Quello che le prime due settimane di Donald Trump dovrebbero far capire a tutti è che per trent’anni hanno bluffato, costruendo un sistema di leggi economiche e sociali fasulle per convincere miliardi di ingenui e di superficiali che le loro scelte fossero inevitabili. Non era vero che il libero mercato fosse una forza irresistibile come quella di gravità; non era vero che chi si opponesse alle delocalizzazioni, alla deindustrializzazione, alla globalizzazione e alle migrazioni incontrollate fosse un patetico nostalgico destinato a essere rottamato dalla Storia, come sostenevano legioni di economisti e giornalisti deboli, ignoranti e pagati troppo, dunque succubi dei poteri forti della finanza. Lo stesso naturalmente vale per il precariato, per il cambiamento climatico, per l’ineguaglianza, per la deregulation morale e culturale, per il mito delle nuove tecnologie e della crescita senza fine (economica e demografica): che a Trump vanno benissimo per cui non se ne parla neanche in questi giorni.
Non vorrei essere frainteso: si può certamente decidere che è vantaggioso sostituire dei robot ai lavoratori nei trasporti e nella distribuzione delle merci (come sta facendo Amazon) malgrado causi disoccupazione e frantumazione sociale; oppure che preferiamo poche catene commerciali globali in mano a pochissimi miliardari piuttosto che milioni di piccoli esercizi locali e a conduzione familiare; oppure che siccome Uber costa meno non ci importa che consideri i suoi dipendenti degli imprenditori autonomi nei confronti dei quali non ha alcuna responsabilità. L’essenziale è sapere che si tratta di scelte, non di un destino. L’essenziale è accorgersi che i liberisti mentivano sapendo di mentire, inclusi quelli che fanno finta di essere di sinistra, i Renzi, gli Hollande, e inclusi anche quelli che forse di sinistra lo erano ma hanno trovato comodo diventare fatalisti (loro lo chiamano realismo) per mascherare la loro inettitudine e confusione. Uber può essere distrutta in un giorno imponendole il rispetto delle stesse norme che sono richieste ai taxi; Amazon e le grandi catene possono essere ridimensionate facendo pagare loro le stesse tasse che pagano i piccoli commercianti, impedendo loro di sfruttare i lavoratori precari, negando loro le infrastrutture pubbliche che i loro immensi centri commerciali e magazzini richiedono (e ottengono, a spese della collettività); la globalizzazione può essere regolamentata con dazi e controlli.
Trump sta dimostrando (ma lo si è sempre saputo) che non esistono leggi sociali o storiche: solo tendenze, solo interessi di precise categorie, quasi sempre una minuscola frazione della popolazione ma immensamente stronza e disposta a tutto pur di prevalere sugli altri. Ma solo finché qualcuno non fa la voce grossa: perché in realtà i vincenti sono vigliacchi e quando si trovano in prima linea e sotto attacco scappano sempre o si arrendono. In altre parole, l’economia, la sociologia e la politica non sono affatto scienze, non più della religione; sono discipline empiriche, basate solo sull’esperienza e in quanto tali utili strumenti per capire e realizzare le aspirazioni umane; a patto che non si permetta loro di diventare ideologie lasciandole in mano a una setta di sacerdoti che spacciano le verità che fanno comodo a chi li paga.
Trump va fermato perché l’America, anzi il mondo che vuole creare è fondato sull’odio, sul pregiudizio e sul privilegio; e in quel mondo sarebbe ancora più difficile contrastare il potere dei ricchi e delle multinazionali e denunciare le loro mitologie. Ma non ci si deve accontentare di fermarlo. Ciò che stiamo vedendo in queste settimane deve svegliarci: il libero mercato non è un destino, come non lo è il welfare state, il comunismo, il fascismo, le guerre e neppure la pace. Non c’è alcun destino manifesto per l’umanità, solo il futuro che avremo scelto.