Da un po’ di tempo la stampa riprende i risultati ottenuti dal telescopio Kepler alla ricerca di pianeti simili alla Terra. Iniziò la carrellata il pianeta Gliese 581g attorno alla stella nana rossa Gliese distante 20,5 anni luce dalla Terra. La scoperta fu fatta usando misure della velocità radiale, combinando 11 anni di dati raccolti dallo strumento HIRES del Keck 1 telescope e dello strumento HARPS appartenente al telescopio ESO da 3,6 metri che si trova nell'Osservatorio di La Silla nel sud del deserto dell'Atacama, in Cile.
L’ultimo pianeta, in ordine di tempo scoperto è Kepler 186f. Negli ultimi anni sono stati indagati circa 2000 pianeti simili alla Terra. Le caratteristiche salienti sono quelle di avere presenza di acqua e di avere una temperatura superficiale non troppo elevata. Alla fine solo alcune decine di pianeti sono assimilabili alla Terra.
A quanto pare l’acqua è presente in tutto l’universo, anche se non in tutte le sue fasi, vapore, liquido, ghiaccio, che è solo presente sulla Terra. Allo stesso tempo abbiamo scoperto acqua allo stato solido sui poli della Luna e su Marte, su un satellite di Saturno, Encelado, su un satellite di Giove, Europa. Insomma la ricerca dell’acqua è stata fruttuosa.
Alcune persone mi hanno chiesto, perché non usiamo gli strumenti che sono stati sviluppati per fare le missioni planetarie per utilizzarli sulla Terra? La risposta è assai semplice, perché quegli strumenti sono costruiti per fare uno o più esperimenti ma non per essere usati in applicazioni di tipo operativo. Il concetto di operatività sfugge ai più, ma può essere condensato in una breve spiegazione, ad esempio, applicandolo ai satelliti meteorologici. Oggi questi sono parte di un sistema che misura le temperature, la pressione, l’umidità relativa, al suolo e in quota. Completano la rete terrestre mondiale, riempiendo i buchi d’informazione, presenti sul mare, alle alte quote atmosferiche, nelle zone desertiche, laddove mancano i dati. Tutti i dati sono poi analizzati da modelli matematici che fanno una previsione a breve periodo. Quella a lungo periodo è preclusa per effetto dei fenomeni non predicibili, oggi noti come effetti legati alla caoticità del sistema atmosferico, come mostrò Edward Lorenz nel 1960. Per questa ragione quando il dato misurato e il dato predetto hanno uno scostamento troppo grande, il modello viene riinizializzato, una tecnica ben nota a tutti coloro che usano le equazioni matematiche con le condizioni al contorno. Essere operativi significa fornire dati compatibili con i modelli, altrimenti questi dati vengono eliminati. Essere operativi significa avere delle orbite polari o equatoriali ben definite e sinergiche fra di loro. Insomma non sono sufficienti solo lo strumento e basta, come nel caso degli esperimenti planetari, ma l’insieme di tanti fattori che garantiscano l’utilizzabilità effettiva del dato.
Intorno al 2040 dovremmo avere le prime colonie planetarie, ma prima che l’uomo possa colonizzare i pianeti e sfruttarli adeguatamente ci vorrà forse un secolo. I costi iniziali sono esorbitanti, centinaia di miliardi di dollari, che potrebbero essere meglio utilizzati per ridurre la povertà. Più di un terzo della popolazione mondiale vive in povertà ed estrema povertà.
In un momento di grave crisi economica, che guarda caso, coincide anche con una grave crisi etica, è necessario ritornare a guardare verso l’uomo, la sua umanità e le sue necessità, non penalizzando le risorse per la conoscenza, ma pensando che la ricerca deve servire a migliorare la qualità della vita di tutti gli uomini e non agli interessi di qualcuno. Questo è un codice etico che deve guidare lo scienziato chiunque esso sia.