Era il 10 settembre scorso, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini, in risposta alle critiche rivolte all’Italia dall’Alto Commissario per i Diritti Umani Michelle Bachelet, aveva ventilato il taglio dei contributi che il Belpaese destina ogni anno al bilancio delle Nazioni Unite. Bachelet – allora fresca di nomina, dopo l’addio del suo predecessore giordano Zeid Ra’ad al
Ogni anno l’Italia dà all’#Onu più di 100 milioni di euro.
Se questi signori si permettono di dare lezioni agli italiani, valuteremo sull’utilità di continuare a versare così tanti soldi per finanziare sprechi e mangerie.
Il razzismo vadano a cercarlo altrove. pic.twitter.com/giiG8Te8S4— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 11, 2018
Poco dopo la “sfuriata” di Salvini, era intervenuto, a calmare le acque, il ministro degli Esteri Enzo Moavero, il quale, pur definendosi amareggiato per le parole dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, sulla prospettiva di tagliare i fondi italiani all’ONU aveva spiegato: “Sappiamo che l’organizzazione ha periodicamente qualche braccio di ferro con alcuni Stati membri, alcuni sono usciti da certe agenzie, ma non siamo ancora arrivati a questo punto”. Quindi, un paio di settimane più tardi, il Ministro si era presentato all’Assemblea Generale ONU esaltando la vocazione multilaterale – anzi, “mondialista” – dell’Italia (vocazione che il premier Conte, durante il suo discorso davanti al prestigioso consesso internazionale, aveva provato a far sembrare compatibile con quella “sovranista”), e poi assicurando che, con Bachelet, erano intercorsi i dovuti chiarimenti.
Tre mesi più tardi, evidentemente, a “quel punto” ci siamo infine arrivati. Perché la manovra, votata “alla cieca” dal Senato sabato notte e che approderà alla Camera tra qualche giorno, prevede anche, all’articolo 57 comma 15, un taglio del contributo dell’Italia all’ONU, ridotto di 35,3 milioni nel 2019 e di 32,3 milioni a decorrere dal 2020. E sia che in effetti si tratti di una risposta alla “tirata d’orecchie” di Bachelet (alla quale è seguita, peraltro, una sonora bocciatura del decreto sicurezza), sia che costituisca solamente un affannoso tentativo di recuperare risorse per finanziare le ambiziose promesse elettorali contenute nel contratto di Governo, il risultato non cambia: la sforbiciata riguarderà il fondo relativo ai “Contributi ad organismi internazionali”, sotto il cui cappello confluiscono le risorse per i contributi all’ONU, ma anche ad altre organizzazioni, quali l’Osce e il Consiglio d’Europa. A questo punto, toccherà proprio al ministero degli Esteri il compito di provvedere “agli adempimenti necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte”.
Nella relazione inviata alla Camera a metà novembre, si specificava che i contributi alle Nazioni Unite degli Stati membri si articolano in tre parti: un primo bilancio finalizzato a coprire le spese per il personale e il funzionamento dei principali organi dell’ONU, finanziato tramite contributi obbligatori che vengono stabiliti dall’Assemblea Generale; un secondo, che riguarda le missioni di pace nel mondo, e un terzo, per i tribunali istituti dal Consiglio di Sicurezza, quali il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e un meccanismo residuale a supporto dei due tribunali citati. Il taglio previsto da Roma dovrebbe riguardare il primo bilancio, nell’ambito del quale l’ammontare del contributo di ogni Paese è stabilito, ogni tre anni, da un apposito organismo tecnico, il Committee on Contributions. Quest’ultimo ha affidato all’Italia (ottava sui 12 principali contributori del bilancio ordinario dell’organizzazione) un onere di contribuzione, per il 2016-2018, del 3,7%, a fronte di un 4,4% del triennio precedente. L’Italia si trova anche nella lista dei 10 maggiori contributori alle missioni di pace, con un contributo di 273,9 milioni di dollari per il 2016-2017, di 255 milioni di dollari per il 2017-2018 e di 250,7 milioni di dollari per il 2018-2019.
Nella relazione, si puntualizza anche che non si tratta della prima sforbiciata dell’Italia ai fondi concessi all’ONU, almeno in anni recenti: perché già nella legge di stabilità 2015, presidente del Consiglio Matteo Renzi, si prevedeva una riduzione dei contributi del nostro Paese a organismi internazionali, “con una correlata rinegoziazione dei termini di accordi internazionali riguardanti la quantificazione di contributi volontari ed obbligatori versati dall’Italia”. Tra questi tagli, ammontanti a un totale di 25,2 milioni di euro per il 2015 ed a 8,4 milioni di euro a decorrere dal 2016, “figurava anche l’autorizzazione di spesa riguardante il contributo all’ONU, ridotto per il 2015 di 20 milioni di euro“.