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January 3, 2020
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Trump elimina “lu tintu” conosciuto e di fatto dichiara guerra all’Iran: perché ora?

Il presidente che per mesi si era opposto ai "falchi" che volevano la guerra all'Iran, adesso la provoca uccidendo il generale Soleimani: decisione solo sua?

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 6 mins read

“Megghiu lu tintu conusciutu, calu bonu a conusciri ”.

(Proverbio siciliano: Meglio il cattivo che si conosce che il buono che si deve ancora conoscere).

Il generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso giovedì notte a Baghdad da un attacco di droni ordinato dal presidente Donald Trump (Foto Mahmoud Hosseini/Tasnim News Agency)

Peccato che Donald Trump non conosca il siciliano, lingua imperniata di pessimismo ma che a volte serve. Forse, lo avrebbe aiutato nel ponderare meglio la decisione di quando ha dato l’ordine di polverizzare con un drone il Generale iraniano Qasem Soleimani.

Non era un buono Soleimani, anzi probabilmente un “tintu,” però sicuramente molto conosciuto e, quindi, più prevedibile. E’ vero, in tanti anni aveva reso un inferno la permanenza di truppe americane in Iraq. Tant’è che Trump, in campagna elettorale, aveva capito e promesso che le avrebbe riportate a casa… Ma di colpo il presidente USA, invece, decide di far fuori quel “cattivo” al quale era stato permesso per anni di entrare e uscire dall’Iraq a piacimento: perché oggi un missile lo incenerisce e non due anni fa? Forse per lo stesso motivo per cui George W. Bush, quando glielo avevano messo nel mirino già nel 2006, decise di tenersi “lu tintu conusciutu”? 

Trump doveva saper bene, prima di prendere la decisione, che Soleimani, anche se a capo di una forza militare messa dal Dipartimento di Stato nella lista “terroristica”, non era uno di quei capi di organizzazioni “extra-nazionali” tipo Al Qaeda o Daesh, quelle da nessuno riconosciute come entità statali. Soleimani era la figura più importante e carismatica delle forze militari dell’Iran,  uno stato sovrano, membro dell’ONU e che oltre essere tra le più antiche nazioni della terra, resta tra le più armate del mondo. Uccidere quindi il suo top general in Iraq, insieme ad un altro leader militare iracheno, non è certo come colpire con un drone il capo dell’ISIS  nascosto in Siria o di Al Qaeda in Pakistan.

Ma Trump, nella scottante roulette mediorientale, ha lanciato una puntata da giocatore d’azzardo: uccidere il generale Soleimani equivale praticamente ad una dichiarazione di guerra.

Trump e la guerra con l’Iran nell’illustrazione di Antonella Martino

La giustificazione di Trump, con l’eco del Pentagono e del Segretario di Stato Mike Pompeo, che sarebbe stata una mossa “preventiva di difesa” perché Soleimani stava pianificando attacchi contro gli americani, non cambia la sostanza:  sarebbe quindi stato un attacco di guerra “preventivo”, di quelli “a sorpresa”, come Israele fece ad esempio nel 1967 contro l’Egitto di Nasser… 

Ma quando Trump poi dichiara che “non vuole la guerra”, che a lui piace la pace, che spetta all’Iran decidere, e lo ripete davanti ai giornalisti? A noi appare un controsenso, o fumo sulla verità,  o meglio fake news: la guerra è stata già scelta dagli USA di Trump, ora agli iraniani restano solo due scelte: la resa senza condizioni (impossibile), o ufficializzarla la guerra con una ritorsione ormai inevitabile.

Chi ha “consigliato” Trump prima di prendere la decisione, ha spiegato al Presidente che, autorizzando l’attacco contro Soleimani, stava dichiarando guerra all’Iran? Facendo forse al claudicante regime iraniano, in questo momento, anche un favore?

A quanto pare, almeno intuiamo dalle dichiarazioni del Pentagono, non sarebbe provenuto dai militari il “consiglio”, ma sarebbe stato direttamente un “ordine” del Presidente di colpire, ordine efficacemente eseguito. Almeno questo ci sembra capire dalla dichiarazione che il Pentagono ha agito “under the direction” del presidente.

Per quanto riguarda il favore… Il regime iraniano era da tempo sotto pressione per via di proteste sparse sia in Iran che in Iraq: ora, nel “clima di guerra”,  potrà soffocarle come meglio vuole, tacciando chiunque scenda per strada a protestare il regime di convivenza col nemico.

Ma chi ha consigliato Trump, una volta che il falco Bolton se ne era andato proprio perché il presidente, mesi fa, aveva resistito di dare l’assenso ad una escalation militare per reagire agli iraniani che avevano abbattuto un drone e colpito una petroliera?

Mentre tutti gli alleati europei compresi, e fate molta attenzione, gli inglesi di Boris Johnson, fanno dichiarazione allibite per non essere stati informati dalla Casa Bianca e dichiarano che una guerra va contro i loro interessi, ecco che gli unici governi che applaudono a Trump, sono l’Israele ancora manovrata da Netanyhau e l’Arabia Saudita killer di giornalisti… Può essere stata la “strana coppia” israelo-saudita ad aver spinto Trump? O invece pesa più il nervosismo presidenziale per l’impeachment del Congresso? Quanto può aver giocato nella frenesia trumpiana di premere il grilletto per sentire “il calore patriottico” del suo elettorato, in un momento in cui è sotto accusa di essere “un traditore” degli interessi nazionali dell’America?

Ma andiamo al nocciolo della questione in cui Trump ci porta tutti all’inizio del 2020: cosa succederà ora con la guerra?

Dopo tre giorni di lutto nazionale dichiarato dal supremo leader iraniano Ali Khamenei,  arriverà la risposta di Teheran. Gli obiettivi possibili della furia iraniana sono tanti, ma quello che sembra il più probabile e pericoloso, si trova davanti casa loro, nel Golfo Persico. Lì i missili iraniani potrebbero colpire obiettivi americani e occidentali  (leggi petroliere) e far schizzare ancora di più in alto il prezzo del petrolio. Tutto questo negli stessi giorni in cui la Turchia di Erdogan (che con l’Iran ha buoni rapporti) ha deciso di inviare truppe in Libia… Avete inteso quindi? Ecco che dal Golfo Persico al Golfo della Sirte, il mondo rischia tra poche settimane l’inferno, soprattutto per quanto riguarda l’industria petrolifera. E indovinate chi è il vaso di coccio che pagherà subito le conseguenze dei prezzi energetici alle stelle?

Il presidente USA Donald Trump nell’illustrazione di Antonella Martino

Già il petrolio. Ecco che una crisi tra USA e Iran, converrà a chi fa soldi col petrolio mentre si rischia di incendiare i pozzi. Quindi a perderci sicuramente sarà l’Italia e tutti quei paesi “dipendenti”, a guadagnarci subito invece ci sarebbe… Ma guarda un po’, una di sicuro sarà la Russia di Putin. Proprio quel petrolio russo così difficile da estrarre e quindi troppo caro per fare affari in tempi normali, ecco che quando il prezzo schizza in alto diventa una fonte di guadagno fondamentale per le casse bisognose di Mosca.

Ma la Russia non era una alleata dell’Iran? Alleata, che parola grossa. Diciamo che negli ultimi anni i due paesi sono guidati da regimi con “interessi” quasi coincidenti. Anche nel caso di una guerra tra Iran e Usa, Putin farebbe un sacco di affari non solo col petrolio che schizza su, ma nel vendere ancora altre armi necessarie agli iraniani per colpire le navi nel golfo e le basi americane in Iraq… Ma la guerra non sarebbe troppo destabilizzante anche per gli interessi russi in Medio Oriente? Dipende. Una grande guerra sicuro. Ma una contenuta, che non si allarghi ai suoi immediati interessi (Siria) e soprattutto una guerra dove poi la Russia possa giocare il ruolo del mediatore pacificatore indispensabile… Certo, anche la Russia rischia, tutti rischiano con le guerre. Però in questo momento è proprio Putin. potenzialmente, quello che almeno agli inizi si potrebbe avvantaggiare di più.

Ecco che quindi Trump non fa altro che aver messo nel vassoio mediorientale dello zar Putin un’altra sua decisione che rafforza lo status della Russia. Questa volta, non ci resta che sperarlo come minore dei mali, forse senza capirlo…

PS 1: Ma a Trump nessuno ha ricordato cosa accadde agli americani in Libano nel 1983?

PS 2: Il Congresso sta verificando che sia nei poteri presidenziali ordinare di uccidere un generale di un paese membro dell’ONU che sta visitando un altro paese membro dell’ONU senza che ci sia una dichiarazione di guerra?

PS 3: E il Consiglio di Sicurezza dell’ONU? Come mai almeno la Russia non lo ha subito convocato d’urgenza ieri? Lo farà… già certo che lo farà, ma con calma…

PS 4: Intanto, venerdì l’ambasciatore dell’Iran alle Nazioni Unite Majid Takht Ravanchi ha comunicato formalmente, con una lettera al Consiglio di Sicurezza e al Segretario Generale Antonio Guterres, che il suo paese si riserva del diritto “to self-defense under international law”, di difesa secondo i dettami della legge internazionale, dopo che gli USA hanno ucciso il generale Qassem Soleimani, top commander della forza  Quds della Revolutionary Guards dell’Iran.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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