento mentale per adattarsi e per superare le difficoltà. D'altra parte, dice “se ti organizzi troppo finisci per restare in Italia”.
Prendi ciò che ti è utile e da lì progredisci. Bruce Lee
A New York ha imparato che si può costruire concretamente e non è sulla sabbia come accade in Italia. Questo è l'insegnamento più grande che ha ricevuto negli anni newyorkesi. Da questa lezione ha visto anche i limiti italiani troppo pesanti per una persona libera e intraprendente come lui: “In Italia il cittadino non ha voce e può essere calpestato. Il sistema giudiziario non funziona. Gli imprenditori sono considerati criminali evasori e se hai un problema medico pensi a chi conosci all'ospedale altrimenti rischi di morire aspettando un'operazione chirurgica o un esame medico. E se hai un'impresa guai a te se assumi perché poi non puoi più licenziare. Poi c'è il buonismo, con chi stupra e uccide un bambino o un terrorista che, visto che non esiste l'ergastolo, prima o poi esce di prigione e gli trovano anche un lavoro in una cooperativa, mentre un giovane onesto resta disoccupato. Invece, se un gioielliere rapinato spara contro il rapinatore e lo uccide finisce dritto in prigione perché la giustizia e gran parte dell'opinione pubblica è dalla parte del rapinatore. Non ci vuole molto a capire che un Paese così non ha futuro. Comunque la parte sana se può se ne va come, infatti, avviene”.
E’ duro Stefano nei confronti del Bel Paese e, con rammarico, crede che l'America stia imboccando la strada europea anche se con una sostanziale differenza. “Anche qui la disoccupazione sta diventando un problema, ma non siamo alla follia italiana. Il problema, in Italia, sarebbe risolto se si permettesse di assumere e licenziare quando lo si ritiene necessario e in base al merito non all'anzianità, tagliare le tasse e la burocrazia per le imprese, pagare le pensioni in base a quanto versato non in base a calcoli fasulli sugli anni di servizio che mandano in bancarotta il sistema. I soldi ci sono ma non vogliono trovarli. Se li rubassero di meno ci sarebbero. Quindi le cose vanno avanti verso il baratro ma nessuno può fermarle perché la gente vuole che tutto cambi senza che cambi niente per loro”.
Questo è un altro dei motivi che lo fa restare nella Big Apple e non ci pensa a lasciarla, almeno per ora. “New York è una città unica, difficilmente ripetibile, con una diversità culturale e possibilità che non hai altrove”.
In questa città ha vissuto momenti indimenticabili, ha conosciuto persone uniche e famose, ha partecipato a feste esclusive. Il giorno che non dimenticherà mai è l’11 settembre 2001 “Amavo le Twin Towers. Nei miei interventi alla radio dicevo sempre che chi veniva a New York doveva vederle assolutamente e salire sopra per guardare la città. Avrei dovuto fare un party la notte del 10 settembre nel ristorante in cima ad una delle Twin Towers. Poi la cosa non è andata in porto. La persona con cui avevo parlato è morta. Ma tornando a quel giorno tra tanta brutalità e dolore è stato bellissimo vedere la reazione dei newyorkesi e dell'America. ‘United We Stand’ era il motto. File di gente donare il sangue. Volontari per sgombrare le macerie. Ora il paese è diviso e non è più rispettato nel mondo”.
Divertiti. Ricorda, amico mio, di goderti il progetto così come il suo risultato, perché la vita è troppo breve per riempirla di energia negativa. Bruce Lee
Per Stefano vivere a New York significa: “Vivere un sogno, costato caro, sudato, ma un sogno. Ogni mattina guardo fuori dalla finestra e me ne rendo conto. Purtroppo la direzione oggi presa dall'America è decisamente europea e ho paura che un giorno il sogno si dissolva per cui cerco di godermelo fin che c'è.”
Il segreto del suo successo? Fare molte cose, ma soprattutto fare ciò che ama e lo diverte. “Non credo sia il caso di parlare di successo. E non ci sono segreti: solo andare avanti anche quando ti dicono che non ce la farai o cercano di sminuirti e questo accade spesso se dici cose o fai cose scomode”. Il suo sogno? Per scaramanzia non ne parla. “A volte bisogna tenere i sogni nel cassetto per proteggerli. E il mio è un cassetto grande”. Infine per descrivere la sua filosofia di vita qualche anno fa ha scritto una poesia intitolata
Testamento
Alla gente che non mi ha amato,
lascio il passato,
in cui mi poteva avere
e non mi ha voluto.
A quelli che mi amano lascio il presente,
dove mi possono avere quando vogliono,
e finché mi vogliono.
Per me tengo il futuro.
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