Giuseppe Verdi impera nelle aperture dei due maggiori enti lirici italiani: Simon Boccanegra a Roma ha inaugurato la stagione 2024-25 del Teatro dell’Opera con Michele Mariotti sul podio, a pochi giorni dalla Forza del Destino targata Riccardo Chailly che il 7 dicembre avvierà quella della Scala a Milano.
Opera andata in scena per la prima volta alla Fenice di Venezia il 12 marzo 1857 e ripresa 24 anni dopo a Milano nel 1881, con libretto di Francesco Maria Piave rivisto da Arrigo Boito, Simon Boccanegra, melodramma in un prologo e tre atti, fu definito da Riccardo Muti, che lo diresse a Roma nel 2012, “non solo un melodramma ma un’opera teatrale, con dettagli che possono ricordare Shakespeare.” Verdi in questa sua creatura puntò su una più moderna visione del teatro, combinando la coralità delle opere risorgimentali con la tragedia individuale di personaggi colti nella loro complessità psicologica. Avvenimenti politici, storici che investono una pluralità di persone si fondono con il dramma dei singoli, colti nella loro duplicità di passioni.

I temi verdiani della solitudine dell’uomo di potere e della paternità sono rappresentati in un’architettura rispettosa della parola e della declamazione che predomina sulla scrittura lirica. Per il direttore musicale dell’Opera di Roma Michele Mariotti, Simon Boccanegra è “un’opera talmente moderna che da teatro può diventare cinema, in cui tutto il finale del primo atto è un continuo passare da opposte angolazioni di immagini e dove il mare è nel complesso un universo liquido, onnipresente sia sullo sfondo di una Genova in tumulto, sia nel riflesso dell’animo inquieto dei personaggi, nella lotta che oppone aristocrazia e popolo durante l’elezione del Doge verso la metà del ‘300.”
Simone, corsaro al servizio della Repubblica genovese, è proposto dall’amico orefice Paolo Albiani, ambizioso plebeo, come candidato, ma egli è riluttante, avendo a cuore solamente la sorte della donna amata, Maria, dalla quale ha avuto una figlia, che non ha potuto sposare per l’opposizione del padre di lei, Jacopo Fiesco, che la tiene prigioniera nel palazzo per impedire le nozze. Simone si introduce nella dimora e scopre che la giovane non è più in vita, disperato ne invoca il nome, mentre dalla strada giungono le voci di esultanza del popolo che lo acclama nuovo Doge. La trama si sviluppa da questo antefatto, mettendo al centro gli intrighi politici, gli scontri di classe, le passioni irrisolte, le bramosie di potere.
Simon Boccanegra rappresenta per Verdi l’emblema di un dramma sulla crisi di un sistema politico e sul travaglio di un uomo diviso tra l’amore per la figlia e il compimento dei propri doveri istituzionali.

Richard Jones, pluripremiato regista britannico, vincitore di nove Olivier Awards e due South Bank Show Awards, lavora da oltre trent’anni per i palcoscenici di tutto il mondo. Simon Boccanegra, ha dichiarato Jones, “è una sorta d’intensa rappresentazione della malinconia; tale sentimento mi ha fatto pensare alle privazioni dell’Italia negli anni successivi alla guerra, subito dopo la caduta del fascismo.”
La messinscena, curata da Antony McDonald, rivela una ricostruzione di rara efficacia, mentre nella recitazione e nella vocalizzazione si rivela a capacità di dominare il palcoscenico con assoluta padronanza dei baritoni Luca Salsi e Claudio Sgura, alternatisi nel ruolo di Boccanegra, e dei soprani Eleonora Buratto e Maria Motolygina, che hanno dato vita ad Amelia, la figlia perduta e ritrovata di Simon Boccanegra. Orchestra e Coro, diretto da Ciro Visco, sono del Teatro dell’Opera di Roma, la coreografia per i movimenti mimici è di Sarah Fahie, il Maestro d’Armi è Renzo Musumeci Greco, mentre le luci sono curate da Adam Silverman..