Un premio letterario, nato con il patrocinio della Provincia di Palermo e del Comune di Ustica, ha fatto il suo esordio a Roma, in via dei Cimatori, nel cuore di un centro storico che non ha eguali al mondo, per memoria e testimonianza dell’immortale passato, si tratta di un concorso nazionale di opere edite per autori emergenti, il Premio Isola di Ustica, che ha proclamato i vincitori nell’ambito di tre sezioni: la poesia, la narrativa e i comics. Italo Testa è risultato il vincitore nella sezione dedicata alla poesia, con “La divisione della gioia”, edito da Transeuropa nel 2010, che ha avuto la meglio su cinquantacinque concorrenti, tutti presentanti lavori pubblicati tra il 2010 e il 2011; il poeta e critico letterario Arnaldo Ederle, intervenuto durante la cerimonia, non ha potuto fare a meno di sottolineare il ruolo strategico svolto dalle case editrici minori che recano spazio alle pubblicazioni di qualità, troppo spesso ignorate dalle grandi case editrici, volte al perseguimento di altri interessi, per questo è importante incoraggiarle con simili iniziative, ha ricordato.
Ad aggiudicarsi il premio per la narrativa è stato Vincenzo Galluzzo, autore di “Malaluna”, opera edita da AeB, scelta dalla giuria rappresentata dall’associazione Libra, mentre il libro scelto per la sezione comics, “Matteo”, edito da Alessandroedizioni, ha visto premiare un autore francese, Jean Pierre Gibrait, di cui si è detto entusiasta Charlie Gnocchi, animatore di “Striscia la notizia”, appassionato di fumetti dall’adolescenza, secondo il quale il premio Rosa d’Eventi servirà a rendere noti autori di grande talento, sconosciuti ai più, e nel mondo dei comics non sono pochi, scelti in questa sede, come ha ricordato uno degli organizzatori del premio, Lele Crognale, nell’intento di promuovere un’arte di eccellenza che merita attenzione e riconoscimenti.
L’isola di Ustica accoglierà i vincitori il prossimo quattro agosto con una targa di merito, offerta dalla Provincia di Palermo, dire Ustica significa necessariamente riandare al passato dell’isola, alla sua storia singolare, come ha ricordato Franco Foresta Martin, geologo e giornalista scientifico, usticese legato alla sua terra non solo affettivamente, ma anche da studioso.
L’isola nacque un milione di anni fa per emersione di un pennacchio di magma dal fondo terrestre, è un vulcano spento, il bellissimo villaggio della media età del bronzo è tutt’oggi visitabile.
Fino alla metà del Settecento, ricorda Foresta Martin, Ustica rimase deserta, i pirati africani corsari la depredavano regolarmente, nel 1762 venne colonizzata dai liparoti, ma è la contemporaneità ad assegnarle un ruolo umanamente inviso, quando, già prima del fascismo, divenne sede di confino politico, rafforzatosi poi per volontà del duce. Una scuola confinaria venne comunque organizzata nell’isola alla fine degli anni Venti, ad opera degli intellettuali che vi erano costretti, Scalarini, vignettista confinato ad Ustica, faceva le sue vignette pubblicandole sull’Avanti, divenuto giornale di opposizione.
Non ha origini usticesi, ma napoletane, l’attore Pino Ammendola, intervenuto alla presentazione del Premio, leggendo, tra l’altro, le menzioni riservate all’opera vincente nella sezione di narrativa, un artista attivo nel mondo dello spettacolo dal lontano ’64, che ha esordito nel grande cinema due anni dopo, con un piccolo ruolo in “Operazione San Gennaro”, diretto da Dino Risi, al fianco di interpreti come Totò e Nino Manfredi. Ammendola, sessanta anni, ha un curriculum di tutto rispetto: a teatro ha recitato, tra gli alti, con Arnaldo Ninchi, Tino Buazzelli, Salvo Randone, Gabriele Lavia; nel cinema è stato diretto da Tinto Brass, Lina Wetmuller, Luciano Emmer, Steno, Giuseppe Tornatore; ha lavorato con i migliori registi del piccolo schermo, Anton Giulio Majano, Sandro Bolchi, Enzo Trapani, Nanni Loy; nel 2010 ha recitato nella commedia “Filumena Marturano”, diretta da Massimo Ranieri, che ha segnato il ritorno del teatro in televisione; sempre in televisione l’anno successivo è andato in onda, per la trasmissione Rai Palco e Retropalco, “Carabinieri si nasce” da lui scritto e diretto, un rifacimento della sua omonima commedia. Non meno importante risulta essere il suo impegno nel doppiaggio, partendo da quel piccolo ruolo nel “Decameron” di Pasolini e a seguire Fellini, Scola, Monicelli, Enrico Maria Salerno, i Taviani, Amelio, persino Stanley Kubrick.
Ammendola, qual è il rapporto, personale più che professionale, che intrattiene con la narrativa? Un rapporto da semplice lettore o prevale il suo essere autore di testi per il teatro?
«Sono sempre stato un lettore onnivoro e maniacale, il mio rapporto con il “libro” (quello di carta, quello vero) è un rapporto talmente carnale che deve per forza prescindere dai generi e soprattutto dalla mia veste di autore (da molti anni scrivo racconti, che presto verranno editati in una raccolta), quando leggo sono un semplice ed entusiasta lettore!»
Rosa d’Eventi, in quanto premio letterario, a suo avviso, può, almeno in parte, rimediare al vuoto mediatico imperante, dando visibilità e giusto peso alla piccola e media editoria, che in Italia non hanno vita facile?
«E’ sicuramente un gesto coraggioso, direi partigiano, nella quotidiana guerra di resistenza che alcuni intellettuali (non organici, si diceva un tempo, per fortuna dico io!) combattono contro un sistema sociale che vuole bandire quei fenomeni culturali che non siano legati ad operazioni che producono marketing economico, politico o semplicemente d’immagine. Speriamo che il premio cresca e sia da stimolo ad altre iniziative di supporto nei confronti di quegli “eroi sconosciuti” che fanno sì che nasca un piccolo libro!»
La cultura e lo spettacolo nel nostro paese quale ruolo hanno e quale dovrebbero avere?
«Mi perdoni, credo che la domanda sia mal posta: quale ruolo? Basterebbe che ce l’avessero un ruolo in questa società!»
La politica, i governi avvicendatisi negli anni, dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno mai rivelato intenti volti alla valorizzazione e al potenziamento delle risorse destinate alle arti dello spettacolo?
«Io non credevo che questi tempi ci facessero rimpiangere l’Italietta della DC, ma durante quei governi sono fioriti personaggi come Strehler, Visconti ed Enriquez in teatro e nel cinema da Fellini a Rossellini, da Monicelli a Pasolini, perché comunque la classe politica, e la società che la esprimeva, aveva un grande rispetto per l’arte. Mentre oggi le destre manifestano un disprezzo totale per le manifestazioni artistiche, mentre le sinistre sono capaci di proteggere solo quegli artisti profondamente schierati anche quando il loro valore è molto dubbio. Ma la colpa non è della classe politica, è della società italiana che si è impoverita nell’anima oltre che nei beni materiali».
Lei ha un curriculum molto ricco, autore di testi teatrali, si muove su più registri, dal doppiaggio alla recitazione al cinema, a teatro, in televisione, il suo esordio è legato ad un film conosciuto ovunque, “Operazione San Gennaro”, diretto da Dino Risi, accanto a Nino Manfredi. Perché, a suo giudizio, la commedia italiana del passato non ha troppi riscontri in quella del cinema italiano di oggi?
«In Italia avevamo una industria culturale che produceva cinema, come in America e come in Francia, oggi in Italia la televisione è l’unico vero produttore, con logiche che spesso sono in contrasto con lo spirito che ha fatto grande il nostro cinema».
Tra i tanti registi e attori con cui ha lavorato, Fellini, Pasolini, Monicelli, Scola, Randone, Buazzelli e molti altri, chi Le è stato maestro?
«Da tutti ho imparato qualcosa e sono conscio del privilegio di aver lavorato con dei grandi, ma considero Achille Millo, un grande attore napoletano, il mio vero maestro».
Qual è la sua vocazione principale? Autore, attore, doppiatore?
«Non amo fare questa distinzione, mi considero un artigiano che fa tutto rigorosamente “a mano”, credo che un uomo di spettacolo debba cimentarsi i tutti i modi della possibilità espressiva, è una maniera per rinnovarsi e provare ad imparare sempre… così non si invecchia!»
La comunità italiana di New York e degli Stati Uniti, a cui questa intervista è destinata, potrebbe forse pensare alla “napoletanità” quale carattere, drammaturgico ed esistenziale, dominante del suo essere attore. E’ così? Quanto dell’essere napoletano c’è nel suo apprendistato artistico e nella sua “anima” d’attore?
«Napoli è prepotentemente nell’immaginario di tutto il pianeta, per me poi è una sorta di luogo dello spirito… il paradiso perduto della mia infanzia! E’ evidente perciò che sono costantemente influenzato da quella che ha intelligentemente definito dominante. Forse la scelta stessa di fare il mestiere di “venditore di emozioni” viene dal mio essere figlio del Vesuvio. Napoli è l’ultima delle città pagane dove il senso del magico e del soprannaturale coincida con la realtà, è una città nobilissima e cialtrona, gaudente e cerebrale, pigra e stakanovista e io forse… le assomiglio».
A cosa sta lavorando attualmente e quali sono i suoi progetti futuri?
«Parteciperò alla quinta serie di “Provaci ancora Prof” accanto a Veronica Pivetti ed Enzo De Caro, so che la serie viene trasmessa da Rai International e spero che piaccia tanto ai nostri connazionali oltreoceano, poi riprenderò in teatro la mia commedia “Nemici di casa” che fu un grande successo nel Duemila e, infine, mi dedicherò alla pubblicazione di questa mia raccolta di racconti, tutti dedicati alle scarpe che si chiamerà “Calzature speciali”. Continuiamo a raccontarci storie perché, come insegna Sheherazade, chi ha una storia da raccontare… si salva la vita!»