Era la fine del 1970 e mi chiesero di tradurre il libro di Allen Hynek: The UFO Experience. A Scientific Inquiry. Hynek era un astrofisico, consulente dell’USAF. Era stato parte del progetto Scientific Study of Unidentified Flying Objects (Studio scientifico sugli Oggetti Volanti non Identificati), meglio noto come progetto Condon, dal nome del fisico che lo dirigeva, noto anche come Progetto Blue Book. Il rapporto aveva concluso che nonostante 21 anni di avvistamenti non c’era nulla che avesse una rilevanza scientifica.
Il libro di Hynek era intrigante perché molto ben scritto e con un approccio scientifico corretto cercando di classificare, quanto il progetto Blue Book aveva individuato, in classi di conoscenza, i così detti incontri del primo del secondo e del terzo tipo. Questi erano determinati dalla distanza tra osservatore e Ufo. Il primo quando l’osservatore vedeva l’UFO, il secondo se c’era stata una interazione, come ad esempio all’apparire dell’UFO si spegneva il motore dell’auto, il terzo un vero e proprio colloquio con il guidatore dell’UFO, avvenuta con la cattura del testimone da parte del guidatore dell’UFO stesso, riferita a chi lo interrogava attraverso una indagine ipnotica. Tra parentesi l’ultimo stadio della conoscenza, quello sull’incontro ravvicinato con gli alieni, il così detto “Incontro ravvicinato del terzo tipo” fu oggetto di un film di Spielberg.
Hynek fu molto critico verso il rapporto Condon in quanto non aveva risposto alle domande che si prefiggeva, cioè di determinare se gli UFO costituissero una possibile minaccia per gli Stati Uniti e quella di utilizzare i dati tecnici e scientifici ottenuti dallo studio dei rapporti UFO. Aggiunse inoltre che lo staff del Blue Book risulta del tutto inadeguato sia per le dimensioni dello staff scientifico sia per le capacità scientifiche per portare a compimento i compiti assegnatigli. Aggiunse anche che la posizione e l’approccio di base del Blue Book erano illogiche ed antiscientifiche, nel senso che era stata adottata un’ipotesi di lavoro che aveva influenzato e determinato i metodi d’indagine.
Fu anche creato un archivio che fu messo in internet, ma archiviato nel 2011.
Che certi fatti si ripresentino di tanto in tanto non deve stupire, sappiamo ancora troppo poco del pianeta su cui viviamo e parte di questi avvistamenti fanno parte delle cose di natura fisico-chimica che non conosciamo. Ancora, non conosciamo tutto sulle prove tecnologiche che i vari governi stanno facendo nel più assoluto segreto. Io stesso sono stato testimone dello sviluppo di droni, fatti negli anni 80, che assomigliavano maledettamente a dei dischi volanti, quelli descritti dagli avvistamenti citati nel Blue Book.
Che poi ci possano essere degli alieni che ci vengono a trovare, rimane una bellissima ipotesi fantascientifica. I possibili pianeti simil-Terra stanno a milioni di anni luce e per ora sembra impossibile che possa arrivare un alieno, dotato di tecnologie che non conosciamo in tempi ragionevoli, anche viaggiando a velocità della luce. A quella velocità la massa si dilaterebbe e quindi ci vorrebbe una energia inimmaginabile per trasferirsi da un punto ad un altro dell’Universo. Certo si potrebbe utilizzare la curvatura spazio-temporale creando un cunicolo spazio temporale, chiamato anche Wormhole o ponte di Einstein-Rosen. Tutto ciò è possibile in teoria, ma non in pratica, almeno per noi, e non ora e forse neppure nel futuro.
Il fatto che ogni tanto emergano gli UFO va visto come un modo di esorcizzare lo sconosciuto riconducendolo a qualcosa di noto, o almeno riconoscibile. Ma siccome la nostra conoscenza è limitata vedremo ancora degli oggetti non identificati, in aria e nel mare e cercheremo di capire cosa sono con gli strumenti che abbiamo, per quanto grezzi o evoluti (siamo noi che lo pensiamo) che siano. Certo sarebbe bello pensare ad un alieno che arriva e risolve i nostri problemi, ma sarei più propenso a pensare che ci porterebbe altri problemi che noi non siamo adeguati a risolvere.
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