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February 7, 2014
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February 7, 2014
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Inseguendo il suono tra i rumori di New York

Natascia LorussobyNatascia Lorusso
Time: 8 mins read

“Sei libero domani per un'intervista a Robert De Niro?”. Il cuore mi comincia a battere fortissimo. Rileggo il messaggio almeno 10 volte per essere certo di aver letto bene. Robert De Niro, si, c'è scritto Robert De Niro. Naturalmente rispondo che sono più che disponibile.

Il giorno dopo ho l'onore di microfonare il mitico Bob. Mi tremavano le mani. Alla fine dell'intervista ci stringiamo la mano. Lui mi chiede di dove sono. Quando gli rispondo che sono italiano mi regala un meraviglioso sorriso alla De Niro. Indimenticabile. Della serie “cose che succedono a New York”.

Questa è stata solo uno dei tanti episodi che sono capitati in due anni newyorkesi a Jacopo Messina, ventisettenne originario di Catania, uno tra i tanti italiani che, a piccoli passi e con tanti sacrifici, è riuscito a realizzare il sogno di lavorare nel mondo della musica e della cinematografia a New York.

"I sogni si realizzano; senza questa possibilità, la natura non c'inciterebbe a farne". 
John Updike

Jacopo è una persona positiva, sorride alla vita, cerca sempre di essere se stesso e di fare quello che ritiene giusto. Per questo motivo dopo il liceo lascia la Sicilia. Si trasferisce a Roma dove si laurea in Scienze e Tecnologia della Comunicazione. Una laurea di cui è rimasto deluso per mancanza di pratica e abbondanza di teoria. Allora decide di partire per New York dove frequenta una tra le accademie più rinomate del globo: la New York Film Academy.

“Ho deciso di trasferirmi negli Stati Uniti, dove il cinema non solo si studia. Lo si fa!”

Presa la decisione di partire la prima tappa obbligata era richiedere il Visa F-1 (visto da studente), cosa che avrebbe richiesto qualche settimana. “Non ho avuto grosse difficoltà. Solo che bisogna compilare una lista infinita di documenti e scartoffie burocratiche per ottenerlo (tra tutti, quelli che servono a dimostrare al governo americano che tu o chi per te, il tuo “sponsor” diciamo, generalmente i parenti, ha i soldi sufficienti per mantenerti a New York come “full-student” per tutta la durata del corso, quindi lettera personale, estratti conti bancari, ecc…). L'ho ottenuto in circa un mese e mezzo. Due mesi al massimo se non ricordo male, considerando anche il tempo necessario ad avere tutti i documenti pronti”.

Una volta avuto il visto, ha prenotato il volo, preparato i bagagli ed è volato oltreoceano per frequentare l’accademia del cinema e dare il via al suo sogno. L'idea di trasferirsi a New York gli faceva un po' di paura, ma non l’ha fermato. Dopotutto aveva già provato l'esperienza di vivere da solo durante il periodo universitario. C’era solo una piccola differenza: Roma distava 55 minuti d’aereo da casa sua. New York è stata tutta un'altra storia. Trasferirsi in un altro continente era davvero un salto nel vuoto. “Non sapevo cosa aspettarmi esattamente, come mi sarei trovato, che tipo di persone avrei conosciuto. Avevo mille domande, e altrettanti dubbi. Ero spaventato, ma allo stesso tempo molto eccitato. Avevo gli occhi fissi sull'obiettivo, e stavo inseguendo il mio sogno in una delle città più belle che ci siano al mondo. Ero spinto da una forte carica d'energia positiva”.

Volare negli States significava dover contare solo su se stesso. “Avendo la mia famiglia lontana, ho dovuto affrontare quasi tutto da solo e credo che questo abbia fortificato tantissimo il mio carattere”.

Arrivato a New York si è dovuto adattare ad un ambiente totalmente nuovo, ad una mentalità e uno stile di vita ben diverso da quello italiano. L'inglese non era un problema. L’aveva studiato durante gli anni di scuola e praticato grazie a diversi corsi di lingua e viaggi all'estero.

I primi tempi ha avuto diversi momenti di difficoltà come la paura di non farcela, dubbi, incertezze, sentire la mancanza di tutte le persone a lui più care. Tanto che a volte si sente impotente “quando qualcuno della mia famiglia o del mio gruppo di amici è in difficoltà e io non posso fare niente per essere d'aiuto, data la lontananza".

Il primo istinto è quello di saltare sul primo aereo, ma non si possono prendere certe decisioni tanto alla leggera quando si vive in un altro continente. Viaggiare dall'America all'Italia non è affatto economico e c'è sempre la questione lavoro. Anche una semplice telefonata per parlare coi miei genitori diventava, a volte, un problema per via del fuso orario. Bisognava farci l'abitudine ed avere pazienza. Non torno in Italia da più di un anno. Adesso ne sento davvero la mancanza. Affronto tutto questo ripetendo a me stesso, giorno dopo giorno, che i sacrifici che sto facendo adesso sono per un bene più grande, per un progetto di vita a lunga scadenza, che sono più utile a me stesso e alla mia famiglia qui sul suolo americano, che sto facendo ciò che ho sempre voluto fare e che sto lottando per non deludere tutti quelli che hanno creduto e credono in me, compreso il sottoscritto”.

"Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Se si fa una cosa apertamente, si può anche soffrire di più, ma alla fine l'azione sarà più efficace. Chi ha ragione ed è capace di soffrire alla fine vince". GandhiJacopo

Durante il corso di filmmaking Jacopo si è specializzato in registrazione del suono. “Sono un fonico di presa diretta, o, come direbbero qui negli States, location sound recordist. Ho cominciato lavorando nei cortometraggi dei miei colleghi, ho comprato l'equipaggiamento necessario e, attraverso il passaparola, vari annunci di lavoro e siti web per troupe cinematografiche, progetto dopo progetto, ho acquisito maggiore esperienza. Mi occupo anche un po' di post-produzione (sound mix e sound design)”.

Questo gli ha dato poco tempo per dedicarsi ai suoi progetti, ma ora vorrebbe tornare a dirigere qualcosa di suo. “Ho alcune idee per un paio di sceneggiature che aspettano solo di essere messe su carta. Non è facile trovare il momento giusto per sedersi e scrivere, soprattutto quando passi la gran parte della tua giornata sul set. D'altro canto, adoro quello che faccio, e mi da modo di lavorare, osservare e stare a contatto con professionisti di alto livello: registi, direttori della fotografia, produttori, attori, ecc…Da loro cerco di carpire tutti i segreti e i trucchi per creare un film di qualità”.

Lavorare a New York per Jacopo è una vera sfida. “Devi sempre dimostrare di essere al 200% e non c'è margine d'errore. Il lato positivo è che ci sono numerose opportunità, soprattutto per i giovani, e vige una forte coerenza meritocratica. Se vali e dimostri di saperci fare, sei sulla buona strada. Generalmente, non c'è spazio per i 'raccomandati', nell'accezione italiana del termine. Il segreto è: arriva puntuale, fai bene il tuo lavoro e mantieni un buon atteggiamento. Ho la sensazione che se si sbaglia mezza volta si è subito fuori dai giochi. Quindi bisogna tenere il passo e non mollare mai. Cedere, anche di poco, in una città come New York significa farsi ingoiare”.

"Quando si è determinati, l'impossibile non esiste: allora si possono muovere cielo e terra". Yamamoto Tsunetomo

Dopo due anni nella big apple, Jacopo è convinto di aver fatto la scelta giusta. Quando ha cominciato la sua esperienza da studente aveva ancora tanti dubbi. Non sapeva se ce l'avrebbe fatta, se fosse riuscito a reggere il ritmo di una città frenetica e caotica come New York, se fosse riuscito a lavorare e sopravvivere in un'industria tanto competitiva e complessa come quella cinematografica. Invece grazie  all’Accademia ha incontrato professori qualificati, compagni di classe ed amici insostituibili.

“Quelle persone, in gran parte studenti internazionali come me, con gli stessi sogni e le stesse incertezze, fanno parte delle tante ragioni per cui credo che New York sia stata una scelta azzeccata. Inoltre, in questi due anni trascorsi a New York, ho imparato tantissimo, sono cresciuto e ho avuto tantissime soddisfazioni sia a livello personale che professionale”. Poi New York gli ha fatto trovare anche l’amore “una bellissima ragazza del Costa Rica che ho conosciuto all'inizio della mia esperienza americana. Studiavamo entrambi nella stessa scuola, io regia, lei recitazione. Come si suol dire, quando meno te l'aspetti. Stiamo insieme da due anni e mezzo. Ho anche imparato lo spagnolo, grazie a lei”.

"Amare non significa guardarsi negli occhi, ma guardare insieme verso la stessa meta". A. De Saint-Exupéry

Jacopo adora vivere a New York. “È una città che offre tantissimo ed ha mille sfaccettature: arte, bei paesaggi, edifici imponenti, ristoranti di ogni tipo, tantissime attività e diverse forme d'intrattenimento. È una città carica d'energia. Quando vado in giro per Manhattan mi sento sempre come se fossi al centro del mondo”.

Ma c’è qualcosa che non sopporta ed è il rumore. “New York è una città maledettamente rumorosa. Per un sound guy dalle orecchie sensibili come me questo è un incubo, un vero e proprio 'pain in the ass'. Costruiscono qualcosa ad ogni angolo della strada. Tirano su interi edifici in continuazione, ed è tutto un coro di martelli pneumatici, clacson, treni della metro, gente che urla, musicisti e ballerini di strada, sirene delle ambulanze e della polizia che, per inciso, hanno lo stesso suono delle Micro Machines. Mi viene da ridere ogni volta che le sento. E poi tutti corrono, tutti vanno di fretta. Anch'io, per adattarmi, credo di avere notevolmente accelerato il mio modo di camminare. Verrebbe da dire 'Relax, guys! Chill!'".

"Gli americani, poi, non hanno mezze misure. D'inverno il riscaldamento è troppo alto, ovunque, e d'estate l'aria condizionata è troppo bassa, ovunque. Lo sbalzo climatico tra dentro e fuori è impressionante. La pulizia lascia un po' a desiderare, soprattutto per le strade e nella metropolitana. Diciamo che è una città piena d'eccessi”. Per quando riguarda il cibo, Jacopo si adatta essendo una buona forchetta. Ma non bisogni toccargli la pizza. Per lui quella vera è solo in Italia. “La pizza è una, ed è la nostra. E poi, cos'è questa storia della pizza hawaiana? Ananas sulla pizza? Che schifo!”

Un’altra cosa che non gli piace è che mettano il pollo ovunque. “In molte cose c'azzecca come i cavoli a merenda: chicken parmigiana, chicken linguine al marsala, chicken salad (questa è buona, a dire il vero), chicken BBQ…whatever…, persino, indovinate dove…sulla pizza! E non lo tagliuzzano neanche. Pezzi di pollo enormi letteralmente sulla cima del piatto di pasta. Vado d'accordo con tutto ciò che non è italiano, o pseudo tale. Uno dei miei ristoranti preferiti è thailandese. Sto alla larga da quelli italiani. Troppo cari e spesso deludenti. Quando voglio vera, autentica, e genuina cucina italiana, beh, cucino”.

"Non c'è amore più sincero di quello per il cibo". 
George Bernard Shaw

Jacopo oltre il cibo ama il suo lavoro che gli permette di conoscere persone provenienti da ogni parte del mondo. “A volte, unico lato negativo, mi sento un po' disconnesso dalla mia italianità. Dopo aver passato intere giornate a parlare inglese, o spagnolo (necessario, considerando l'altissimo numero di latino-americani), ritornare alla modalità lingua italiana, magari in una telefonata con i miei genitori o con i miei amici, non è affatto semplice. Sembra stranissimo, ma a volte è come se certe parole o modi di dire li avessi del tutto dimenticati".

"Cerco di tenermi sempre informato su ciò che succede in Italia, ma non sempre trovo il tempo per farlo. Tutto sembra così lontano e distante. Lo è, in effetti”.

La spinta di lasciare l’Italia per lui è stata la consapevolezza di andare a vivere nel luogo adatto per realizzare il suo sogno. “Anche il fuggire, per così dire, da una situazione economica e politica che nel nostro bel paese non offre prospettive di alcun tipo. Non favorisce i giovani e non da speranza di una carriera stabile e duratura. La situazione la conosciamo tutti, sebbene ricordarla scateni sempre un certo rammarico. Fino ad ora, ritengo che trasferirmi sia valsa la pena. Farò tutto ciò che è in mio potere per rimanere a New York”.

Il suo sogno? Fare tanti bei film. “Lo realizzerò. Lo sto già realizzando”.

 

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