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December 31, 2014
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2015: auguri per un altro anno di voci libere e indipendenti

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 6 mins read

Cari lettori e lettrici che vivete a New York, sparsi tra i cinquanta stati dell’Unione, nella nostra adorata Italia o in uno dei 146 paesi da dove ci leggete, il 2014 che se ne va oggi è stato un anno colmo di soddisfazioni per il giornale che seguite. In un anno, La VOCE ha quasi raddoppiato il numero dei lettori unici che ci legge ogni mese (siamo ora a 44 mila) e continua a crescere. Gli inserzionisti pubblicitari si sono accorti di noi e cominciano ad usufruire dei nostri spazi. Ce ne servono di più per poter fare un giornale ancora più ricco di contenuti, ma sappiamo che questo dipenderà dalla nostra organizzazione che dovrà essere sempre più all'altezza di questa realtà editoriale fresca di soli 20 mesi. E’ vero, siamo ancora appena nati, ma abbiamo già centrato il nostro obbiettivo primario, quello che ha determinato la nostra nascita: da New York e con la protezione del Primo Emendamento della Costituzione USA, realizzare un giornale libero e indipendente per chi legge e pensa (e magari anche ogni tanto parla) italiano nel mondo.

Libero e indipendente. Parole che suonano bene e giuste, soprattutto per un giornale, ma che significano veramente? Liberi di fare che? E indipendenti da che cosa?
Noi siamo sicuri che gli oltre quarantamila lettori che ci seguono ogni mese lo hanno fatto e continueranno a farlo proprio per questo rispetto assoluto dei valori fondanti de La VOCE di New York. Per quel lettore che ci ha appena scoperto, qui ripetiamo: La VOCE non ha padroni o partiti, caste o lobbies, interessi economici o ideologici, che possano distrarla da quel suo valore primario e fondante, quello di informare e commentare le notizie e i fatti del mondo senza dover rispettare un "comando" dall’alto. Insomma la cosiddetta “linea” di questo giornale, se proprio ci deve essere (qualche collega dall’Italia mi ha chiesto: ma la linea del giornale qual è?) è il non aver alcun obbligo di “dover” o “non dover” pubblicare. L’indipendenza quindi di poter giudicare, commentare, criticare o sostenere ogni avvenimento che ci interessa per come ci appare e lo sentiamo in quel momento, liberi e indipendenti il giorno dopo di poter anche cambiare idea. 

Chi vi scrive ha fondato La VOCE affrontando grandi sacrifici insieme a degli eccezionali collaboratori e collaboratrici, sapendo che questa era l’unica strada per poter garantire l’indipendenza che promettiamo ai nostri lettori. La VOCE di New York nasce libera perché indipendente,  ma ciò non significa non avere le proprie idee e soprattutto non essere pronti ad esprimerle e sostenerle prendendo posizioni anche forti. Ma, sia chiaro: la direzione di questo giornale non detta alcuna “linea” che non sia quella della credibilità  delle idee. E — speriamo che nel leggerci l'abbiate iniziato a capire — quand'è che le idee risultano credibili per La VOCE? Forse solo quando riflettono quelle del direttore o della proprietà del giornale (che in questo caso coincide)? No di certo. Le idee sono credibili e degne di essere pubblicate su questo giornale quando sono espresse nel pieno godimento intellettuale dello stato di libertà e indipendenza. E questo vale non solo per il direttore, ma per tutti i columnist e collaboratori che su questo giornale sono liberi di esprimere le loro opinioni nell’assoluta indipendenza. E chi è titolare di una column lo è proprio in virtù e in funzione di questo stato di libertà. Le idee che esprimono i nostri columnist e il modo in cui le sostengono sono infatti frutto delle loro magnifiche fatiche di pensatori liberi. Al massimo, il direttore può suggerire un argomento da approfondire, ma certamente non che tipo di opinione chi scrive su La VOCE esprimerà. Questo avviene non solo nelle rubriche di politica o economia, ma anche in quelle di scienza, cultura, arte, spettacolo, culinaria, sport….  In tutte si esprimono opinioni rispettabili in quanto indipendenti. 

Nel 2014 La VOCE, tramite gli editoriali a firma del suo direttore o di altri collaboratori che in quel momento esprimevano un'idea condivisa dalla direzione (avete visto questo tipo di opinioni nella sezione Editoriali), ha espresso le proprie idee sugli avvenimenti che ha ritenuto importanti. Per esempio, dopo averlo criticato parecchio, non abbiamo esitato a dare il benvenuto al coraggio ritrovato del presidente Barack Obama. Ci siamo accorti che il “risveglio” è arrivato subito dopo la “sconfitta” del Mid Term (Vittoria del GOP? No, ha vinto l’astensione, col record assoluto di non votanti dai tempi della seconda Guerra Mondale…). E si è fatto vedere subito nell'azione per sanare l’assurda situazione dei milioni di immigrati “clandestini”. E ora Obama continua ad aver coraggio con Cuba e ci aspettiamo, prima che finisca il suo secondo mandato, che il presidente ci sorprenderà ancora positivamente. 

E La VOCE ha continuato ad avere le proprie idee e non ha esitato ad esprimerle anche sugli abusi della polizia nei confronti dei cittadini afro-americani. Idee che abbiamo diffuso salutando anche il coraggio del sindaco Bill de Blasio. Noi pure riteniamo il NYPD il miglior corpo di polizia della Nazione e siamo grati per il lavoro che la stragrande maggioranza di chi veste la divisa blu compie ogni giorno con coraggio nelle strade di questa metropoli per proteggere la libertà dei suoi cittadini. Ma nessuno può sentirsi, nemmeno quando sente chiamarsi “the best”, al di sopra della legge. Inutile girare le spalle, chi sbaglia deve pagare, perché senza la giustizia non c’è più la democrazia né la nostra libertà che l’NYPD dovrebbe difendere. 

Nei confronti di ciò che avviene in Italia, seppur molti dei nostri columnist non hanno esitato a sparare sul pianista ancora prima di aver sentito come avrebbe suonato,  la direzione di questo giornale è stata più prudente. Abbiamo accolto con un certo fastidio l’avvento di Matteo Renzi alla presidenza del Consiglio, ma non per l’uomo, che giudicavamo energico e sicuro (non un difetto sicuramente per chi vuol governare), ma sul metodo della conquista del governo della Repubblica. Esprimendo questi dubbi, abbiamo anche sempre pensato in questi mesi che il successo di Renzi, sarebbe stato anche il successo dell'Italia. E lo abbiamo atteso, con scetticismo certo, ma ci abbiamo fino in fondo sperato in qualche successo del suo governo. E’ arrivato? Dopo diversi mesi, i proclami trionfalistici del presidente del Consiglio nella conferenza di fine anno non ci sembrano una dimostrazione di sicurezza, ma semmai lo spinning di chi è in difficoltà nel realizzare cosa deve accadere per far ripartire l’Italia. E questo accadrà quando la Repubblica fondata sul lavoro riuscirà di nuovo a crearlo questo lavoro, soprattuto per i giovani, ma senza prevaricazioni di diritti. Impresa difficile, ma sicuramente alla portata di un paese che fino a qualche anno fa era la quinta Potenza economica mondiale.  

Sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lascia dopo un inedito rinnovo del mandato, abbiamo un giudizio contrastato e che lasciamo in sospeso. Crediamo che sia ancora presto per poter giudicare se il “regno” di Giorgio sia stato salutare o fatale per le sorti della Repubblica. Dipenderà molto anche da come se la caverà Renzi. Sulla sua successione però abbiamo un desiderio che sarebbe un miracolo se avvenisse, ma lo esprimiamo con forza comunque: che chi si ritroverà all’inizio del 2015 a votare  per il/la prossimo/a presidente della Repubblica degli italiani, non lo faccia con le ragioni del proprio partito, ma con il proprio cuore e che questo batta per l’Italia. 

A tutti i lettori e le lettrici che ci seguono, ovunque siate nel mondo brindando in italiano “evviva” al 2015, dalla VOCE indipendente di New York, gli auguri più calorosi per un nuovo anno con più pace, salute, fraternità, giustizia e libertà. 

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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