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March 24, 2014
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Gli straricchi chiamiamoli con il loro nome: stronzi!

Francesco ErspamerbyFrancesco Erspamer
Time: 4 mins read

C’è chi crede che la correttezza politica sia un forma di rispetto, in particolare nei confronti di categorie soggette a discriminazione o comunque considerate inferiori. Non bisogna dunque dire spazzino bensì operatore ecologico, non donna delle pulizie ma collaboratrice familiare. Visitate il sito web di Nextam Partners, gruppo italiano specializzato in fondi d’investimento, e notate come si autodefinisce: “partnership indipendente di professionisti attivi sia nella gestione di patrimoni che nella consulenza finanziaria rivolta a istituzioni e high net worth individuals”.

Così dunque oggi bisogna chiamare i ricchi, anche in italiano: high net worth individuals, ossia persone che possiedono un alto patrimonio netto. La definizione non è stata inventata da Nextam Partners ed è di uso comune nel mondo della finanza a indicare chi abbia una disponibilità liquida di almeno un milione di dollari. 

I cambiamenti linguistici non sono mai neutri e i neologismi, così come gli eufemismi, non sono mai innocenti. Sono interventi ideologici e politici. Dire ‘ricco’ implica un giudizio morale: ‘ricco’, spiegano i vocabolari, è chi possieda denaro o beni “in misura maggiore di quanto occorra per vivere in un modo normale” (Treccani). Ossia, un ricco è anormale. L’uso di una parola, da parte di una comunità e nel tempo, la carica di significati allusivi, evocativi e affettivi che la rendono ambigua e soprattutto relazionale, connettendola per affinità o contrasto ad altre: nel caso in questione, ‘ricco’ richiama l’idea di opulenza, lusso, ineguaglianza, ingiustizia: si oppone a ‘povero’ ma anche a ‘ordinario’.

Che effetto avrebbe fatto, nel sito del Gruppo Nextam Partners, una presentazione così: “Siamo una partnership indipendente di professionisti attivi nella consulenza finanziaria rivolta ai ricchi”? High net worth individual è invece un termine meramente denotativo, tecnico, come quello che definisce, mettiamo, l’elemento chimico con numero atomico 55, ossia il cesio. Cesio e high net worth individual non lasciano margini per le sfumature soggettive e dunque per una valutazione etica. Infatti sono spesso citati attraverso i loro simboli, Cs e HNVI. A qualificare il primo è solo la sua posizione nella tavola periodica di Mendeleev: dopo l’elemento numero atomico 54, lo xeno, e prima di quello con numero atomico 56, il bario. Così l’HNWI, che viene prima del very-HNWI (più di cinque milioni di dollari di liquidità) e dell’ultra-HNWI (più di dieci milioni) ma dopo i sub-HNWI, ossia i poveracci che hanno sì qualche centinaio di migliaia di dollari però non arrivano al milione.

Come ogni ideologia e sistema di dominio, il pensiero unico liberista ha il suo linguaggio: è un linguaggio arido, con la stessa univocità di quello scientifico ma senza il suo rigore. Contribuisce all’edificazione di una società priva di sfumature, plastificata, omologata dai consumi di massa e dai media. Una società di impianti sportivi in cui è vietato appendere striscioni o cantare cori che urtino la sensibilità dei benpensanti, di centri commerciali in cui si può entrare solo se vestiti in modo appropriato, di scuole e università che educano al conformismo. La correttezza politica, anche quando sembra proteggere i deboli, è uno strumento di controllo e di oppressione: il suo scopo è imporre un’ortodossia e prevenire la diffusione di visioni alternative della società, che possano far prendere coscienza alla gente degli inganni e degli abusi della nuova plutocrazia. 

Ne consegue che la resistenza contro l’egemonia del neocapitalismo non può essere, almeno ai suoi inizi (e siamo agli inizi), che culturale. Alla normalizzazione del linguaggio, all’appiattimento dell’espressività, occorre contrapporre la trasgressione, la creatività, la provocazione estetica, e anche le tradizioni, quelle colte e quelle davvero popolari – qualunque cosa non sia stata programmata dai poteri forti dell’economia e dell’informazione. Occorre recuperare autenticità, originalità, comunità, anche volgarità (che, non dimentichiamolo, deriva etimologicamente da volgo, che è il popolo, la massa, la gente comune). 

In questa prospettiva gli HNWI e gli ultra-HNWI vanno identificati e descritti come semplici stronzi, spesso senza qualità: presuntuosi che si arricchiscono senza lavorare, lasciando che il loro denaro si moltiplichi grazie alla fatica, alle sofferenze e alle privazioni di miliardi di persone, delle quali si sentono superiori. E che sono abbastanza coglione da non ribellarsi.

Stronzi, coglioni: sono parole che vanno dette, conflitti che vanno alimentati. Solo il carnevale, intuì uno dei maggiori pensatori del novecento, Michail Bachtin, consente una liberazione dalla verità stabilita, dal regime esistente, dai rapporti gerarchici. Una liberazione temporanea, certo: nessuna civiltà sopravviverebbe a un carnevale perpetuo e neppure a un abuso di volgarità. Ma il carnevale e la volgarità, come la libertà e come l’arte, non vanno esercitate sempre e continuamente: sono però indispensabili per non farsi imprigionare dalle consuetudini e dalla paura. Il solo fatto che siano possibili erode l’egemonia del potere, la sua autorità. La loro funzione è farci capire che anche gli assoluti sono contingenti, che la realtà può essere modificata, che il linguaggio imposto da chi ci domina è sempre una menzogna. 

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Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

Nato a Bari, cresciuto a Parma e in Trentino, laureato a Roma, professore a Harvard. Mi interesso di letteratura, politica, storia delle idee e cambiamenti culturali. Insegno corsi su estetica, romanzo moderno e contemporaneo, Rinascimento, calcio. Di recente ho scritto: La creazione del passato, Sulla modernità culturale e paura di cambiare, Crisi e critica del concetto di cultura. Come Gramsci, penso che al pessimismo della ragione occorra accompagnare l’ottimismo della volontà, e come James Baldwin, che la libertà non la si possa ricevere in dono: bisogna prendersela.

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