La delegazione italiana in visita al Palazzo di Vetro per l’evento di alto livello “Women in Power”, oltre alle deputate e alle senatrici capeggiate dalle vicepresidenti della Camera Mara Carfagna e Maria Edera Spadoni, ha oggi visto la presenza del ministro per la Famiglia e le Disabilità, Lorenzo Fontana. Il Ministro ha partecipato infatti al Dialogo Interattivo di Livello Ministeriale sul tema “Women’s empowerment and the link to sustainable development” (“L’empowerment femminile e il legame con lo sviluppo sostenibile”), dove ha tenuto un discorso in cui ha illustrato le specificità dell’impegno del Belpaese sul tema. Certo: a giudicare dalle polemiche che lo hanno riguardato in patria sin dalla sua nomina, la notizia del suo intervento sulla questione dei diritti delle donne avrà forse fatto storcere il naso a qualcuno. Fontana è stato duramente contestato dal mondo dell’attivismo femminista e LGBTQ nel nostro Paese per alcune sue uscite non esattamente “politically correct”. “Sono cattolico, non lo nascondo. Ed è per questo che credo e dico anche che la famiglia sia quella naturale, dove un bambino deve avere una mamma e un papà”, aveva detto poco dopo la sua nomina, scatenando indignazione e polemiche.
Note sono le sue posizioni fermamente anti-abortiste, teorizzate anche nel suo libro La Culla vuota della civiltà, in cui si è apertamente schierato contro la legge 194 sull’aborto. A questo proposito, in un’intervista al Secolo XIX, si era rammaricato del fatto che “purtroppo nel nostro contratto non c’è la stretta sull’aborto”. A suo avviso, “più che di aiuti alle famiglie io parlerei di aiuti alla natalità. Viva le mamme”. Ammiratore esplicito del premier ungherese Viktor Orban, di Vladimir Putin ha detto: “Rappresenta uno dei primi politici che ha portato avanti la battaglia identitaria per difendere il proprio popolo”. Di recente, ha fatto molto parlare l’inedita esegesi da lui proposta della famosa massima evangelica “Ama il prossimo tuo”, a suo avviso per nulla in contraddizione con lo slogan leghista “Prima gli italiani”: “Ci accusano anche da ambienti cattolici, ma la nostra azione politica sull’immigrazione si ispira al catechismo. ‘Ama il prossimo tuo’ ovvero in tua prossimità e per questo dobbiamo occuparci prima dei nostri poveri”, ha spiegato. Proprio sui migranti, Fontana ha denunciato il rischio di “sostituzione etnica”, causa di un annacquamento dell’identità del Paese che accoglie. E anche da questo punto di vista, il Ministro ha sempre esaltato il ruolo sociale e, per così dire, demografico della donna in quanto “madre”. Mai, del resto, ha fatto mistero riguardo al suo retroterra culturale e valoriale di riferimento: “veronese e cattolico”, come si descrive su Twitter, Fontana ha rivendicato con orgoglio il suo contributo nello stipulare “l’alleanza storica” tra la Lega e il Front National di Marine Le Pen. Il titolare del dicastero della Famiglia, a seguito del lancio di uova contro l’atleta di colore Daisy Osakue – episodio che, contrariamente a quanto si pensava all’inizio, si è appurato non aver avuto configurazione razzista –, ha anche chiesto l’abolizione della legge Mancino, che consente di contestare l’aggravante della discriminazione razziale.
Più diplomatico il suo intervento (tenuto rigorosamente in italiano) alle Nazioni Unite, che della diplomazia sono sede ufficiale. Il Palazzo di Vetro, insomma, non ha “tremato”, come qualcuno, forse, a giudicare dai precedenti e dalle polemiche italiche, si sarebbe potuto aspettare. Eppure, tra le righe del suo discorso, si leggeva chiaramente la particolare, se non esclusiva attenzione di Fontana alle donne che scelgono di essere madri. “Garantire alle donne e alle ragazze un lavoro dignitoso, senza segregazioni e divari salariali in un ambiente che aiuta a conciliare le esigenze familiari con la vita professionale, e attuare misure volte a rafforzare la rappresentanza delle donne nei processi decisionali, politici ed economici”, ha detto, “favorisce lo sviluppo di modelli economici e sociali sostenibili, anche rispetto al contrasto al declino demografico nei Paesi dove questo fenomeno sta assumendo proporzioni allarmanti”. “La necessità delle donne di accedere e permanere nel mercato del lavoro”, ha sottolineato, “non può prescindere dalla loro piena realizzazione nella vita privata, che può essere realizzata soltanto mediante la garanzia di poter conciliare gli impegni professionali con la cura della famiglia”. Conciliazione, ha ammesso, che è anche “un importante strumento di empowerment economico, lavorativo e sociale per le donne”, ma “riconoscere il suo valore solo in questa veste sarebbe riduttivo. La rilevanza della tematica”, ha proseguito, “è infatti tale da poter essere inserita in una dimensione più ampia, che riguarda l’economia e lo sviluppo di ogni Paese, con impatti immediatamente apprezzabili anche sui principali indicatori demografici”.
??Min for #family & #disabilities #Fontana speaking at the #CSW63 interactive dialogue on the review theme, reaffirming the key link between #women’s #empowerment and #sustainabledevelopment and Italy’s commitment to reaching gender equality in line with #2030Agenda pic.twitter.com/bcCGjG9aKg
— Italy UN New York (@ItalyUN_NY) March 13, 2019
Proprio su questi temi, ma anche sui rapporti, ultimamente controversi, tra Italia e Nazioni Unite, il ministro Fontana ha risposto alle nostre domande al termine del suo intervento. “Sono tematiche importanti”, ci ha detto in proposito, “perché quello che stiamo verificando anche in Italia, dove abbiamo un grave problema soprattutto dal punto di vista demografico”, è che non è sempre facile “riuscire a fare in modo di assicurare un welfare familiare in particolare per le donne che possa permettere loro di realizzarsi sia nel mondo del lavoro, o anche solo di mantenerlo, sia a livello familiare: lo vediamo dalle statistiche, il desiderio di natalità c’è ed è molto grande”. E “riuscire a parlarne qui e far capire come stiamo cercando di intervenire su questo problema penso sia molto importante, all’interno di tutte le tematiche che riguardano l’universo femminile, e speriamo di riuscire a migliorare un po’ anche i dati che abbiamo in questo momento, che possono essere ancora migliori, ma sono già messi meglio rispetto a qualche anno fa”.

E in merito al persistente accento posto sulla donna come madre – binomio spesso contestato dai movimenti femministi, perlomeno nella sua accezione di necessità e connaturalità –, e quindi sul suo prioritario diritto a conciliare vita professionale e personale, il Ministro ci ha detto di non aver temuto fraintendimenti al Palazzo di Vetro: “Ovviamente è una scelta che deve fare una donna. Il problema che abbiamo in Italia, ma che mi dicevano esiste anche qui negli Stati Uniti, è che talvolta è difficile conciliare una carriera con il fatto di voler avere dei figli e una famiglia, e questo non è giusto. Noi stiamo cercando di aiutare le aziende a capire che la maternità non pone nessun problema: anzi, ce ne sono alcune che hanno creato un sistema di welfare familiare che, favorendo le donne, ha visto aumentare la propria produttività”. Quindi, “riuscire a conciliare il welfare familiare di un certo tipo, che permette alla donna di avere la possibilità di seguire la propria famiglia, ma dandole anche la possibilità di realizzarsi in maniera piena e autonoma nel mondo del lavoro, è una cosa che va di pari passo con i diritti delle donne”. Provvedimenti di questo tipo, insomma, possono fare il bene “delle donne, delle aziende e di tutta la società”. “Con un tasso di natalità così basso”, ha spiegato il Ministro, “si va a intaccare un sistema sociale intero. Ormai gli economisti sono concordi nel dire che una natalità così bassa crea un calo del Pil, che già in Italia è molto basso. Quindi, bisogna rendersi conto che questo è veramente un problema”.
Sulle critiche che Mara Carfagna ha espresso alla Voce in merito al ddl Pillon e alla proposta leghista di riaprire le case chiuse, a suo avviso sintomo di un arretramento per i diritti delle donne, il Ministro ha minimizzato: “Intanto sono proposte che non sono ancora passate, e nessuna delle due credo sia all’interno del programma di governo, quindi”, a suo avviso, si tratta delle “solite schermaglie politiche”. Dal canto suo, il Ministro rivendica gli investimenti fatti a favore delle donne: 80 milioni su 104 milioni del fondo famiglia sul tema di welfare familiare, “e quindi per favorire le donne nel mondo del lavoro”, e i fondi stanziati per le vittime di violenza familiare. “Nel giorno dell’8 marzo sono state presentate delle leggi per accelerare i procedimenti per quelle donne che subiscono violenza da parte degli uomini”: “Non mi sembra”, ha sottolineato il Ministro, “che ci sia questa regressione”. Su alcune leggi, ha aggiunto, “si può ovviamente discutere, ma penso che nessuno abbia in mente di fare qualcosa per far regredire i diritti delle donne”. A dimostrazione di quanto affermato, il nostro interlocutore ha ricordato di essere “circondato da donne”, e di avere anche una figlia.
Quanto ai rapporti non sempre distesi di questo Governo con le Nazioni Unite (i nostri lettori si ricorderanno almeno le varie “tirate d’orecchie” del Consiglio per i Diritti Umani e degli esperti ONU in tema di migranti, la conseguente promessa di Salvini di tagliare i fondi per l’ONU, l’effettivo taglio previsto in manovra e la non adesione al Global Compact for Migration), Fontana ha chiarito di non percepire freddezza nei confronti del Belpaese: “L’ONU è un organismo complesso. È chiaro che la tematica delle migrazioni è una delle più importanti ma anche difficili da sviluppare, perché riguarda tanti Paesi, tante culture”, ed è legata a “tanti squilibri sociali, perché, quando vi sono migrazioni così importanti, è chiaro che sia per i Paesi di origine che per quelli di destinazione si creano problematiche sociali oggettive”. Per questa ragione, secondo il Ministro “deve essere capito sia quello che muove i migranti a lasciare i propri Paesi, sia le difficoltà oggettive di chi subisce questi processi”. “Credo che migrazioni così importanti abbiano delle cause sempre dolorose alle spalle: guerre, povertà, persecuzioni”. E “un organismo importante come l’ONU, esattamente come dovrebbe fare l’UE, dovrebbe sradicare alla radice questi mali”, e non “guardare solo all’effetto finale”. Certo, ammette il Ministro: “L’ONU fa quello che può, così come l’UE, così come il Governo italiano”. Allo stesso tempo, “penso sia importante focalizzarci più sulle cause alla radice che sull’effetto finale, cercando per quanto possibile di gestire la migrazione”, aggiuge Fontana. Che nulla, però, ha detto sulla decisione, sostenuta dalla Lega, di non firmare il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, che tra le sue priorità, oltre a proporre una gestione condivisa e collaborativa del fenomeno, aveva proprio la messa a punto di strategie per affrontare le sue cause primarie. Tantomeno ha fatto riferimento alla decisione dell’esecutivo nella legge di bilancio 2019 di ridiscutere al ribasso i contributi italiani alle Nazioni Unite, a cui pure attribuisce responsabilità tanto imponenti.