A pochi giorni dalla ricorrenza della strage di Capaci del 23 maggio 1992 dove persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvino e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonino Montinaro; sembra che tutto sia stato detto e che le ricorrenze siano diventate occasioni necessarie e obbligatorie per chinare il capo, riflettere con gli occhi umidi e sentire nel cuore quel senso di perenne dolore consapevoli che non ci saranno mai svolte giudiziarie che possano fare piena luce su una delle pagine più nere che l’Italia di fine millennio ricordi.
Oggi però lo sforzo degli inquirenti, del pool antimafia e di ogni uomo dello Stato che ha sacrificato la propria vita per aggiungere una tessera importante al complicato mosaico, pian piano sembra emergere e dare i frutti; oggi, oltre agli esecutori materiali della strage, si ha la certezza che Stato e mafia, mafia e Stato hanno avuto responsabilità, una propedeutica all’altra e viceversa, in una sorta di trattativa che ha visto la presenza di regie occulte ben al di sopra della semplice organizzazione mafiosa. Questo è quanto emerge dal lavoro capillare e instancabile di giudici che pazientemente e con sprezzo del pericolo continuano e continueranno sempre il lavoro di Giovanni Falcone interrotto da quel tragico pomeriggio e ripetuto cinquantasette giorni dopo in via D’Amelio con la strage di Paolo Borsellino e della scorta. E’ bene quindi non sottovalutare l’importanza di un futuro dove le generazioni dei giovani assimilino legalità e giustizia come fondamento della propria esistenza e che conoscano a fondo la storia del loro paese per assimilare e comprendere i valori istituzionali. Ogni traguardo ha visto un percorso lungo e tortuoso e tanti protagonisti, ognuno con il suo contributo, hanno consentito di arrivare al punto di oggi che vede la mafia non sconfitta ma fortemente indebolita.
Durante la ricorrenza della strage di Capaci, un paio di anni fa, tra i tanti e diversi interventi che riepilogano, ognuno a suo modo, i passi e le modalità con cui personalità vicine alle istituzioni hanno sacrificato la propria esistenza, quella di Vito Lo Monaco, presidente dell’associazione Pio La Torre, appare particolarmente efficace perché rivolta direttamente ad una platea immensa di giovani in via Notarbartolo, vicino all’albero Falcone dinanzi al portone dove abitava. In quella giornata Vito Lo Monaco ebbe a dire:
“È il modo simbolico più significativo per dimostrare che l’antimafia vera è una ma ha mille facce, mille storie diverse che raccontano l’impegno comune delle vittime per il cambiamento in nome della Costituzione Repubblicana a difesa dei più deboli e della democrazia contro ogni forma di violenza, di disuguaglianza e ingiustizia sociale. È questo quello che unisce l’antimafia sin dal suo manifestarsi dai fasci siciliani dell’ottocento al movimento contadino del dopoguerra agli anni ottanta e novanta fino all’epoca appunto dei delitti politico-mafiosi delle stragi. È un filo rosso purtroppo di sangue che unisce uomini e storie politiche e culturali sociali istituzionali diverse. Scrisse lo storico Francesco Renda che senza il disegno di legge scritto con il contributo anche di Rocco Chinnici presentato dopo l’uccisione di Pier Santi Mattarella, democratico cristiano presidente della Regione; da Pio La Torre deputato comunista e poi segretario regionale del suo partito che era stato anche un dirigente sindacale della CGIL e che ha provato al parlamento nel 82 solo dopo l’uccisione di Pio La Torre e del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa sarebbe stato difficile imbastire il Maxi Processo che si avvalse grazie agli investigatori a quei giudici inquirenti e giudicanti di cui abbiamo sentito parlare del reato di associazione di stampo mafioso e della confisca dei beni proventi di reato introdotti dalla legge Rognoni-La Torre. Ma senza la capacità e la volontà del pool antimafia di cui furono esponenti di primo piano e purtroppo vittima per la loro tenacia esplorativa e descrittiva del fenomeno mafioso Falcone e Borsellino probabilmente la legge Rognoni-La Torre sarebbe rimasta inapplicata. Esplorare la rete di relazione tra mafia, affari politici e corruzione è stato ed è pericoloso ma solo quando questa rete di relazione con imprenditori corrotti, politici compiacenti, istituzioni e società indifferenti saranno definitivamente spezzate, saremo tutti liberi da ogni mafia. E’ il compito, il testimone che consegniamo a voi giovani generazioni per vivere un futuro libero e avere un lavoro pieno di dignità.”
E ai ragazzi che sempre più numerosi accorrono e partecipano alle ricorrenze che ogni anno li vedono sempre più sensibili e interessati a comprendere e capire il fenomeno mafioso, Il presidente Lo Monaco, come un padre parlerebbe ai propri figli, raccomanda:
“Ragazzi, la mafia è senza dignità e onore, ogni suo euro è macchiato di sangue, come ricorda Papa Francesco e anche noi da laici lo ascoltiamo e vorremmo lo ascoltassero unanimi tutti i componenti delle classi dirigenti del paese, quella politica, quella economica, quella istituzionale e quella sociale. Oggi voi rappresentate l’intera società civile di questo paese che percepisce quanto pericolo la mafia rappresenti per la nostra democrazia e per la crescita economica e sociale del paese e quello che contraddistingue questa antimafia vera, plurale da quella di cartone, ipocrita, pericolosa che serve a schermare affari e carriere politiche, a voi dunque questa consapevolezza proseguire insieme alle vecchie generazioni questa battaglia per il cambiamento contro ogni sfruttamento. Sono sicuro che sarete all’altezza che oggi compete a voi nella scuola, domani nella società che vi costerà sacrificio e impegno. La mafia non è invincibile ed oggi risulta indebolita ma non sconfitta definitivamente; essa si evolve e si adatta alla finalizzazione globalizzata di questo mondo grazie alla sue reti di relazioni, il metodo mafioso, vedete il processo mafia capitale, può essere smantellato e occorre quella volontà politica che rivendichiamo con forza affinchè gli investigatori, i giudici, gli imprenditori e cittadini onesti si sentano sempre più forti della mafia e sappiano spezzare quel sottile filo evolutivo del metodo mafioso che rimane sempre uno strumento illecito di potere e ricchezza. So che ce la faremo, so che ce la farete”.
Ogni ricorrenza deve aggiungere sempre un tassello nuovo verso la verità e non deve essere solo occasione di riflessione e di dolore nel ricordo ma occasione per aggiornare un resoconto dei progressi in una lotta che non deve mai scoraggiare ma che deve essere stimolo per il raggiungimento della piena verità.